Vico, Il ricorso e il risorgere delle nazioni

Dopo avere analizzato le leggi del “corso” della storia, Vico introduce, già con il titolo del libro V della Scienza nuova (“Del ricorso delle cose umane nel risurgere che fanno le nazioni”), il concetto di “ricorso”, e indica con questo termine la serie di eventi che inizia una volta che la storia ha raggiunto lo stadio piú alto della civiltà. Il “ricorso” ripercorre le tre età nelle quali si svolge un ciclo storico.

 

G. Vico, Princípi di una scienza nuova d'intorno ad una comune natura delle nazioni [1774], libro V, capp. Primo-Secondo

 

Imperciocché, avendo [l'ottimo Iddio] per vie sovrumane schiarita e ferma la verità della cristiana religione con la virtú de' martiri incontro la potenza romana e con la dottrina de' Padri e co' miracoli incontro la vana sapienza greca, avendo poi a surgere nazioni armate, ch'avevano da combattere da ogni parte la vera divinità del suo Autore, permise nascere nuovo ordine d'umanità tralle nazioni, acciocché secondo il natural corso delle medesime cose umane ella fermamente fussesi stabilita [...].

Cosí i primi re cristiani fondarono religioni armate, con le quali ristabilirono ne' loro reami la cristiana catolica religione incontro ad ariani (de' quali san Girolamo dice essere stato il mondo cristiano quasi tutto bruttato), contro Saraceni ed altro gran numero d'infedeli.

Quivi ritornarono con verità quelle che si dicevano pura et pia bella [“guerre sante e pie”] da' popoli eroici, onde ora tutte le cristiane potenze con le loro corone sostengono sopra un orbe innalberata la croce, la qual avevano spiegata innanzi nelle bandiere, quando facevano le guerre che si dicevano “crociate”.

Ed è maraviglioso il ricorso di tali cose umane civili de' tempi barbari ritornati [...].

E, perché le guerre de' tempi barbari ultimi furono, come quelle de' primi, tutte di religione, quali testé abbiam veduto, ritornarono le schiavitú eroiche, che durarono molto tempo tra esse nazioni cristiane medesime: perché, costumandosi in que' tempi i duelli, i vincitori credevano che i vinti non avessero Dio (come sopra, ove ragionammo de' quelli, si è detto), e s' gli tenevano niente meno che bestie. Il qual senso di nazioni si conserva tuttavia tra' cristiani e Turchi. La qual voce vuol dire “cani” (onde i cristiani, ove vogliono o debbon trattare co' Turchi con civiltà, gli chiamano “musulmani”, che significa “veri credenti”), e i Turchi, al contrario, i cristiani chiamano “porci”, e quindi nelle guerre entrambi praticano le schiavitú eroiche, quantunque con maggior mansuetudine i cristiani.

Ma sopra tutto maraviglioso è 'l ricorso che 'n questa parte fecero le cose umane, che 'n tali tempi divini ricominciarono i primi asili del mondo antico, dentro i quali udimmo da Livio essersi fondate tutte le prime città. Perché - scorrendo dappertutto le violenze, le rapine, l'uccisioni, per la somma ferocia e fierezza di que' secoli barbarissimi; né (come si è detto nelle Degnità) essendovi altro mezzo efficace di ritener in freno gli uomini, prosciolti da tutte le leggi umane, che le divine, dettate dalla religione - naturalmente, per timore d'esser oppressi e spenti gli uomini, come in tanta barbarie piú mansueti, essi si portavano da' vescovi e dagli abati di que' secoli violenti, e ponevano sé, le loro famiglie e i loro patrimoni sotto la protezione di quelli, e da quelli vi erano ricevuti; le quali suggezioni e protezione sono i principali costitutivi de' feudi [...].

A questi succedettero certi tempi eroici, per una certa distinzione ritornata di nature quasi diverse, eroica ed umana; da che esce la cagione di quell'effetto [...], ch'i vassalli rustici in lingua feudale si dicon homines.

 

(G. Vico, Opere filosofiche, a cura di N. Badaloni, Sansoni, Firenze, 1971, pagg. 681-684)