Vanno Rovighi, La coscienza chiusa di Cartesio

In questo passo Sofia Vanni Rovighi, storico della filosofia che si riconosce nelle posizioni della neoscolastica e che, quindi, sostiene una prospettiva gnoseologica di tipo realista, analizza con grande lucidità l'errore di Cartesio facendo vedere come il suo soggettivismo gnoseologico trovi le proprie basi nella distinzione galileana delle qualità primarie e secondarie.

 

Il sorgere di questo nuovo tipo di sapere non negava però affatto l’esistenza di ciò che non rientrava nel suo ambito. Il vestito di idee messo alla natura non negava affatto che sotto il vestito ci fosse dell’altro; il prescindere dalle qualità, il cogliere solo il modo in cui esse si ripercuotono negli aspetti matematizzabili (così come le forme di un uomo si ripercuotono nel suo vestito) non implicava la negazione delle qualità. Non la implicava logicamente, ma, per quel fenomeno per cui si è tentati di negare l’esistenza di ciò che non ci interessa, la portò di fatto, storicamente. In una pagina famosa del Saggiatore Galileo nega che le qualità quelle che poi chiamerà qualità secondarie: colori, suoni, odori esistano nei corpi esterni al corpo umano e afferma che risiedono soltanto “nel corpo sensitivo, sì che rimosso l’animale, siano levate ed annichilite tutte queste qualità”. Il mondo corporeo esterno all’uomo sarebbe dunque secondo Galileo un mondo privo di qualità, ridotto a estensione e moto locale; solo nel corpo umano senziente ci sarebbero le qualità come sua proprietà, così come solo nel corpo senziente c’è il solletico, e non nella piuma che lo produce.

Ma che cos’è il corpo sensitivo?

Galileo non è un biologo né un filosofo e non risponde a questa domanda. Cartesio è anche un filosofo e risponde a quella domanda riducendo anche il corpo senziente a puro risultato di estensione e moto locale. Di qui la strana teoria degli animali-macchine, strana ma perfettamente coerente con le premesse meccanicistiche. Solo nell’uomo c’è, oltre al corpo, un’anima spirituale, una pura res cogitans e le qualità che Galileo aveva collocate nel corpo sensitivo sono collocate da Cartesio nell’anima: sono diventate idee (talora Cartesio dice addirittura: sentimenti). Così è nata quella teoria che ho chiamata sopra della coscienza chiusa col suo mobilio di idee. Le idee sono nell’anima, nella coscienza; per dimostrare che c’è qualcosa fuori della coscienza occorreranno laboriose dimostrazioni. Qualcuno dirà addirittura che dalla coscienza non si esce, che tutto ciò che è dato è dato nella coscienza. Locke dirà che l’idea è “l’oggetto immediato della percezione, del pensiero e dell’intelligenza”. “La conoscenza [e per conoscenza Locke intende giudizio] altro non mi sembra esser e che la percezione del legame e concordanza o della discordanza e contrasto tra le idee nostre, quali che siano. Essa consiste soltanto in questo”. L’esistenza dei corpi è oggetto di una “conoscenza sensoria” che sembra fondata sul buon senso piuttosto che sull’evidenza.  Berkeley era quindi pienamente coerente quando diceva che l’essere degli oggetti conosciuti che sono le idee consiste nel loro essere percepiti, e non riteneva necessario ammettere un mondo corporeo per spiegare l’esistenza delle idee: bastava ammettere che la causa delle idee fosse Dio.

La convinzione che oggetto immediato della nostra conoscenza siano le rappresentazioni è condivisa anche da Kant, il quale riteneva “scandaloso” che in filosofia non si fosse ancora trovata una dimostrazione valida dell’esistenza delle cose esteriori e riteneva di averla data per primo nella sua “confutazione dell’idealismo”. Heidegger osserva invece che lo “scandalo della filosofia” è che si cerchi una tala dimostrazione poiché il problema se esistano le cose esteriori è uno pseudo-problema. Senza seguire Heidegger in tutte le motivazioni che egli dà della sua posizione, chi scrive consente con lui nella conclusione. Innanzi tutto ci sarebbe da rilevare l’ambiguità del termine “cose esterne”. Esterne a che o a chi?

Se “cose esterne” vuol dire “esterne al mio corpo” il problema della loro esistenza sarebbe ammissibile per chi ammetta come ad esempio S.Agostino che il soggetto conoscente sia l’anima sola, e la modificazione del corpo proprio sia l’oggetto immediato della conoscenza. Sarebbe un problema ammissibile, ma non sarebbe un problema filosofico, non sarebbe il problema della conoscenza: sarebbe un problema scientifico, analogo a quello della trasmissione di onde sonore da una fonte distante dal nostro corpo. Il momento conoscitivo non sta nel passaggio dalla modificazione del corpo all’oggetto esterno al corpo, ma in quel non latere della modificazione del corpo, termine con il quale S.Agostino indica quella che abbiamo chiamato presenza intenzionale.

Se poi “cose esterne” volesse dire “esterne all’atto conoscitivo”, distinte dall’atto con quale le percepiamo, questa esteriorità è un dato immediato, come s’è detto.

 

S.Vanni Rovighi, La coscienza chiusa, da Istituzioni di filosofia, La Scuola, Brescia 1982, p.27-30.