ANTHONY COLLINS

 

A cura di Gigliana Maestri e Diego Fusaro



"Se agli uomini sono imposte limitazioni nel pensare su una scienza o su una parte di una scienza, devono essere ignoranti in proporzione a questa limitazione. E se poche persone si prendono talvolta un po' di libertà e infrangono la costrizione stabilita, le loro riflessioni non saranno mai così perfette come sarebbero se tutti gli uomini fossero lasciati liberi e incoraggiati a pensare su tale materia" (Discorso sul libero pensiero).


 

 

COLLINS

Nato  a  Heston  nel  1676, Anthony  Collins, discepolo  di  Locke, pubblica  una  serie  di  opere  destinate  a  suscitare  aspre  polemiche, e  a  causa  delle  quali  è  costretto  a  rifugiarsi, per  un  certo  periodo, in  Olanda. Il  Saggio  sull'uso  della  ragione  risale  al  1707, mentre  il  Discorso  sul  libero  pensiero  al  1713; scrive  anche  la  Ricerca  filosofica  sulla  libertà  umana (1717), e  il  Discorso  sui  fondamenti  e  le  ragioni  della  religione  cristiana (1724). Collins  muore  a  Londra  nel  1729.
Sostenitore del deismo, egli  ritiene  che  il  libero  pensiero  consista  nell'esaminare  ogni  teoria  oppure  ogni  proposizione  senza  alcun  preconcetto, e  senza  fare  mai  riferimento  a  presunti  principi  d'autorità. L'obiettivo che Collins si propone è duplice: da un lato, egli intende illustrare i caratteri e la necessità del libero pensiero, che appare indispensabile per l’avanzamento del sapere umano; da un altro lato, egli intende difendere i liberi pensatori dall’accusa, mossa dagli avversari, di essere corruttori dei costumi e della religione, oltre che destabilizzatori dell’ordine sociale. Scrive  Collins:

 

"Per  libero  pensare  intendo  l'uso  dell'intelletto  nello  sforzarsi  di  trovare  il  significato  di  qualsiasi  proposizione, nel  considerare  la  natura  dell'evidenza  a  favore  di  essa  o  contro  di  essa, e  nel  giudicarla  conformemente  alla  forza  o  debolezza  di  evidenza  che  essa  mostra".

 

Questa  definizione  implica  il  totale  rifiuto  di  dottrine  e  opinioni   contrarie  ai  dettami  della  ragione. Secondo  Collins, anche  le   teorie  e  le  credenze   tipiche  delle  fedi  religiose, spesso  assurde  e  in  contrasto  con  i  più  elementari  principi  razionali, devono  essere  sottoposte  a  indagine  critica. In  questo  senso, egli  non  ha  scrupoli  nell'elencare  quelle  idee  che  ritiene  prive  di  fondamento, come, ad  esempio, il  potere  concesso  ai  preti  di  condannare  o  di  salvare, l'adorazione  di  santi  e  reliquie, l'infallibilità  di  certe  persone  o  dei  concili. Pertanto, la critica che Collins muove (risentendo probabilmente dell’influenza di Pierre Bayle) all'infondatezza di molte tradizioni religiose assume anche una valenza politica, giacché entra inevitabilmente in polemica con le forme di potere, specialmente quello ecclesiastico, responsabili della mistificazione e dell’oscurantismo. Secondo  il  filosofo inglese, gli  uomini  credono  a  simili  assurdità  perché  pastori  protestanti  e  preti  cattolici  hanno  impedito  l'affermazione  del  libero  pensiero, pretendendo  così  la  rinuncia  all'uso  della  ragione, che  invece  costituisce  un  dono  da  parte  della  divinità. Contro l’oscurantismo operato dalla religione, Collins  afferma  che, in  realtà, per  distinguere  il  vero  dal  falso, non  esiste  altro  mezzo  se  non  ricorrere  alla  razionalità, il  cui  esercizio  è  voluto  da  Dio  stesso. Scrive  l'autore  a  questo  riguardo:

 

"Se  gli  uomini  o  trascurano  di  pensare, o  giungono  una  volta  ad  esser  persuasi  che  non  hanno  diritto  a  pensare  liberamente, essi  non  solo  non  possono  ottenere  alcuna  perfezione  nelle  scienze, ma  devono, se  vogliono  avere  delle  opinioni, incorrere  nelle  più  grandi  assurdità  immaginabili  sia  in  teoria  che  in  pratica. Quante  assurde  nozioni  della  divinità  sono  prevalse  un  tempo, non  solo  presso  i  pagani, ma  anche  presso  i  cristiani!".

 
Collins  sostiene  che  l'esame  critico  delle  fedi  religiose  costituisce  addirittura  un  vantaggio  per  le  religioni  stesse. Infatti, chi  abbraccia  una  qualsiasi  confessione, senza  alcuna  riflessione  razionale  e  soltanto  sottomettendosi  ad  un  principio  d'autorità, dimostra  di  essere  disposto  ad  accettare  anche  un'altra  fede, qualora  essa gli  sia  proposta  sempre  da  un'autorità. Il  filosofo   si  rivela  poi  fortemente  critico  a  proposito  delle  profezie  e  dei  miracoli,  considerati  o  falsità  oppure  allegorie: ad  esempio, la  resurrezione  di  Cristo  è  concepita  come  un'invenzione  dei  suoi  discepoli. Eliminando la credenza nei miracoli e nelle profezie, non si offende la religione, ma anzi la si libera dalla superstizione e la si innalza a una nuova e più alta purezza.
Nella  Ricerca  filosofica, Collins  attribuisce  all'uomo  una  "necessità  morale". Partendo  dal  fatto  che  gli  esseri  umani  possiedono  intelligenza  e  sensibilità, egli giunge  ad  affermare  che  essi  sono  determinati  ad  agire  dalla  ragione  e  dai  sensi. Tuttavia,  ciò  non  implica  una  mancanza  di  libertà: l'uomo  non  è  soggetto  ad   una  necessità  "assoluta", meccanica  e  fisica,  perché  questo  genere  di  necessità  riguarda  solo  gli  oggetti  privi  di  sensazione  e  di  intelligenza (si  pensi, per  esempio, agli  orologi). Secondo  Collins, un  simile  determinismo  psicologico  non  è  contrario  alla  morale, ma  ha  il  pregio  di  mostrare  come  le  azioni  umane  siano  guidate  da  moventi  razionali, e, in  tal  senso, può  costituire  un  mezzo  per  "salvare"  la  morale  stessa, che altrimenti ricadrebbe nell’arbitrio incontrollabile.
Collins  viene  duramente  attaccato  da  Richard  Bentley (1662-1742), che  lo  accusa  d'incapacità  nell'indagine  biblica  a  causa  di  una  scarsa  padronanza  della  filologia. Al  contrario, Thomas  Woolston, estimatore  e  seguace  di  Collins, riprende  i  temi  della  sua  critica  in  materia  religiosa  nei  Sei  discorsi  sui  miracoli. Costretto  al  pagamento  di  una  multa  e  a  scontare  un  anno  di  prigione, Woolston  muore  in  carcere  nel  1733.

 

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