Stoicismo, la dialettica

 

Questi testi sulla dialettica nello Stoicismo antico sono, come è ovvio, dominati da una distinzione che in Platone non aveva modo di essere e in Aristotele ha un senso diverso: quella tra la logica e gli altri rami della filosofia. Ma questa diversa partizione non è la cosa fondamentale: prevalgono i punti di continuità nell'uso del termine dialettica. All'interno di una concezione del pensiero e dell'essere assai diversa dalla tradizione platonica, la dialettica mantiene il suo ruolo di scienza del pensare in modo corretto, e quindi la sua identificazione, in ultima analisi, con la filosofia stessa (si pongano a confronto questi testi con il secondo brano del Sofista platonico). Anche gli stoici, dunque, mantengono il doppio uso soggettivo e oggettivo del termine (dialettica come tecnica del linguaggio e come scienza delle forme del pensiero). Va sottolineata, ed è tema ovviamente legato ad Aristotele, la distinzione tra dialettica e retorica. "Aristotele aveva voluto dare alla retorica una base filosofica, non senza riconoscere, tuttavia, che l'oratoria deve seguire vie diverse da quelle della scienza. Suo scopo non è di istruire, ma di convincere: essa parte dalle idee correnti e non può applicare nelle sue dimostrazioni un procedimento scientifico; infine, dati i suoi intenti - così almeno pensò Aristotele negli ultimi anni - era giustificata e necessaria la mozione degli affetti. Tutto ciò venne rifiutato dalla Stoa antica. Si giudicò che la differenza tra dialettica e retorica consistesse solo in questo, che la prima sintetizza al massimo i pensieri, la seconda li sviluppa in un discorso ampio e fluente (Zenone rappresentava plasticamente tale rapporto chiudendola mano a pugno e poi stendendo le dita). Il fine è comune a entrambe e consiste nel parlar bene. 'Ora per gli stoici parlar bene - come spiegò più tardi un retore - significava dire la verità'. La retorica non parve quindi agli Stoici solo un'arte, ma una scienza, una episteme, che soltanto il saggio possiede appieno" (10). Tuttavia non vi è dubbio che il termine dialettica negli storici perda una vera specificità: diventa genericamente un altro modo per intendere la logica e, in ultimo, la filosofia. "Infatti solo la dialettica consente di chiarire le forme e le leggi del pensiero e costituisce pertanto la premessa formale per la consocenza della verità, base di tutta la nostra conditta morale".



A]75[1] - Allora Zenone di Cizio, interrogato su ciò che differenzia la dialettica dalla retorica, chiudendo e poi riaprendo la mano, disse: "in questo", designando con la chiusura della mano il carattere stringato e conciso della dialettica, e alludendo con l’apertura e con l’estensione delle dita le ampie potenzialità della retorica.

[B]35 - Gli Stoici sostenevano che la sapienza è scienza dei fatti divini e umani e che la filosofia è esercizio di un’arte conveniente e conveniente è la virtù unica e suprema, mentre le virtù generiche sono le seguenti tre: la fisica, l’etica e la logica. Ecco dunque il motivo per cui la filosofia è tripartita, in fisica. etica e logica; e si ha la fisica quando facciamo ricerche sul cosmo e sugli esseri che contiene, l’etica quando studiamo la vita dell’uomo, la logica quando studiamo il ragionamento: quest’ultima prende anche il nome di dialettica.

[B]36 - Sostengono che la filosofia è un’applicazione della sapienza, e che la sapienza è scienza dei fatti divini e umani.

[B]37 - Sostengono che la filosofia si divide in tre parti: fisica, etica e logica. Questa divisione risale a Zenone... e anche a Crisippo nel primo libro della Logica e nel primo libro della Fisica… Apollodoro dà il nome di luoghi a queste parti, invece Crisippo e Eudromo le chiamano specie; per altri sono dei generi.

[B]38[1] - Costoro sostengono che una parte della filosofia prende il nome di fisica, una parte di etica, e una parte di logica... La formulazione più chiara di questa partizione si trova fra i discepoli di Senocrate e fra i Peripatetici; però anche gli Stoici si attengono ad essa. Di conseguenza, in modo convincente paragonano la filosofia ad un orto fertile, dove la fisica è simboleggiata dalle piante d’alto fusto, l’etica dai frutti gustosi, la logica dalle salde mura di cinta. Altri invece la paragonano, ad un uovo: il tuorlo, che per alcuni altro non è che il pulcino, corrisponde all’etica, l’albume, in quanto nutrimento del tuorlo, alla fisica. La logica sarebbe invece il guscio esterno. Tuttavia Posidonio, sulla base della considerazione che le parti della filosofia sono inseparabili fra di loro, e che invece le piante alla vista sono diverse dai frutti e dalle mura, ritiene migliore il paragone della filosofia con l’organismo vivente, per cui la fisica si rapporterebbe alla carne e al sangue, la logica alle ossa e ai nervi, e l’etica all’anima.

[B]39[1] - Per tale motivo come è risaputo, gli antichi hanno rappresentato la tripartizione della ragione filosofica nell’immagine del campo. In essa la parte della filosofia che riguarda la fisica è paragonata agli alberi e alle piante, la parte che riguarda l’etica ai frutti - che sono appunto la ragion d’essere delle piante - e la parte logica alla recinzione e alla staccionata.

[B]39[2] - Grazie alla chiarificazione delle affermazioni duplici e ambigue, alla confutazione dei sofismi senza fondamento e alla dissoluzione, per mezzo di argomentazioni chiarificatrici e dimostrazioni certe, degli insidiosi artifizi, rende l’intelletto come una tavola di cera, pronto ad accogliere in tutta la loro purezza e in tutto il loro valore le impronte della scienza naturale e della morale.

[B]44 - Gli Stoici anch’essi sostengono che si debbano prendere le mosse dalla logica per poi passare all’etica. Ultima viene la fisica. Questo perché l’intelletto deve essere rinfrancato nel custodire stabilmente i principi affidatigli, ed è appunto l’arte dialettica che fortifica l’intelligenza. Viene poi la teoria etica che fissa la traccia per il perfezionamento dei costumi; ma l’apprendimento di questa è più sicuro se può far previo affidamento sulla capacità logica. Infine si aggiunge la dottrina fisica, che è la più divina e necessita di principi più approfonditi.

[B.1]48 - Alcuni dicono che la parte logica della filosofia si divide in due scienze: la retorica e la dialettica... La scienza retorica riguarda l’espressione forbita nel discorso e la dialettica la discussione coerente nelle argomentazioni per domanda e risposta. Pertanto la definiscono anche così: la scienza di ciò che è vero, o falso, o né vero né falso.

[B.1]124 - In primo luogo dobbiamo tener presente che non tutti i filosofi usano il nome dialettica con lo stesso significato. Gli Stoici ad esempio la definiscono come scienza del parlare bene, dove per "parlar bene" intendono il dire cose vere e convenienti: ed essendo questo, a parer loro, il compito peculiare del filosofo, usano il nome dialettica in riferimento alla filosofia nel senso più pieno. Ecco perché, a giudizio degli Stoici, solo il sapiente è dialettico.

[B. l] 130[1] - La dialettica in quanto tale è necessaria: è una virtù generale che comprende le virtù specifiche. La cautela è la scienza che ci insegna quando dare o non dare l’assenso; la circospezione è il ragionamento sicuro che sfida l’apparenza e sa resisterle: l’inconfutabilità è la forza del ragionamento quando non si devia verso la posizione opposta. La ponderatezza - così dicono - è la capacità di ridurre le rappresentazioni alla retta ragione. La stessa scienza, a parer loro, è una rappresentazione stabile, oppure la facoltà che riceve le rappresentazioni, superando la prova del ragionamento. Senza la dialettica il saggio non potrà essere infallibile nel suo ragionare, perché è proprio grazie ad essa che si riconosce il vero e il falso e che si distingue ciò che è convincente e ciò che è detto in modo dubbio: e poi senza di essa non si possono formulare domande e risposte metodologicamente corrette. La precipitazione nelle affermazioni non è priva di conseguenze anche nei fatti, cosicché quelli che non sottopongono a disciplina le rappresentazioni sono disposti al disordine e si affidano al caso. Per questo il saggio sarà avveduto e perspicace e straordinariamente abile nei ragionamenti; del resto è una sua caratteristica quella di argomentare con rigore e di rispondere a chi gli pone problemi: in questo appunto si vede l’uomo esperto di dialettica.

[B.1]130[2] - Così dicono gli Stoici per quanto concerne la dialettica, al fine di dimostrare che, in ultima analisi, il solo dialettico è il saggio. Tutto può essere concepito dal punto di vista della logica, sia le realtà di ambito fisico, sia quelle di ambito etico (per non parlare poi delle cose che già di per sé sono di pertinenza della logica), perché senza di essa il saggio non saprebbe esprimere alcun termine appropriato e neppure indicare l’effetto delle leggi sulle azioni umane. Nella virtù logica rientrano due campi: uno riguarda l’essere delle cose, l’altro il modo in cui vengono denominate.

[B.1]131[6] - Secondo loro da ciò consegue che i saggi né sbagliano, ne si fanno trarre in errore - è questa l’opinione di Aristotele - e fanno bene ogni cosa. E così gli assensi non si verificano se non in presenza di una attenzione accresciuta con la comprensione. Innanzitutto la filosofia - nel senso di studio del corretto modo di ragionare, oppure nel senso di scienza - non si differenzia dalla dottrina del ragionamento, perché solo all’interno delle parti del ragionamento - dico ragionamento, intendendo la facoltà che è propria degli esseri dotati di ragione - e della sua struttura noi possiamo usare di esso con cognizione di causa. E siccome per noi la dialettica è scienza del discutere in modo corretto ...

[B. l] 131[7] - ... non è verosimile ... che chi è capace di porre domande e dare risposte sia poi incapace di uscir vincitore nei ragionamenti e di parare gli attacchi, e chi invece è un tipo suscettibile di inganno e la spunti ed eviti gli attacchi. Il saggio insomma deve essere bravo a discorrere, e di conseguenza, chi è bravo a discorrere lo è anche nel porre domande e nel fornire risposte, perché queste cose non si troveranno presso chi può essere indotto in fallo, né presso chi sbaglia oppure risponde giusto ma con argo menti poco meditati; al saggio, in effetti, si addice una buona esperienza nel ragiona mento, esperienza tutta basata su fondamenti teorici.

[C.e]267 – L’assennatezza è la scienza di ciò che è conveniente; la perspicacia è la provata capacità a trovare subito la soluzione adatta. La lungimiranza è la capacità di affrontare con metodo il futuro in modo da agire come si deve; la regalità è l’attitudine al comando supremo; la strategia, la politica e l’economia consistono nella provata capacità di trovare, in teoria e di fatto, rispettivamente, ciò che va bene per un esercito, per uno Stato e per una casa. Inoltre, la dialettica è la scienza del ben discorrere, la retorica del ben parlare, mentre la fisica è la scienza dei fenomeni naturali.

[C.e]281 - Alle virtù di cui si è discusso aggiungono la dialettica e la fisica, a cui pure danno il nome di virtù. Alla prima, in particolare, perché possiede la ragione, grazie alla quale non diamo il nostro assenso a ciò che è falso e non cadiamo in errore per qualche fallace apparenza di verità: in tal modo ci riesce di mantenere intatto quello che ci hanno insegnato sul bene e sul male. A loro giudizio, senza quest’arte chiunque potrebbe essere sviato dal vero e tratto in errore. Ora, se l’imprevidenza e l’ignoranza in ogni caso sono ritenute forme di vizio, è giusto dare il nome di virtù a ciò che elimina questi vizi.