L’AUSTROMARXISMO

 

 

A cura di Lara Malavasi

 

 

 

Nella lettura degli scritti degli autori “austro-marxisti” si rimane fortemente sorpresi a motivo di alcune singolari affinità tra le situazioni dei primi decenni del XX secolo, da essi descritte, e quelle della nostra epoca.

Per questo, al di là della loro particolare prospettiva socialista, alcuni dei criteri di analisi e giudizio di Adler, Bauer e Renner circa il mondo sociale, politico e religioso del tempo non appaiono per niente sorpassati.

Basti pensare, ad esempio, alla ricerca tuttora in corso nelle società europee sia dell’Est che dell’Ovest – ma anche in quelle sudamericane e africane più o meno sviluppate o in via di sviluppo – della cosiddetta “terza via” tra socialismo e capitalismo, e all’interno del socialismo, tra posizioni radicali rivoluzionarie e quelle moderate della socialdemocrazia, che questi pensatori austromarxisti avevano già intrapreso all’inizio del secolo.

Sorprendentemente attuale anche la denuncia, fatta da Bauer, del rapporto distorto e inquietante tra politica e affari di fine secolo in Austria - di cui era responsabile principalmente il partito liberale, e in parte, anche il giovane partito cristiano-sociale -  per far fronte alla quale egli invoca la creazione e formazione di una nuova classe politica, che già nel 1907 egli chiamava “Partito delle mani pulite”.
Non minore validità conserva il discorso di Adler, Bauer e Renner  circa la Religion Privatsache e la prassi di potere della Chiesa.

Limitandoci alle situazioni delle società europee, che hanno conosciuto una lunga stagione di liberalismo e laicismo, in queste, nonostante i precetti laicisti, permangono tuttora evidenti tratti confessionali religiosi negli Stati e  camuffati interessi di statalismo clericale nelle Chiese. Residui “confessionali” e “statalistici” di clericalismo secolare, che impediscono ancora oggi, da un lato, una complessiva emancipazione democratica allo Stato, e dall’altro, la piena libertà, alla Chiesa, di esercizio della propria religione.

Sul movimento austromarxista si è parlato e si parla veramente poco, e si è scritto ancor meno.

L’obiettivo che ci proponiamo in questa sede non è quello di esaurire la spiegazione del pensiero austromarxista in poche righe, ma solo di darne una panoramica generale, nel modo più chiaro possibile.

Approfondire singolarmente il pensiero di ognuno dei tre autori citati, oltre ad essere un’impresa ardua, credo non possa, sostanzialmente,  interessare granché. Trovare, però, un leit-motiv comune, forse può destare maggiore interesse in relazione all’ampia panoramica di intrecci politici/religiosi di cui siamo sempre più spettatori; privati, spesso, del tempo per una sana e razionale riflessione.



CONTESTO

 

Agli inizi del XX secolo l’Austria appare già avviata sulla inevitabile via del tramonto della dinastia asburgica. Un tempo caratterizzato da una serie di fenomeni sociali, politici e culturali di grande inquietudine e insieme di grande interesse.

Si assiste all’emergere prepotente della nuova classe lavoratrice, che va crescendo nelle grandi città, soprattutto a Vienna, ponendo nuovi problemi sociali (scuole, case, assistenza sanitaria…) e si assiste, al tempo stesso, al riesplodere dello scontento delle classi tradizionali (contadini, artigiani, commercianti…) e dei nuovi ceti medi (liberi professionisti, funzionari e impiegati pubblici).

Di queste forze, esigenze e rivendicazioni si fanno interpreti i nuovi protagonisti politici: i due grandi partiti di massa, quello socialista e quello cristiano-sociale, all’inizio ostacolato, ma poi accettato, ispirato e sostenuto anche dal clero.

A questo contesto politico e sociale fa da sfondo una vivacità culturale della capitale austriaca senza precedenti, espressione di energie intellettuali liberate proprio dalla medesima crisi dell’Impero e dalla nuova situazione politica e sociale conflittuale. È proprio questo il fulcro del movimento austromarxista.

L’austromarxismo nasce a Vienna, attorno alle riviste “Marx Studien” (1904) e “Der Kampf” (1907), presentandosi inizialmente come corrente di pensiero marxista e, più tardi, a partire dalla Prima Guerra Mondiale ma soprattutto in occasione della caduta dell’impero austroungurico e sull’onda della vittoria della Rivoluzione Russa, assumerà connotati sempre più marcatamente politici, fino ad identificarsi con la componente interna di sinistra del partito socialista austriaco.

I suoi esponenti, tra i quali principalmente Karl Renner (1870-1950), Otto Bauer (1881-1938), Max Adler (1873-1937), critici verso la socialdemocrazia tedesca e, nello stesso tempo, nei confronti del bolscevismo, si misero alla ricerca di una “terza via”, che evitasse i difetti del revisionismo bernsteniano e insieme l’atteggiamento profondamente radicale del leninismo. Il primo, rischiava, per così dire, di irretire il socialismo tra le maglie del capitalismo, senza farlo mai decollare, il secondo invece appariva loro inadeguato ed estraneo alla situazione e alla società austriaca di allora.

Il problema non era solo quello di dare risposte politiche concrete agli scottanti e urgenti problemi sociale e politici del momento, ma anche quello di giustificarle nella coerenza della propria ideologia marxista. D’altra parte, non era molto chiaro a quell’ epoca di crisi anche del marxismo quale fosse o dovesse essere il vero marxismo. Gli austromarxisti, pur richiamandosi inequivocabilmente a Marx, e quindi presentandosi come “ortodossi” non intesero però dogmatizzare il pensiero di Marx chiudendolo in un “sistema rigido”; ma vi si ispirarono come ad una forma “attivamente operante (…) in sviluppo”.

Tentarono, per un verso, di liberare il marxismo dall’impostazione materialistico-economicistica della Seconda Internazionale e, per altro verso, di conferirgli una visione teorica più ampia, che gli consentisse di aprirsi a orizzonti più vasti. Capirono che ciò sarebbe stato possibile solo mediante una traduzione ed elaborazione dei presupposti filosofici del marxismo nella direzione dell’etica, della filosofia della storia e della scienza. E su questi terreni Kant e Hegel si presentavano loro come interessanti e inevitabili punti di riferimento e confronto.

Questa revisione in senso neohegeliano e neokantiano doveva servire loro anche come efficace credenziale presso i circoli culturali dei pensatori liberali viennesi del tempo. Questi, infatti, ancora persistevano nell’ignorare e snobbare il marxismo, ritenendolo non degno di attenzione, perché estraneo alla tradizione della cultura europea. Innestare Marx sul filone del pensiero classico tedesco, tramite il collegamento con i suoi maggiori rappresentanti, Kant e Hegel, poteva sortire come effetto collaterale anche quello di creare un terreno di confronto tra intellettuali liberali e pensatori marxisti del tempo.

E’ in questo contesto che va quindi collocata e spiegata la revisione del marxismo e del socialismo operata dagli esponenti dell’austromarxismo, sia sul piano dei principi dottrinali, sia su quello delle strategie politiche. E se Max Adler può ritenersi a giusto motivo il revisore più radicale della critica filosofica marxista della religione, Otto Bauer e Karl Renner possono essere considerati i revisori più aperti delle strategie socialiste sul terreno delle politiche religiose.

Renner e Bauer si dimostrano, infatti, gli osservatori più interessati, i critici più attenti all’evoluzione storico-culturale, sociale e politica, allora in corso nel mondo cattolico, e si rivelano gli strateghi più accorti nell’ideare, suggerire e praticare una nuova linea politica nei suoi confronti.

Fin dai loro primi scritti sulla questione religiosa, tutti e tre avvertono l’esigenza di cercare e realizzare una via democratica al socialismo. Si formano la convinzione che, in un paese a grande maggioranza cattolica come l’Austria, questa via non sia percorribile senza l’aggregazione di una parte consistente degli strati proletari e piccoli e medi borghesi credenti. Si propongono, allora di capire fondamentalmente due cose:

-         quali di questi strati sia possibile avvicinare e guadagnare alla causa del socialismo

-         su che cosa far leva e a quali mezzi ricorrere per aggregarli.

A questo scopo essi compiono una triplice indagine: da una parte, operano una sorta di vivisezione sociale e politica del cattolicesimo austriaco, dall’altra tentano un’analisi e insieme una valutazione della dottrina sociale del cristianesimo e, contemporaneamente, quasi a presupposto di queste loro analisi storico-sociali, avviano – Max Adler in particolare – una revisione del rapporto teorico tra marxismo e religione in generale.

In conclusione, si può evidenziare il punto focale che accomuna Renner, Bauer ed Adler, ovvero l’assunzione della religione come affare privato.
Religion Privatsache diviene, presto, la bandiera politica di tutti i  partiti e movimenti socialisti.
Una formula , appunto, e niente più, con la quale essi riproponevano la concezione laica dello Stato, tipica del liberalismo, e suggerivano al movimento operaio un atteggiamento di tolleranza e indifferenza. Soltanto a partire dagli inizi del secolo e ad opera di Adler e Bauer direttamente, e Renner indirettamente, la formula diventa oggetto di un più serio approfondimento e di un più impegnativo dibattito.
Religion Privatsache è il Leit-motiv comune, ricorrente in quasi tutti i loro interventi sul tema religioso, fino a diventare, in Adler, il concetto fondativo della propria filosofia della religione, e in Bauer e Renner la via più adeguata per la soluzione della questione religiosa, vista nei suoi aspetti culturali e social-politici.
Scopo ultimo della loro insistenza su questi motivi della religione come affare privato è il ridimensionamento della chiesa, non tanto come religione, quanto come organizzazione di potere.

 

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