ANNICERIDE

 

 

A cura di Marco Machiorletti

 

 

Anniceride è un pensatore che cerca di attenuare la spregiudicatezza aristippea.

Egli comprende che l’uomo, in quanto animale sociale, ha bisogno degli altri e che soltanto nel rapporto con gli altri diventa possibile una ricerca della felicità. Ma per fare questo si deve attenuare l’autosufficienza e l’individualismo, per aprirsi all’altro; solo con l’altro è conseguibile il massimo piacere possibile, mentre escluderlo significa precludersi buona parte delle possibilità di conseguirlo. Da qui la rivalutazione di tutti quei fattori del vivere sociale che Aristippo aveva messo in mora ed in primis l’amicizia, la quale si istituisce e si consegue attraverso una ricerca del rapporto simpatetico col nostro prossimo. Per poter costituire legami di amicizia, occorre tentare di comprendere il desiderio dell’altro per contemperarlo col proprio e insieme tendere al piacere comune. Insieme all’amicizia Anniceride invita l’edonista a coltivare anche i sentimenti della gratitudine e dell’affettività parentale, nonché persino (contrapponendosi in ciò al messaggio del cosmopolita Aristippo) l’amore per la patria.

 

“L’amico non deve essere accolto soltanto per utilità, né ci si deve allontanare da lui quando questa manchi; ma anche per l’insita benevolenza, per la quale si sopporteranno anche i dolori. E invero anche colui che pone come fine il piacere e si duole quando ne sia privato, tuttavia sopporta volentieri i dolori per affetto verso l’amico”. (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 97)

 

“I seguaci di Anniceride per altre cose sono d’accordo con i seguaci di Egesia, ma ammettono nella vita l’amicizia, la gratitudine, la reverenza verso i genitori e l’adoprarsi per la patria. Perciò il saggio, anche se avrà dei fastidi, non di meno sarà felice, anche se ci saranno per lui solo piccoli piaceri”. (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, 11, 96)

 

Si tratta di un chiaro segno del fatto che il Cirenaismo, evolvendosi, ha finito per recare in sé anche i segni della propria negazione, avendo tra le sue linee evolutive anche la tendenza verso un piacere sempre più complesso, che finiva per coincidere con un eudemonismo partecipativo assai distante dalla premesse poste da Aristippo un secolo prima.



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