Veda, L’origine di tutte le cose e l’unità dei contrari

Quella che segue è una breve selezione dal Rig Veda (RGV), nella quale, accanto a elementi comuni al pensiero greco delle origini, compaiono elementi di notevole differenza fra le due culture: in particolare la necessità, essenziale per il pensiero indiano, di purificare la mente facendo ricorso al cuore piuttosto che all’esercizio della razionalità.

 

a) Invocazione ad Agni

 

Agni, il fuoco (la radice è la stessa del latino ignis), è il piú potente degli dèi. L’immagine del fuoco che porta la luce della Verità è stata ripresa nel mondo greco da Eraclito.

 

RGV, I, 77

 

1. In qual modo renderemo omaggio ad Agni? Quale canto bene accetto agli dèi sarà pronunciato per quel rifulgente? Che, immortale tra i mortali, portatore di verità, invocatore sommamente degno, fa gli dèi [manifesti].

2. Tra oblazioni beneficentissime, lui, il portatore della verità, l’invocatore, rendete manifesto con il vostro messaggio! Quando Agni trova gli dèi per il mortale, allora risveglia e invia offerta attraverso la mente.

3. Lui infatti è il potere creativo, il corteggiatore, il santo; lui, come l’Amico, è divenuto il veicolo del trascendente. Lui, il primo, il miracoloso, i pii, che cercano gli dèi, invocano nelle loro offerte.

4. Possa Agni, il piú virile tra gli uomini, divoratore dei nemici, guardare i nostri canti, le nostre visioni, con favore. Cosí possano i munifici, i potenti, promotori del coraggio, riconoscere il nostro pensiero.

5. Perciò Agni, il portatore della verità, il conoscitore delle nascite, è stato glorificato dai veggenti Gotama. Che egli promuova tra essi splendore e vigore, giacché lui, il savio, viene nell’abbondanza e nella contentezza.

 

b) L’eterno divenire e l’unità dei contrari

 

In questa invocazione ad Agni è sottolineata l’unità dei contrari (il giorno e la notte) nell’eterna trasformazione del Tutto. A differenza della filosofia occidentale (compresa quella di Eraclito), per la quale la mente (lógos) è in grado di guidare alla Verità, nella filosofia indiana la mente può essere impura e contaminata; quindi essa deve essere educata perché possa giungere alla luce della conoscenza che alberga nel cuore (vedi parr. 5-6).

 

RGV, V, 9

 

1. [Una metà del] giorno è buia [l’altra metà del] giorno è chiara e di propria iniziativa ruotano entrambe le sfere. Agni, colui che appartiene a tutti gli uomini, manifestandosi come il sovrano, con la sua luce dissipa le tenebre.

2. Io non conosco né la trama né l’ordito, né quel che essi intessono quando incalzano nella battaglia. Quale figlio può qui, senza suo padre dietro di lui, pronunciare quel che va pronunciato?

3. Costui invero conosce la trama e l’ordito, costui a tempo debito pronuncia quel che dev’essere pronunciato. Chi vede lui, il pastore dell’immortalità avanzante verso questo posto, comprende piú d’ogni altro!

4. Egli è il sommo sacerdote, il primordiale! Scorgete quella luce immortale tra i mortali! Egli definitivamente nacque come immortale eternamente trasformantesi.

5. Egli stabilí in alto la luce che non vacilla [affinché noi potessimo] vedere. La mente è la piú veloce tra le creature volanti. Tutti gli dèi, unanimi e con una medesima intenzione, procedono infallibilmente verso l’intelligente consapevolezza.

6. I miei orecchi, i miei occhi, s’affrettano dietro questa luce che alberga qui nel mio cuore. La mia mente vaga con pensieri lontani. Che cosa pronunzierò? Che cosa penserò?

7. Tutti gli dèi in preda a riverente timore di te, o Agni, ti resero omaggio quando stavi nelle tenebre. O tu che appartieni a tutti gli uomini! Favoriscici con il tuo aiuto, o immortale, favoriscici con il tuo aiuto!

 

c) L’Uno e l’origine di tutte le cose

 

L’unità dell’origine (arché) non esclude, ma anzi esalta, la molteplicità dell’Essere.

 

RGV, X, 129

 

1. Allora non c’era l’Immanifesto, né il Manifesto; non c’erano le profondità spaziali né il cielo al di sopra. Che cosa circondava? dove? nutrito da chi? Che cosa era l’oceano, profondo, inscandagliabile?

2. Allora non c’era la morte, né l’immortalità. Non esisteva il confine della notte e del giorno. Imperturbato, mosso da sé, pulsava l’Uno solo. Oltre di lui non c’era nient’altro.

3. Oscurità vi era; in principio avvolto di oscurità questo tutto era una profondità indifferenziata. Serrato dal vuoto, quello che il potere della fiamma accese emerse all’esistenza.

4. Il desiderio, primordiale seme della mente, in principio sorse in Quello. I veggenti, cercando nella sapienza del loro cuore, scoprirono l’affinità del creato con l’increato.

5. I raggi della loro visione si distesero lontano. Vi fu un sotto, vi fu un sopra. Vi erano invero fecondatori, vi erano invero potenze. Sotto l’energia, sopra la volontà.

6. Chi sa la verità, chi può qui dire donde è originata, donde questa proiezione? Gli dèi apparvero dopo nella creazione di questo mondo. Chi sa quindi come tutto ciò ebbe origine?

7. Donde originò questa creazione, se l’ha causata o se no, Colui che nel supremo empireo la sorveglia, Egli soltanto lo sa, oppure, perfino Lui non lo sa!

 

d) Il veggente punto di unione fra il Creatore e il creato

 

Con la preghiera il veggente si colloca nel punto in cui il Lógos creatore (Vishvakarman) procede alla manifestazione di Sé nell’universo sensibile. I rishi sono gli antichi saggi-veggenti dell’India.

 

RGV, X, 81

 

1. Quel veggente [rishi], che, sacrificando tutti questi esseri, si assise (quale) il padre nostro [hotar], cercando con la preghiera un possesso, è entrato negli (esseri) inferiori [nel tempo e nello spazio], coprendo il principio (delle cose).

2. Che fu il luogo su cui stette; che fu e come fu il punto a cui s’appigliò, donde Vishvakarman onniveggente, producendo la terra, discoprí con la sua potenza il cielo?

3. Egli, che da ogni parte ha gli occhi, da ogni parte la bocca, da ogni parte le braccia e da ogni parte i piedi, con le braccia insieme, con le ali [ventole] insieme li soffia [salda], quando cielo e terra produce, il dio unico.

4. Che fu il legno, che fu l’albero, donde fabbricarono il cielo e la terra? O intelligenti, cercate con il vostro intelletto (che era) ciò, su cui egli stette, quando sostenne gli esseri.

5. Quelle che sono le tue forme supreme, infime e queste mediane, o Vishvakarman: (con queste) aiuta gli amici durante l’offerta, o signor di te stesso; tu in persona sacrifica (a te stesso) corroborando te stesso.

6. O Vishvakarman, tu che ti corrobori con l’offerta, sacrifica tu in persona al Cielo e alla Terra. Si confondano gli uomini all’intorno; qui sia a noi un liberale patrono.

7. Il signore della parola, Vishvakarman, veloce come il pensiero, vogliamo chiamare in aiuto oggi, nella gara. Gradisca tutti i nostri inviti egli, a tutti benefico, la cui opera è buona, per aiutarci.

 

(J. Miller, I Veda, Armando, Roma, 1976, pagg. 202, 206-207, 208, 210-211)