Toland, La nuova esegesi biblica

John Toland individua i due piani sui quali deve poggiare una corretta interpretazione delle Scritture: quello filosofico, che consente di mettere il Testo Sacro in relazione con la razionalità umana, e quello storico, legato, in particolare, alla conoscenza dei documenti e della tradizione della religione ebraica.

 

J. Toland, Cristianesimo senza misteri, Sez. II, Capp. II-III

 

Ma come “le cose segrete appartengono al Signore”, cosí “le cose rivelate appartengono a noi e ai nostri figli”. Tuttavia [...] non le accettiamo solo perché sono rivelate: perché oltre all’infallibile testimonianza della rivelazione in tutte le circostanze richieste, dobbiamo vedere nel suo oggetto i caratteri indiscutibili della sapienza divina e della ragione perfetta, che sono i soli segni che abbiamo per distinguere gli oracoli e la volontà di Dio dalle imposture e tradizioni degli uomini.

Chiunque fa una rivelazione, cioè chiunque ci informa di qualcosa che non sapevamo prima, deve parlare con parole comprensibili, e il fatto deve essere possibile. Questa regola si mantiene valida sia che l’autore della rivelazione sia Dio o l’uomo. Se consideriamo folle la persona che esige il nostro assenso a ciò che è evidentemente incredibile, come osiamo attribuire in modo sacrilego all’essere piú perfetto un difetto riconosciuto come tale in uno di noi? Per quanto riguarda i messaggi incomprensibili, non possiamo credervi per rivelazione divina, piú che per quella umana; infatti le idee che si formano delle cose sono i soli oggetti degli atti di credere, negare e approvare, e di ogni altra attività dell’intelletto: perciò tutte le cose rivelate da Dio o dall’uomo devono essere ugualmente comprensibili e possibili; e fin qui l’una e l’altra rivelazione coincidono. Ma esse sono differenti in questo, che per quanto la rivelazione dell’uomo presenti tali requisiti, egli può tuttavia ingannarmi riguardo alla verità del fatto, mentre ciò che a Dio piace di rivelarmi non è soltanto chiaro alla mia ragione (senza di che la sua rivelazione non potrebbe rendermi piú saggio), ma è anche sempre vero. Una persona ad esempio mi informa di aver trovato un tesoro: questo è chiaro e possibile, ma egli può facilmente ingannarmi. Dio mi assicura che ha formato l’uomo dalla terra: questo non soltanto è possibile a Dio, e molto comprensibile per me, ma è anche una cosa assolutamente certa, poiché Dio non è capace di ingannarmi come l’uomo. Dobbiamo dunque aspettarci lo stesso grado di chiarezza da parte di Dio e dell’uomo, ma una maggiore certezza da parte del primo che del secondo.

[...]

é una evidente manifestazione della Provvidenza il fatto che noi abbiamo in mano i documenti del Vecchio Testamento, a cui nel Nuovo sono fatti continui riferimenti, citazioni e allusioni. E non è tutto, poiché i riti e le usanze ebraiche durano tuttora. Se questo fosse accaduto per i Greci e i Romani, saremmo provvisti, per la comprensione esatta di molti particolari sconosciuti della loro religione, di quegli aiuti che fanno di noi dei maestri in Israele. Abbiamo inoltre il Talmud e altre opere dei rabbini, le quali, sebbene per il resto inutili, ci illustrano chiaramente il linguaggio e i riti antichi. E se nonostante tutto dovessimo trovarci in difficoltà nell’interpretare il significato di qualche espressione, dovremmo attribuirlo alla lontananza nel tempo e alla mancanza di un numero maggiore di libri nella stessa lingua, piuttosto che alla natura della cosa o all’ignoranza dell’autore, che sarebbe stato compreso facilmente dai suoi compatrioti e contemporanei. Ma non si deve stabilire una verità, né confutare un errore in base a tali brani, cosí come non si può prevedere con esattezza la propria sorte in base al suono di una campana [...].

 

(C. Giuntini, Toland e i liberi pensatori del ‘700, Sansoni, Firenze, 1974, pagg. 52-55)