JEAN BAUDRILLARD




CAPOVOLGIMENTO IMMANENTE E SCAMBIO IMPOSSIBILE



Negli anni Ottanta, Baudrillard postulò un “capovolgimento immanente”, un rovesciamento di fronte dei significati e degli effetti, in cui le cose si trasformassero nei loro opposti. Per cui, secondo lui, la società della produzione stava andando verso la simulazione e la seduzione; il potere onnicomprensivo e repressivo teorizzato da Michel Foucault stava diventando il potere cinico e seduttivo dei media e della società dell’informazione; la liberazione sostenuta negli anni Sessanta era diventata una forma di schiavitù volontaria; la sovranità era passata dalla parte del soggetto a quella dell’oggetto; e la rivoluzione e l’emancipazione erano diventate i loro opposti, intrappolando gli individui in un ordine di simulazione e virtualità. Il concetto di Baudrillard di “capovolgimento immanente” era quindi una variante della “dialettica dell’illuminismo” di Horkheimer e Adorno, dove tutto diventa l’opposto. Per Adorno e Horkheimer, all’interno delle trasformazioni del capitalismo organizzato e all’avanguardia, i modi dell’illuminismo diventano una dominante, la cultura diventa l’industria culturale, la democrazia una forma di manipolazione di massa, e la scienza e la tecnologia una parte cruciale di un apparato di dominio sociale.

Baudrillard continuò a ribadire questo concetto di capovolgimento e la sua visione metafisica paradossale e nichilistica fino agli anni Novanta, quando il suo pensiero si fece ancora più ermetico e frammentario. Durante questo decennio, egli continuò a rivestire il ruolo di superstar accademica e mediatica, viaggiando per il mondo a tener conferenze e partecipando a eventi intellettuali. Alcune delle sue esperienze sono racchiuse nelle sue collezioni di aforismi, Bei ricordi (1990), Bei ricordi II (1996), Frammenti. Bei ricordi III, 1990-1995, e Bei ricordi IV, 1995-2000. Questi testi combinano riflessioni su viaggi ed esperienze con lo sviluppo delle sue idee e percezioni. I suoi diari frammentari spesso forniscono delle introspezioni rivelatrici all’interno della sua vita personale e della sua psicologia, catturando allo stesso tempo esperienze e scene che generano o incarnano alcune delle sue idee. Anche se spesso ripetitivi, questi diari danno accesso diretto all’uomo e alle sue idee, e lo confermano nel suo ruolo di superstar intellettuale e globale che viaggia attorno alla terra e di cui ogni annotazione è meritevole di essere pubblicata e presa in considerazione.

Dopo essersi ritirato dall’università di Nanterre nel 1987, Baudrillard divenne un intellettuale indipendente che si dedicava a riflessioni caustiche sull’epoca contemporanea e a meditazioni filosofiche che coltivavano la sua peculiare teoria sempre in evoluzione. Dal giugno 1987 fino al maggio dello stesso anno, pubblicò riflessioni su eventi e fenomeni di attualità nel giornale parigino Liberation, una serie di scritti raccolti in Eliminati e che introducevano a un laboratorio di idee che vennero sviluppate più tardi nei suoi libri.

Il ritiro di Baudrillard dalla facoltà di sociologia sembra aver liberato i suoi impulsi filosofici e, in aggiunta ai suoi diari e a incursioni occasionali in argomenti di attualità, egli produsse una serie di testi teorici sempre più filosofici e densamente teoretici. Durante gli anni Novanta, i suoi lavori inclusero L’evidenza del male (1990), La guerra del Golfo non c’è mai stata (1991), L’illusione della fine (1992), Il crimine perfetto (1995) e Lo scambio impossibile (1999). Questi testi proseguono le sue escursioni nella metafisica dell’oggetto, la sconfitta  del soggetto e l’impegno ironico nella storia e nella politica contemporanee. Riunendo le riflessioni che sviluppano le sue idee e commentano eventi contemporanei, questi testi continuano a postulare una rottura all’interno della storia nell’ambito di una coupure postmoderna, anche se Baudrillard stesso di solito prendeva le distanze da altre versioni della teoria postmoderna.

I testi successivi agli anni Novanta, sono anch’essi caratterizzati da uno stile frammentario e rapsodico, e fanno uso di brevi saggi, aforismi, storie che Baudrillard incominciò a impiegare negli anni Ottanta e che spesso ribadivano gli stessi concetti. Mentre i libri sviluppavano le prospettive quasi metafisiche degli anni Ottanta, generavano anche alcune idee nuove. Essi sono spesso divertenti, ma possono essere anche oltraggiosi e scandalosi. Questi scritti possono essere letti come un mix di prospettive teoretiche originali con commenti sulle condizioni della società contemporanea, accompagnati da un dialogo continuo con il marxismo, la teoria post-strutturalista e altre forme di pensiero contemporaneo. Eppure, dopo le polemiche taglienti degli anni settanta contro i modelli competitivi di pensiero, il dialogo di Baudrillard con la teoria consisteva, in questo momento, soprattutto in digressioni occasionali e nel recupero di idee precedenti, che forse illustravano ironicamente le sue tesi riguardo il declino della teoria e della politica nell’era contemporanea.

Ne L’evidenza del male (1993), Baudrillard descrisse una situazione in cui i domini, una volta separati, dell’economia, dell’arte, della politica e della sessualità si ripiegavano gli uni sugli altri. Dichiarava che l’arte, ad esempio, si era diffusa in tutte le sfere dell’esistenza, perciò i sogni dell’avanguardia artistica di pervadere la vita si erano realizzati. Tuttavia, secondo lui, con la concretizzazione dell’arte nella vita di tutti i giorni, l’arte stessa in quanto fenomeno separato e trascendente era scomparsa.

Baudrillard definiva questa situazione “transestetica” e la collegava a fenomeni simili di “transpolitica”, “transessualità” e “transeconomia”, nei quali tutto diventava politico, sessuale ed economico, cosicché questi domini, come nel caso dell’arte, perdevano la loro specificità, i loro confini e il loro essere distinti gli uni dagli altri. Il risultato era una condizione confusa in cui non c’erano più criteri di valore, di giudizio, o di gusto, e la funzione normativa sprofondava in questa maniera in una palude di indifferenza e inerzia. E così, anche se Baudrillard vedeva l’arte proliferare ovunque e ne L’evidenza del male scrisse che “discutere d’Arte sta diventando sempre più popolare”, il potere dell’arte – dell’arte come avventura, negazione della realtà, illusione redentrice, dimensione alternativa, e via dicendo – era scomparso. L’arte era dappertutto, ma “non ci sono più regole fondamentali” per differenziare l’arte da altri oggetti e “non ci sono più criteri di giudizio o di piacere”. Per Baudrillard, gli individui contemporanei sono indifferenti al gusto e manifestano solo disgusto: “i gusti non sono più determinati”.

Tuttavia, in quanto proliferazione di immagini, forme, linee, colori, disegni, l’arte è più fondamentale che mai per l’ordine sociale contemporaneo:

 

“la nostra società ha dato vita a una esteticizzazione generale: tutte le forme di cultura – senza escludere quelle anti-culturali – sono ammesse e tutti i modelli di rappresentazione e anti-rappresentazione sono accettati”.

 

Perciò, Baudrillard concludeva:

 

“Si dice spesso che la grande impresa dell’Occidente è la commercializzazione del mondo intero, il balzo dal fato del tutto al fato del prodotto. Quella grande impresa risulterà poi essere stata l’esteticizzazione del mondo intero – la sua spettacolarizzazione cosmopolita, la sua trasformazione in immagini, la sua organizzazione semiologica”.

 

Nella società postmoderna mediatica e consumatrice, tutto diventa un’immagine, un segno, uno spettacolo, un oggetto transestetico – nella stessa misura in cui tutto diventa anche trans-economico, trans-politico e trans-sessuale. Questa “materializzazione dell’estetica” è accompagnata da un tentativo disperato di simulare l’arte, di riprodurre e mischiare forme e stili artistici precedenti e di creare immagini e oggetti artistici ancora più numerosi. Ma questo “eclettismo frastornante” di forme e piaceri genera una situazione in cui l’arte non è più arte in senso classico o moderno, ma è una semplice immagine, un artefatto, un oggetto, una simulazione, o un prodotto (Baudrillard era consapevole dei prezzi in aumento esorbitante per le opere d’arte, ma lo considerava una prova del fatto che l’arte era diventata qualcos’altro nell’iperspazio orbitale del valore, era diventata un’estasi di dimensioni immense in “una sorta di opera spaziale”).

Esempi dello stile paradossale e ironico delle meditazioni filosofiche di Baudrillard abbondano ne Il crimine perfetto. In questo libro, egli afferma che la negazione di una realtà trascendente nella presente società mediatica e tecnologica è un “crimine perfetto” che implica la “distruzione del reale”. In un mondo di apparenza, immagine e illusione, la realtà scompare anche se le sue tracce continuano a nutrire un’illusione del reale. Guidate verso la virtualizzazione in una società altamente tecnologica, tutte le imperfezioni della vita umana e del mondo sono eliminate nella realtà virtuale, ma questa è l’eliminazione della realtà stessa, il Crimine Perfetto. Questo stato ‘post-critico’ e ‘catastrofico’ rende il mondo concettuale precedente irrilevante, costringendo il criticismo a diventare ironico e a trasformare la scomparsa del reale in una forma d’arte.

Baudrillard si era introdotto in un mondo di pensiero lontano dalla filosofia accademica, un mondo che metteva in discussione i tradizionali modi di pensiero e di discorso. La sua ricerca di nuove prospettive filosofiche gli aveva procurato un pubblico globale leale, ma anche critiche per la sua eccessiva ironia, i suoi giochi di parole e i suoi svaghi intellettuali. Ad ogni modo, il suo lavoro è una provocazione alla filosofia tradizionale e contemporanea e sfida i pensatori ad affrontare antichi problemi filosofici quali la verità e la realtà in modi nuovi, all’interno del mondo contemporaneo.

Baudrillard sviluppò questa linea di pensiero nel suo testo del 1999 Lo scambio impossibile. In tre parti contenenti una serie di brevi saggi, egli delinea dapprima il suo concetto di “scambio impossibile” tra i concetti e il mondo, la teoria e la realtà, il soggetto e l’oggetto. In seguito, attacca i tentativi filosofici di afferrare la realtà, ritenendo che ci sia incommensurabilità tra i concetti e i loro oggetti, i sistemi di pensiero e il mondo. Quest’ultimo sfugge sempre alla presa da parte dei primi, quindi la filosofia è uno “scambio impossibile”, perché è impossibile cogliere la verità del mondo, avere delle certezze, stabilire un fondamento per la filosofia, e produrre un sistema filosofico giustificabile.

Il gioco filosofico di Baudrillard con la distinzione soggetto/oggetto, il suo abbandono del soggetto, e il suo accostamento all’oggetto è un aspetto fondamentale del suo pensiero. Egli identifica questa dicotomia con la dualità del bene e del male nella quale la coltivazione del soggetto e il suo dominio da parte dell’oggetto è considerata come il bene nell’ambito del pensiero occidentale, mentre la sovranità dell’oggetto è associata al principio del male. Il pensiero di Baudrillard è radicalmente dualistico, quasi manicheo, ed egli parteggia per il polo in una serie di dicotomie del pensiero occidentale che generalmente sono state derise poiché considerate inferiori, come sostenere l’apparenza rispetto alla realtà, l’illusione rispetto alla verità, il bene rispetto al male, e la donna rispetto all’uomo. Ne Il crimine perfetto, Baudrillard dichiarò che la realtà era stata distrutta e perciò le persone vivevano in un mondo di mera apparenza. In questo universo, la certezza e la verità erano impossibili e quindi Baudrillard prendeva le difese dell’illusione, ritenendo, ne Lo scambio impossibile, che “l’illusione è la regola fondamentale”.

Baudrillard sosteneva anche che il mondo era senza significato e che affermarne l’insensatezza era liberatorio:

 

“se potessimo accettare questa insensatezza del mondo, allora potremmo giocare con le forme, le apparenze e i nostri impulsi senza preoccuparci della loro meta finale. […] Come dice Cioran, non siamo dei fallimenti fino a quando crediamo che la vita abbia un significato – e da quel punto in avanti siamo dei fallimenti, perché la vita non ha un significato”.

 

In maniera controversa, Baudrillard classificava anche il principio del male, definito come ciò che si oppone al bene. Certamente, c’è una dimensione manichea e gnostica nel suo pensiero, oltre a un profondo cinismo e nichilismo. La decostruzione, tuttavia, smonta la dicotomia soggetto/oggetto suggerendo l’impossibilità di sostenere il soggetto o l’oggetto, il bene o il male, in quanto essi sono legati gli uni agli altri e non ci può essere un oggetto senza un soggetto e viceversa; un’argomentazione, questa, già proposta da Adorno. Il pensiero di Baudrillard è intrinsecamente dualistico e non dialettico; esso è esplicitamente polemico e attacca le teorie rivali. Le contraddizioni non preoccupavano Baudrillard poiché egli stesso le enfatizzava. Perciò era rischioso discutere con lui su basi strettamente filosofiche e bisognava comprendere il suo modo di scrivere, la sua nozione di narrative teoriche e tenere conto della loro importanza e dei loro effetti.  

 




INDIETRO