BRUNO BAUER


A cura di Alessandro Sangalli




I PRIMI SCRITTI



Bauer fu uno scrittore molto prolifico: pubblicò almeno una dozzina di libri ed oltre 60 articoli soltanto nel periodo 1838-48. Questi scritti comprendono analisi del pensiero di Hegel, della Bibbia, delle teologie moderne, dell’Illuminismo, della Rivoluzione Francese e le sue conseguenze storiche.

L’interpretazione delle opere di Bauer è problematica per varie ragioni. A causa dell’anonimato, dell’uso di pseudonimi e della collaborazione a pubblicazioni collettive, l’attribuzione di alcune opere è molto discussa; ed esistono inoltre parecchie divergenze tra i testi che Bauer ha pubblicato e la sua corrispondenza privata. Infine, nell’anonimo La tromba del giudizio universale (1841) e in La dottrina hegeliana della religione e dell’arte (1842), Bauer non parla in prima persona, ma indossa la maschera ironica di un critico hegeliano conservatore, attribuendo ad Hegel le proprie visioni rivoluzionarie.

Si possono distinguere tre linee interpretative del pensiero di Bauer, e tutte focalizzano l’attenzione sui suoi primi lavori (i suoi scritti più tardi hanno generalmente attirato una scarsa attenzione critica).

La prima linea interpretativa vede Bauer come un soggettivista radicale, la cui critica religiosa e sociale è più vicina al razionalismo illuminista che a Hegel.

La seconda, ampliamente influenzata da Marx, insiste sull’’abbandono da parte di Bauer della sinistra hegeliana dopo il 1843.

La terza sottolinea la continuità tra le due fasi del pensiero di Bauer attraverso il periodo del Vormärz e il suo repubblicanesimo, basato sull’idea hegeliana dell’unità di pensiero ed essere.

Lo scritto del 1829 dal titolo De pulchri princiipis, vincitore del Premio Reale Prussiano, presenta l’unità di concetto e realtà come idea centrale dell’idealismo hegeliano: esaminando questa unità, che si esprime nel suo livello più alto nell’opera d’arte, Bauer compara la teoria estetica di Hegel alla terza critica kantiana. Lo scritto integra il criticismo di Kant con le Lezioni di Estetica hegeliane di Berlino e con l’analisi logica delle categorie fornite dall’Enciclopedia delle scienze filosofiche (1827). Bauer sostiene che, mentre la Critica del Giudizio tenta di trovare un ponte tra pensiero ed essere, ripresenta in realtà le antinomie caratteristiche delle prime due critiche. La sintesi kantiana è fallita poiché continua a considerare il concetto come meramente soggettivo e l’oggetto come l’inconoscibile cosa in sé che trascende il potere cognitivo umano. L’autocoscienza, o il soggetto dell’unità dell’appercezione trascendentale, resta inaccessibile anche alla cognizione kantiana.

Nei sillogismi hegeliani dell’Idea, l’oggetto ottiene una forma razionale e contemporaneamente il concetto raggiunge un’esistenza esplicita, materiale. La bellezza, la vita e l’Idea sono momenti del processo che costituisce la realtà della ragione: come unità immediata di pensiero ed essere, come momento in cui lo Spirito acquista coscienza di se medesimo nella forma dell’intuizione sensibile, l’arte illustra l’inesauribile fecondità dell’Idea filosofica. Lo scritto sottolinea inoltre il contrasto tra fede e ragione tramite una critica alle concezioni religiose di unità di pensiero ed essere. La fede era considerata nemica del libero pensiero, caratteristica peculiare della Ragione.

Durante gli anni ’30, tuttavia, Bauer tentò di conciliare pensiero ed essere attraverso l’idea di una fede razionale. In Zeitschrift für spekulative Teologie, pubblicato tra il 1836 e il 1838, e in Jahrbücher für wissenschaftliche Kritik, offre un’interpretazione delle dottrine cristiane come esemplificazione di categorie logiche. In La religione dell’Antico Testamento, del 1838, Bauer rappresenta l’esperienza religiosa come un prodotto dell’autocoscienza. Propone sia una spiegazione trascendentale, focalizzata sulle “condizioni di possibilità” delle varie esperienze religiose, sia un modello fenomenologico, incentrato sulla successione delle loro forme: la subordinazione gerarchica ad una divinità autoritaria nei primi libri dell’Antico Testamento esprime una rapporto meramente esteriore tra l’uomo e Dio, mentre la coscienza messianica dei libri successivi mostra il rapporto in una forma più elevata: non più la trascendenza di Dio, bensì l’immanenza dell’universale nella comunità umana; ma questa nuova coscienza può soltanto evidenziare l’inadeguatezza dei rapporti stabiliti con la vecchia alleanza, non può ancora portare all’effettivo superamento di quel distacco.

I testi degli anni ’30 individuano la struttura logica della coscienza religiosa: un’immediata identità tra il particolare concreto (soggetto o comunità) e l’universale astratto, un’unità raggiunta senza nessuna autotrasformazione. A partire dal 1839, Bauer cominciò a dedurre anche le implicazioni politiche di questa visione: a livello politico-sociale la coscienza religiosa asserisce questa identità immediata come una rivendicazione monopolistica e settaria che esclude ogni differente realtà particolare da una considerazione equivalente. L’essenza della religione è qui, per Bauer, un particolarismo arrogante, che conferisce all’universale uno status trascendente, come un dominio separato da ogni relazione sociale concreta. Questa posizione ebbe la sua esposizione più completa nell’opera Cristianesimo rivelato (1843). Bauer aveva già abbozzato questa tesi in Herr Dr. Hengstenberg (1839), rompendo pubblicamente con la linea ortodossa e conservatrice della cristianità ed evidenziando la discontinuità tra cristianesimo ed ebraismo.

Egli presenta la libera autocoscienza filosofica come opposta a tutte le forme di concezione religiosa. Il suo radicalismo politico e il suo repubblicanesimo sono tenuti insieme proprio dal riconoscimento di un’identità strutturale tra gli interessi privati portati avanti dalla Restaurazione e la monopolistica coscienza religiosa dominante.

 

 




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