HEGEL, IL VENERDI' SANTO SPECULATIVO

 

Il puro concetto, ossia l’infinità come abisso del nulla in cui sprofonda ogni essere, deve designare il dolore infinito, dolore che esisteva in precedenza storicamente […] come quel sentimento su cui riposa la religione [cristiana] dei tempi moderni, il sentimento “Dio stesso è morto”, quello stesso sentimento che era stato espresso per così dire solo empiricamente nelle parole di Pascal: “La natura è tale da indicare dovunque un dio perduto, tanto nell’uomo che fuori dell’uomo”, puramente come momento dell’idea suprema, ma anche niente più che un momento e così dare un’esistenza filosofica a ciò che era, per esempio, o precetto morale di sacrificare l’essere empirico, o il concetto dell’astrazione formale, e dunque alla filosofia l’idea della libertà assoluta e con ciò la Passione assoluta o il Venerdì Santo speculativo che fu già storico, e ripristinare quest’ultimo in tutta la verità e durezza della sua adeità, dalla quale durezza soltanto, poiché il carattere più gioioso, più superficiale e più singolare sia delle filosofie dogmatiche che delle religioni naturali non può non scomparire, la suprema totalità in tutta la sua serietà e dal suo abissale fondo può e deve risuscitare in modo onnicomprensivo e per la più gioiosa libertà della sua figura.

 

Georg Wilhelm Friedrich HEGEL, Fede e Sapere [1803], Conclusione.