INTRODUZIONE ALLA

 “CONSULENZA FILOSOFICA” (COUNSELING)

 

Di Chiara Catanese

 

 



BENEDETTO LUTI: ALLEGORIA DELLA SAGGEZZA



ŸCOS’E’.

 

Difficile dare una definizione di poche parole della consulenza filosofica, per la giovane età della disciplina e per la sua atipicità. Potremmo introdurla dicendo che si tratta di una professione  del tutto peculiare – per approccio e modus operandi – nel panorama professionale.

Una distinzione tra counseling filosofico e consulenza filosofica non è facile da tracciare. Il counseling utilizza elementi psicologici, mentre la consulenza è squisitamente filosofica, riguardando anche dilemmi di ordine morale, e la chiave di tutto è vista nella concezione del mondo di cui il consultato è portatore.

La consulenza filosofica è nata in Germania nel 1981, con il nome di  Philosophische Praxis, ad opera del filosofo Gerd Achenbach, insoddisfatto della filosofia accademica che a suo parere – chiusa nella speculazione – aveva perso ogni contatto con la società, ed anche delle professioni d’aiuto che avevano un approccio unicamente strumentale o terapeutico. Nel 1982 Achenbach fonda la GPP, che qualche anno dopo diventerà IGPP (Internationale Gesellschaft für Philosophische Praxis), ancora oggi principale punto di riferimento internazionale nell'ambito delle pratiche filosofiche.

Dalla metà degli anni 80 la consulenza filosofica si fa strada anche in altri paesi europei, soprattutto in Olanda, per sbarcare nel 1992 negli USA. In Italia si può iniziare a parlarne a partire dal 1999, con la nascita della prima organizzazione (AICF, Associazione Italiana di Counseling Filosofico) e l'apertura dei primi studi professionali.Oggi, la SICOF mantiene forti elementi di counseling psicologico, mentre Phronesis è più “purista”, riallacciandosi maggiormente all’originaria elaborazione di Achenbach, per cui è pratica della filosofia. (e torniamo alla differenza che tracciavamo prima)

La consulenza filosofica è spesso erroneamente vista come qualcosa di imparentato con la psicoterapia, il che da parte di detrattori non ha mancato di suscitare polemiche. (si veda l’apposita sezione) , accusandola di voler raggiungere gli obiettivi propri di psicologia e psicanalisi a prescindere dalle loro basi. In realtà, l’approccio seguito dal consulente filosofico è ben diverso da quello dello psicologo o psicoterapeuta. Va subito detto che il consulente filosofico non si propone di curare, ma, per l’appunto, di svolgere il ruolo del consulente, permettendo al “cliente” (si noti che non viene chiamato “paziente”) di scoprire le sue reali motivazioni e risorse – la visione del mondo che è sottesa ai suoi atteggiamenti – in una funzione, potremmo dire, maieutica. (si veda in seguito) Non si propone la soluzione di un problema,  ma il suo svisceramento, la sua analisi, per poi poterlo osservare sotto una nuova luce. Non è intenzione del consulente sostituirsi allo psicanalista o allo psicologo: diversi sono i professionisti, i destinatari, l’approccio teorico e teleologico che c’è dietro, gli studi per accedere a svolgere questo ruolo. L’idea base della consulenza filosofica è che ognuno di noi ha una propria visione del mondo che sottende alle nostre scelte, ai nostri atteggiamenti, ai nostri comportamenti, e spesso la chiave è divenirne consapevoli. Al centro c’è l’uomo, dunque, come nucleo di pensiero, emozione e azione. Il consulente non è in una posizione di predominio: al contrario, consulente e consultato sono alla pari, lo scambio fra di loro è reale, bi direzionale. Colui che fornisce la consulenza si mette in gioco con la propria visione della vita, e aiuta il “cliente” ad orientare le sue domande e focalizzare la questione da altri punti di vista, per farlo così giungere da solo alla risoluzione, per mezzo di questo processo. Ciò permette inoltre al consultato di accrescere la consapevolezza di sé, poiché emerge il suo modo di reagire di fronte alle situazioni, i suoi desideri, la sua personalità e il suo progetto di vita. Il consulente aiuta la persona ad esercitare al meglio il suo raziocinio.

A cercare ed avere bisogno di una consulenza filosofica possono essere le persone più svariate per molti motivi, inerenti la vita di relazione, il lavoro, ma tutti uniti dal filo rosso di un desiderio di far chiarezza dentro di sé magari in un difficile momento della vita, o semplicemente conoscersi meglio, come ammoniva il sempre attuale oracolo di Delfi.

 

 

 

ŸALLE ORIGINI DELLA CONSULENZA FILOSOFICA

 

 

Abbiamo già avuto modo di fare riferimento alla maieutica socratica nel parlare del modus operandi del consulente filosofico. Socrate quindi probabilmente è il punto di riferimento che più facilmente si mantiene costante nell’operare di un consulente filosofico, ma non è l’unico.

La filosofia, per definizione, si presta  ad indossare la veste di medicina per l’anima. Per la sua stessa natura: come diceva Aristotele, “sia che si voglia filosofare, sia che non si voglia filosofare, bisogna sempre filosofare”. La filosofia fa necessariamente parte dell’uomo perché l’uomo pensa. Oltre che regina dei saperi, delle arti e delle scienze – perché s’interroga su tutto, il suo raggio d’azione investe tutto, pur essendo svincolata da tutto (e la mancanza di una utilità diretta, lungi dall’essere un difetto, è garanzia della libertà, altrimenti sarebbe asservita al concetto di “utilità” – anche se questa convinzione o per meglio dire, tante volte, pregiudizio – trova proprio nella consulenza filosofica una eclatante smentita, fra le tante) – la filosofia è componente stessa, imprescindibile dell’uomo. “Cogito ergo sum”, come aveva teorizzato Cartesio. O, risalendo ancor più alle origini, il “conosci te stesso” delfico, per cui l’elaborazione razionale gioca un ruolo importante.

La filosofia, dunque, non è solo speculazione teorica su concetti astratti che ai non addetti ai lavori appaiono spesso astrusi e senza alcuna corrispondenza con la realtà e con il vivere concreto e quotidiano. Capita spesso , soprattutto nei primi tempi di studio per uno studente liceale, di buttarsi sui libri di filosofia e prendere poco a poco confidenza con un mondo sorprendente e affascinante, che richiede di entrare mano a mano in un meccanismo diverso, gettando le categorie ed il comune modo di pensare e ragionare del quotidiano. Lungi dal rappresentare una fuga in un universo avulso dalla realtà, questa scoperta, questi occhi nuovi che si assumono nella lettura di un libro di filosofia e vanno a formare uno sguardo che si posa anche sul mondo, permettono un rivelamento, una rottura di tanti veli di Maya, una presa di coscienza e una acquisita consapevolezza, e, anche, un arricchimento del mondo che prima si abitava da inquilini non accorti e, sicuramente, manchevoli di qualcosa. La filosofia è anche – in un certo senso – come l’arte, un arricchimento: in consapevolezza, appunto, una aggiunta alla mente della complessità del mondo e dell’uomo, nutrimento per l’anima oltre che per l’intelletto, per elevarsi dalle ristrettezze della contingenza, del sensibile e della convenzione, e, anche, un modo per rendere l’anima – per usare un’immagine platonica – gravida di nuove immagini. Ma in questa sede ci interessa approcciare la filosofia dal versante che ci è più utile per scorgere le ragioni e le radici della consulenza filosofica.

Il problema morale nasce già con i sofisti, e prima ancora si parlava dei Sette Sapienti.

Ci si interroga sull’uomo, ma il coronamento di questo processo sarà rappresentato, come accennavamo prima, da Socrate. Egli ha compiutamente e mirabilmente, infatti, messo al centro del suo interrogarsi l’uomo e non a caso rappresenta uno spartiacque nella storia della filosofia. Sappiamo che Socrate non scrisse nulla, e possiamo conoscerlo solo attraverso le fonti, in primis il discepolo Platone che ne ha fatto il protagonista di tante sue opere.

“I memorabili” di Senofonte sono la fonte che più rappresenta Socrate come maestro di vita pratica. Avendo fatto suo il motto delfico “Conosci te stesso” e con l’unico imperativo di ricercare la verità e insegnare la virtù (cardine del suo pensiero è l’intellettualismo etico, “fa il male solo chi non conosce il bene”), il Socrate dipinto da Senofonte (anche per difenderlo dall’accusa del famoso processo per cui sarà messo a morte) spende le sue giornate a intrattenersi con tutti coloro che possono averne bisogno, giovani troppo sicuri di sé, aspiranti governanti che vogliono governare senza averne le basi, amici, a tutti non manca mai di dare consigli su ogni aspetto della vita pratica, dal più semplice al più importante, e di fornire l’esempio con la sua stessa presenza e vita. Attraverso l’ironia, Socrate smascherava gli interlocutori, li rendeva manifestamente consapevoli delle loro mancanze e li induceva così a correggersi, alla luce di quella verità che Socrate ha semplicemente dato l’aiuto – per volere del daimonion – perché fosse partorita.

Punti di convergenza con la consulenza filosofica si possono vedere nel risvolto sulla vita pratica, nel concepire l’interlocutore come qualcuno che porta la verità – e dunque la soluzione ai problemi – in sé, nell’approccio del consultante che, mettendosi alla pari, si limita ad aiutare il consultato a prendere coscienza.

Alla luce del tema che stiamo affrontando particolare interesse rivestono anche le filosofie cosiddette dell’età ellenistica. L’individuo, in quel periodo, assume una nuova centralità, a discapito della metafisica. Infatti, in queste filosofie si ravvisa una preponderanza dell’argomento etico e morale con un corrispondente impoverimento delle questioni metafisiche (ed anche politiche). Ciò è stato tradizionalmente – da parte di parecchi interpreti – letto come una conseguenza del dissesto operato dalla rivoluzione di Alessandro Magno che aveva creato un mondo cosmopolitico e un black-out nel tradizionale assetto sociale e mentale dei cittadini adesso sudditi, causando un ripiegamento nell’individualità. Queste filosofie non poggiano tanto su solidi costrutti teorici e metafisici come poteva essere un Aristotele o un Platone, quanto nascono da un generale “sentimento della vita”. Centrale è la phronesis – la saggezza –, più che la sophia, il problema è quello della vita, la filosofia è arte del vivere, l’uomo può giungere alla felicità attingendo alle risorse che ha dentro di sé.

Epicuro è il più fulgido esempio in questo senso. “E’ vana ogni filosofia che non sappia medicare qualche passione dell’animo umano” , proclamava. La filosofia è vista come medicina dell’anima. L’uomo deve discriminare, mediante la saggezza, fra i piaceri. Ed Epicuro elabora proprio il quadrifarmaco, quattro proposizioni per annientare l’inquietudine umana (“Non sono da temere gli dei, non è da temere la morte, il bene è facile a procurarsi, facile a tollerarsi il male”). Lucrezio ha cantato il verbo di Epicuro aggiungendo il tocco della sua poesia, cantando i mali del vivere, mostrando grande consapevolezza e lucidità sui malesseri che affliggono l’uomo, quello di allora come quello di oggi, sul senso di inquietudine che lo pervade.

Seneca è un altro pensatore da andare a trovare nel nostro itinerario che porta all’individuazione dei filosofi , pensieri e temi su cui affonda le radici e germina l’odierna consulenza filosofica. Compito della filosofia è per lui educare l’uomo a liberarsi dalla dittatura delle passioni. I temi della meditazione filosofica sono quelli che la vita stessa impone. La libertà vera si acquisisce nella propria interiorità, molto spesso a dispetto del mondo che trascina invece in eventi ineluttabili. Importantissimo principio è che i grandi mali non stanno tanto nelle cose, quando, in realtà, nella valutazione che ne diamo. “Non è la materia, ma la virtù a rendere questi o beni o mali […] Che cosa c’è di male nei tormenti e nelle altre cose che chiamiamo avversità? Il venire meno, il piegarsi e lasciarsi sopraffare dell’animo. […] Senza la filosofia l’anima è malata, se vorrai star bene, cura soprattutto la salute dell’anima.” e ancora “Gli antichi hanno trovato i rimedi contro i mali dell’anima; come e quando vadano applicati, tocca a noi cercarlo” e addirittura “è merito della filosofia se mi sono alzato dal letto, se sono guarito; a lei sono debitore della vita, anche se questo è il debito minore che ho con lei.”

Parole che sorprendono per la loro attualità, che benissimo potrebbero adattarsi a noi uomini contemporanei: Seneca che mette in guardia dai falsi beni come la ricchezza, il successo, e dalle frustrazioni che ne derivano, e spiega che gli uomini comunemente ritenuti più felici sono in realtà i più infelici, poiché estranei alla virtù. Il filosofo invita a spogliare l’uomo delle sue ricchezze per guardare all’uomo nudo. Un recupero della dimensione autentica dell’uomo sempre più impoverita, oggi, dall’apparenza, e viene in mente che tutta la filosofia è un insegnamento in questo senso. I beni esteriori “sono cose acquisite da noi, non parte di noi”. Quale recupero della nostra umanità ci sarebbe, quanti conflitti sanati, se ci rendessimo conto di questa semplice verità! L’uomo è chiamato a prendersi le responsabilità della sua umanità , e in questo a conoscere la felicità vera. L’esame di coscienza diviene esercizio quotidiano per guardarci sinceramente e andare verso il miglioramento della nostra dimensione personale e sociale. La volontà è centrale per migliorare, e Seneca corre in aiuto, come sarà parso evidente, nelle più varie situazioni interpersonali: “Dobbiamo convincerci che nessuno di noi è senza colpa […] Pensando a questo, siamo più giusti con chi sbaglia, abbiamo fiducia in chi ci rimprovera […] Abbiamo tutti commesso colpe, e ne commetteremo finchè vivremo”;“è libero chi si è sottratto alla schiavitù di sé stesso”; “L’invulnerabilità non consiste nel non restare colpiti, ma nel non restare feriti”.

Epitteto, stoico schiavo filosofo, riprende un motivo già presente in Seneca, distinguendo più nettamente tra cose che sono in nostro potere (ovvero le opinioni, i desideri, gli impulsi e le ripulse) e quelle che non sono nostre attività (come il corpo, il patrimonio, la reputazioni, le cariche …) Queste sono estranee e coercibili. L’uomo, come aveva teorizzato Socrate, è la sua anima, il bene dell’uomo è il bene della sua anima. L’uomo deve scegliere sé e non le cose, porre se stesso come fine del proprio agire. Consapevole che le cose che non sono sue proprie attività non sono in suo potere, deve mantenersi nella sua vita fedele a questa scelta morale di fondo, seguendo la quale potrà avere un’esistenza serena. Degno di nota è il concetto della bacchetta magica di Ermete che ognuno di noi, per Epitteto, ha a  sua  disposizione. Come Ermete tramutava con la sua bacchetta tutte cose in oro, l’uomo con la sua intelligenza , con la giusta scelta morale può trasformare quello che appare male in bene: “trarre vantaggio dal prossimo! Il mio vicino è cattivo? Per se stesso: per me è buono; allena la mia indulgenza e la mia assennatezza”. Siamo liberi quando vogliamo le cose in nostro potere.

Anche Marco Aurelio, l’imperatore filosofo, merita di essere menzionato. E’ l’esponente della nuova Stoa che maggiormente restringe la filosofia alla problematica morale. Urgenza dell’uomo è quella di rientrare in se stesso, l’anima intellettiva è rifugio sempre accogliente e rigenerante, l‘unico luogo in cui trovare vera pace: “Chi non ha visto questo rifugio è un ignorante; chi l’ha visto e non vi si ripari, è un infelice.”  E Marco Aurelio ribadisce fortemente che “le cose non toccano l’anima, non hanno accesso all’anima, non hanno tale natura da produrre i nostri giudizi.” Sullo sfondo c’è la dottrina stoica dell’assenso dell’egemonico (principio direttivo dell’anima) alle rappresentazioni. Così, Marco Aurelio, cogliendo una verità che rappresenta un “metodo”  valido ancora oggi, può affermare che le cose “non vengono a noi, ma siamo noi che andiamo ad esse”; “Se ti addolori per qualche oggetto esterno, non è questo a crearti afflizione, ma il tuo modo di giudicarlo”; “Affliggono gli uomini non le cose, ma i loro giudizi sulle cose”. Il filosofo può anche dare un calcio ai turbamenti provocati dal rimpianto e dalla speranza posta nel futuro richiamando la centralità del presente, dell’istante, nel dare senso alla vita, perché è nell’istante che l’uomo può dare seguito alla razionalità ed esercitare la virtù. E anche in lui non manca l’attenzione per il prossimo nell’esperienza che l’uomo vive: è proprio dell’anima razionale anche amare il prossimo, bisogna fare il bene per il bene e non bisogna serbare rancore.

Lasciando il mondo antico, Wittgenstein affermava che “la filosofia è una terapia”, che consiste nel “dare battaglia contro l’incatenamento del nostro intelletto” e nell’”indicare alla mosca la via d’uscita dalla bottiglia nella quale è rimasta intrappolata” ponendosi domande che “sono per la maggior parte non false ma insensate".

Emerge insomma, da questa veloce carrellata, come la visione della filosofia come “medicina dell’anima”, aiuto per sanare i propri conflitti personali e interpersonali, bussola per orientare il proprio pensiero in vista dell’agire, non sia campata in aria né un’invenzione dei giorni nostri.

 

 

 

 

ŸIL DIBATTITO SULLA CONSULENZA FILOSOFICA

 

La consulenza filosofica non ha mancato, alla sua nascita e nel suo sviluppo, di scatenare un dibattito nel mondo filosofico ma anche psicologico e di farsi cultori e sostenitori come anche detrattori. Le principali perplessità e obiezioni sono arrivate, come si era accennato, in ambito psicologico/psicanalitico. Ma diversi sono i destinatari, le formule, le risposte. C’è da dire che la consulenza filosofica si è inserita in un quadro in cui fra la gente comune non c’era già il massimo della chiarezza: capita spesso di fare confusione fra psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista e addirittura psichiatra. . L’analisi psicologica parte dall’analizzare il passato della persona.  Concepita come paziente – individuando  nei primi anni di vita un nodo centrale da sciogliere per risolvere i conflitti in cui ci si dibatte nell’oggi, conflitti che là hanno le radici. A rivolgersi al consulente filosofico è una persona che non ha bisogno di una terapia psicologica ma di un dialogo dell’anima, che il consulente può aiutare a realizzare con la sua competenza. Persone che attraversano periodi difficili, di incertezza su stessi o   sulla propria vita, che vivono una difficoltà su fatti di vita in ambiente familiare, sociale o sul lavoro  o che vorrebbero semplicemente affinare il loro sguardo sul mondo … Per il consulente non sono pazienti, ma suoi pari con una visione del mondo e della vita meritevole di rispetto, da far emergere e far loro focalizzare, obiettivo cui consegue l’effetto di permettere loro di  apportare dei miglioramenti alla propria esistenza. Chi guarda alla filosofia come qualcosa di aleatorio ha ancor meno fiducia in una consulenza che parta da essa. I critici sostengono che la consulenza sia una degenerazione del colloquio psicologico – a cui magari non guardano già con fervente favore – che ben poco ha a che fare in realtà con la filosofia, che si serve in modo strumentale delle dottrine filosofiche snaturandole – spogliandole del contesto teorico in cui sono inserite e buttandole in un calderone- –distorcendole e dunque svuotandole della loro portata originaria. Socrate, osservano, non si faceva pagare per dialogare con la gente – anzi, rimarcava questa differenza, una delle tante, che lo separavano dai sofisti – e gli stoici invitavano a ricercare la virtù dentro di sé, unico luogo in cui possa essere trovata, predicando l’autarchia, il non avere bisogno di nulla, all’infuori della propria interiorità. Questo è vero, come è vero che chi si rivolge ad un consulente filosofico non punta a conquistare l’impassibilità o l’imperturbabilità, ma vuole avere un aiuto nel migliorare una situazione o la propria vita. Ma innanzitutto si potrebbe osservare che la consulenza potrebbe fornire un appiglio a chi di filosofia proprio non ne mastica, aprendo nuovi orizzonti, abituando alla riflessione, a guardarsi dentro, aiutando a prendere confidenza con i filosofi. Ma al nocciolo della questione si potrebbe arrivare osservando che la consulenza riguarda il risvolto pratico della filosofia. Sarebbe allora vano porre l’accento sull’impoverimento delle teorie come fanno i detrattori.  Come credo sia emerso toccando il precedente punto, la riflessione sull’anima, sulla felicità si è imposta nel tempo come nodo centrale della filosofia, accompagnato dalla pratica. La consulenza filosofica, ovviamente se il consulente è preparato e svolge la sua professione con passione e motivazione, può anzi rappresentare un’espressione dell’attualità delle dottrine – quindi un anello della catena del rinnovamento naturale nel percorso storico – calandole nella quotidianità, avvicinandole alla gente, rendendole vive, come traducendole – nella pratica – in un linguaggio accessibile e aperto a tutti. Nella società odierna, del resto, c’è grande bisogno di un ascolto che purtroppo fra di noi viene sempre più negato, ed anche di una riscoperta della filosofia.

 

 

 

ŸCOME SI DIVENTA CONSULENTE FILOSOFICO

 

 

Per intraprendere la professione di consulente filosofico è innanzitutto necessaria una laurea specialistica in filosofia. Bisogna poi conseguire un master in consulenza filosofica, al momento i più importanti attivi alla Federico II di Napoli, all’università di Pisa e di Cagliari,Trieste, Messina, Bari, alla Roma 3, alla Ca’ Foscari di Venezia.  Vi è poi un percorso alternativo di corsi organizzati da scuole ed associazioni, come l’associazione Phronesis con cui si consegue la qualifica di  consulente filosofico di Phronesis o per quanto riguarda il counseling la Sicof , la    scuola di Counseling ad indirizzo Filosofico e quella di Psicofilosofia dal Centro di Formazione Psicofilosofica di Milano e il master della Tor Vergata di Roma.

Un consulente può aprire uno studio proprio oppure avere un ruolo presso ospedali, scuole, aziende, enti locali. Nell’ambito medico – sanitario può concorrere alla formazione dell’equipe medico-infermieristica, avere un ruolo nelle questioni di bioetica, in quello aziendale importante è la funzione che può svolgere nell’ambito di orientamento professionale e per dipanare conflitti e problemi di comunicazione fra i dipendenti e fra i dipendenti e i vertici.

E’ un’occupazione nuova quindi bisogna avere un certo gusto pioneristico. E’ necessaria ovviamente una passione per la filosofia, doti di empatia, attenzione per gli altri, capacità di mettersi in discussione, di introspezione. Un consulente lavora non solo con testi filosofici ma anche – a sua discrezione e a seconda della natura del suo intervento – con brani letterari o testi di canzoni. Gli incontri possono essere individuali o collettivi. Ad interrompere gli incontri è il cliente quando si reputa soddisfatto. Non esiste attualmente un albo professionale dei consulenti filosofici, non è dunque una professione formalmente riconosciuta dallo stato né di cui si può vivere (tranne rarissime eccezioni nel mondo). Esistono degli albi istituiti da associazioni private – come quelle citate prima – a cui sono iscritti coloro che partecipano alle attività formative da essi offerte.

 

 

 

 

ŸALTRE PRATICHE FILOSOFICHE

 

 

Negli ultimi anni la filosofia sta conoscendo, in silenzio, come un nuovo rinnovamento, sta acquistando un nuovo respiro. Si organizzano caffè e cene filosofiche incentrati sul libro scambio di opinioni. Negli anni novanta in Francia Marc Sautet, considerato il primo consulente filosofico francese, accompagna alle attività di consulenza una nuova pratica filosofica conosciuta come “Café-Philo”, ovvero discussioni filosofiche pubbliche, da lui iniziate presso il Café des Phares di Parigi, poi diffusasi in tutto il mondo. Le origini affondano nei caffè filosofici del 1700. Un moderatore gestisce lo scambio di opinioni. Ha poi preso piede la philosophy   for children, filosofia per bambini. Sembra strano: la filosofia nelle scuole non si studia che a partire dal liceo (e solo lì, per chi non la sceglierà all’università) e sembra che quando i filosofi elaboravano certi concetti non stessero pensando ai bambini come interlocutori. Ma la filosofia – come si osservava all’inizio – abbraccia tutto il vivere e dunque anche i bambini non possono essere immuni dalla sua chiamata. Del resto non è tipico dei bambini chiedersi insistentemente – e subito porre agli altri il quesito – il perché delle cose? Come sosteneva Aristotele, la filosofia nasce dalla meraviglia. E, pensiamoci, è proprio la meraviglia che non cessa mai di accompagnare i bambini nella loro quotidianità, per spegnersi troppo spesso, poi, purtroppo, mano a mano che si fanno adulti. Ovviamente ai bambini non si racconta delle ipostati dell’Uno in Plotino o della dialettica di Hegel, ma proprio quell’età può essere un’occasione da cogliere per sedimentare in loro l’amore per il sapere e per stimolare la loro naturale curiosità.  La philosophy for children ha preso le mosse negli anni 70’ da un’intuizione del professore di logica della Columbia University Lipman che, accorgendosi delle lacune nella sua materia presentate dagli studenti, è arrivato a concludere che una soluzione avrebbe potuto essere quella di abituare fin da bambini a ragionare e servirsi della logica, mediante racconti. Gli operatori della philosophy for children  hanno l’obiettivo di far acquisire ai bambini una base critica sugli argomenti con cui devono confrontarsi ogni giorno, come immagine di sé, concetti di bello e brutto, felicità e infelicità, applicando i metodi elaborati dai teorici non senza metterci del proprio e sperimentare. Oggi questi metodi in Italia si stanno sperimentando in varie scuole, elementari e dell’infanzia.

Nell’ambito della filosofia applicata ai gruppi è da citare anche il dialogo socratico (breve), in cui il consulente veste i panni del facilitatore: la domanda è quella socratica del “che cos’è?” qualcosa, ognuno degli interlocutori è chiamato a darne un esempio fino a trovare un generale consenso sui punti della discussione.

In una comunità di ricerca – un gruppo formato per discutere attorno ad un’opera d’arte o un testo – il consulente svolge una funzione simile per educare anche ad una comunicazione democratica.

Questi momenti, insomma, se ben svolti, possono rappresentare il punto d’incontro fra pratica, estetica ed etica. Ed il consulente può svolgere una parte attiva nella società, dando impulso alla vita culturale, sociale, e fornendo il suo aiuto.

 

 

              CONCLUSIONI

 

Questo testo non vuole esaurire tutta la portata della consulenza filosofica, delle pratiche filosofiche, del loro impatto sul dibatto storico e contemporaneo e sulla realtà. Si propone di darne un affresco, una sintesi, magari di fornire lo stimolo ad approfondire le numerosissime questioni in gioco che si è cercato di inquadrare e a rifletterci.

 

 

 

            BIBLIOGRAFIA

 

Per la stesura di questo testo mi sono stati particolarmente utili:

 

- “Il testo filosofico” di Fabio Cioffi, Giorgio Luppi, Amedeo Vigorelli, Emilio Zanette Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori;

-  “Storia della filosofia” di Giovanni Reale, Dario Antiseri Edizioni Corriere della Sera - Bompiani

 

 

http://www.arete-consulenzafilosofica.it/index.html

http://www.praticafilosofica.info/

http://confilosofica.blogspot.com/

http://mondodomani.org/dialegesthai/mdev01.htm

http://www.philosophiness.com/index.html

http://www.consulenzafilosofica.com/

http://www.phronesis.info/

http://www.sicof.it/

http://www.psicofilosofia.com/index.html

http://www.wikipedia.it/

 

 

        RINGRAZIAMENTI:

 

Un immenso grazie va al professor Gino Bonomo del liceo classico Empedocle di Agrigento per avermi trasmesso l’amore per la filosofia.

 

Ringrazio Alfia Tomarchio per i gentili chiarimenti sulla consulenza filosofica  e per avermi riportato la sua esperienza personale, particolarmente riguardo la “philosophy for children”.

 

Un grande grazie ovviamente a Diego Fusaro per avermi proposto la stesura di questo testo.

 

                                                                                                     

 

                                                                                                       

 


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