La dimensione del linguaggio

 

a cura di Jonathan Fanesi

 

 

 

Nota introduttiva

 

 

 

I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo. “ L. Wittengenstein ( 1 )

 

 

[ Questo breve saggio di maturità è finalizzato ad un’ analisi critica sulla dimensione del linguaggio all’ interno delle produzioni culturali umane, con particolare riferimento alla filosofia, intesa come autocoscienza stessa del percorso,  conditio sine qua non di un’ adeguata comprensione delle problematiche relative al linguaggio. Si tratta di un breve itinerario attraverso il quale il lettore potrà addentrarsi nella dimensione par excellence dell’ umana natura: il linguaggio. ]

 

 

 

 

<< Ma perché pria del tempo a sé il mortale / invidierà l’ illusione che spento / pur lo sofferma al limitar di Dite? / Non vive ei forse anche sottoterra, quando / gli sarà muta l’ armonia del giorno, / se può destarla con soavi cure / nella mente dei suoi? (… ) >> Foscolo ( 2 ).

I versi qui riportati dai Sepolcri di Ugo Foscolo, sono di vitale importanza per una corretta comprensione della sua Weltanschauung  poetico – esistenzial – filosofica “; il “ ma “ del 22 verso, racchiude in una sublime sintesi artistico – linguistica, il travaglio interiore dell’ uomo – Foscolo, travaglio che s’ incarna magistralmente nel moto processuale – risolutivo del nichilismo dell’ Ortis. La morte intesa come “ nulla eterno “ in un’ accezione autenticamente nichilista, non è l’ ultimo approdo dell’ esperienza umana, si tratta di una fase transitoria superata dialetticamente dall’ illusione: illusione che non vince la dissoluzione dell’ essere, ma che conserva l’ individuo nel ricordo dei cari.

Da qui la rivalutazione foscoliana della tomba, che diviene polo unificante del singolo e della memoria storico – patriottica di un popolo, grido morale vero il riscatto nazionale. Il nichilismo è superato da un rimedio debole, che non agisce sul piano della sostanzialità, ma trova la sua dimora nell’ interiorità dei vivi.

Tale analisi riguardo al verso dei Sepolcri, risulta estremamente importante al fine di addentrarci meglio nella nostra trattazione; una singola parola, un respiro del linguaggio, contiene in sé il contenuto esperienziale dell’ Autore, che si dischiude come boccio in fiore ogni qual volta il lettore riponga il suo sguardo.

Il linguaggio, si carica così di poliedrici significati che a prima vista, nel quotidiano, in quella dimensione che Heidegger chiamerebbe “ in - autentica “, non  compaiono, velati dall’ abitudine, da un meccanismo che molto spesso nega l’ irripetibilità del singolo. 

Ogni azione, pensiero, sentimento umano viene alla luce nel linguaggio, inteso come dimensione privilegiata, dell’ interiorizzazione e dell’ esteriorizzazione coscienziale, della comunicazione, dimensione che ci accompagna in ogni istante della vita.

Porsi la domanda sul linguaggio, è il primo passo per comprendere il mondo umano,  così ricco e nello stesso tempo così complesso.

Quali funzioni riveste? Può esprimere in maniera adeguata le problematiche esistenziali? In definitiva di cosa si tratta?

Filosoficamente tale problematica sorge con Democrito di Abdera, il pensatore greco in un suo frammento, dice espressamente che: << (…) mentre prima emettevano voci prive di significato e disarticolate, gradatamente cominciarono ad articolare le parole; e, stabilendo tra loro espressioni convenzionali per designare ciascun oggetto, ebbero un modo noto a tutti per indicare le cose (…). >> ( 3 ) .

La posizione democritea privilegia, la funzione convenzionale del linguaggio, che in questa accezione si trasforma in tecnica – propedeutica alla costruzione del macrocosmo sociale.

Parmenide di Elea, pone implicitamente l’ accento della sua ricerca sul linguaggio, nel suo famoso scritto “ Sulla natura “ , precisamente nel frammento 6, avrà modo di dire: << E’ necessario il dire e il pensare che l’ essere sia: infatti l’ essere è, e il nulla non è (… ) >> ( 4 ).

In questo modo, Parmenide sta costruendo una triade costituitasi mediante la relazione “ essere – pensiero – linguaggio “, una triade contestata dal sofista Gorgia, che nello “ Scritto sul non ente “ colpisce al cuore l’ equazione trinomica parmenidea: << Nulla c’è, se anche qualcosa c’è, non è conoscibile all’uomo, se anche é conoscibile non è comunicabile, è incomunicabile agli altri. >> ( 5 ) . 

Prima di addentrarci nell’ analisi gorgiana, è necessario sottolineare l’ indirizzo pragmatico del filosofare sofista, che è l’ espressione più autentica della crisi della polis greca; la sofistica al di là della suddivisione interna in prima e seconda, presenta nelle sue linee essenziali, una riflessione racchiusa in un relativismo agnostico ( Protagora ) e un nichilismo anti – metafisico ( Gorgia ).

Si riscopre così una dimensione tragica dell’ esistenza umana, dimensione che si radicalizza alla luce di un parola non più in correlazione all’ essere, i sofisti intuiscono, Gorgia in primis la potenza del linguaggio che sganciato dal piano henologico per dirla alla Reale, diviene tecnica di persuasione.

Salvatore Natoli, dice espressamente che: << Il contrasto della tragedia si muta nei sofisti in controversia filosofica. La valorizzazione degli antichi valori, in una parola della tradizione, richiede nuove regole per valutare i fatti, con cui, pur sempre si deve avere a cha fare >> ( 6 ).

Inoltre tali pensatori pongono la lente della loro analisi sulla realtà umana, politica e sociale, dove l’ abilità retorica assume gran valore; ciò che è importante sottolineare è la perdita di un linguaggio che può cogliere le strutture ultime della realtà, la parola come dirà Gorgia nell’ “ Encomio di Elena “: <<  La parola è un gran dominatore, che con piccolissimo corpo e in visibilissimo, divinissime cose sa compiere; riesce infatti e a calmar la paura, e a eliminare il dolore, e a suscitare la gioia, e ad aumentare la pietà. >> ( 7 ).

Prodico di Ceo, pensatore minore della sofistica darà vita all’ etimologia, l’ analisi della parole connessa alle considerazioni relative l’ evoluzione storica del linguaggio.

Al di là delle varie correnti sofiste, è interessante sottolineare la ricerca che essi hanno compiuto nei confronti del linguaggio,  linguaggio che nell’ accezione di tecnica diviene fondamentale all’ interno del mondo umano, sapere “ utilizzare “ la parola vuol dire avere la meglio in ogni contesto della vita associata, nello stesso tempo si avverte la pragmaticità di tale strumento che può anche piegare la volontà e quindi condizionare la libertà dei singoli.

G. Orwell understands that the social e political structure of State, will always be based on language, despite the novel is a negative utopia and there is a conceptual – chronological discrepancy between Gorgia and Orwell, he has showed as in the language, liberty expresses herself, the restriction of the linguistic code, is a reduction of the liberty, reduction that in the society can cause many problems.

The “ big brother “ in 1984, deletes with technicians and experts the creative capacity of man, freedom is also a problem of language.

Dopo aver brevemente mostrato, attraverso le riflessioni gorgiane e le intuizioni di Orwell, come il linguaggio possa assumere funzioni negative all’ interno della dimensione umana, poniamoci un’ altra domanda necessaria per lo svolgimento dell’ analisi: quali funzioni positive può rivestire?

Premesso che il linguaggio è in primis comunicazione, si tratta di vedere come si configuri in accezione positiva.

Nell’ accezione comunicativa il linguaggio svolge una funzione di capitale importanza, mette in correlazione individualità differenti, l’ io in rapporto con il tu, sia Hegel che Marx, concordano su tale fatto, il primo dirà che “ Il linguaggio è infatti l’ esserci del puro Sé come Sé; il esso la singolarità per sé essente dell’ autocoscienza come tale entra nell’ esistenza, cosicché la singolarità è per altri( 8 ).

Il padre del materialismo storico – dialettico, in una dimensione demistificatrice e di “ rottura epistemologica “ per dirla alla Althusser quale quella dell’ Ideologia tedesca ( 1845 – 1846 ), mostrerà come “ Il linguaggio è antico quanto la coscienza, il linguaggio è la coscienza reale, pratica che esiste per gli altri uomini e che dunque é la sola esistente per me stesso, e il linguaggio, come la coscienza, sorge dal bisogno, dalla necessità di rapporti con altri uomini. “ ( 9 ).

In un altro scritto, il pensatore di Treviri ribadirà lo stesso concetto dicendo: << Per ciò che riguarda il singolo è ad esempio chiaro che egli anche con il linguaggio sta in rapporto come col proprio linguaggio solo quale membro di una collettività umana. Il linguaggio come prodotto di un singolo è un assurdo. […] Il linguaggio stesso è parimenti il prodotto di una comunità, come da un altro punto di vista è il modo di essere di quelle comunità, il suo modo di essere che parla da sé. >> ( 10 )

La positivité du langage se réalise en devenant dimension de l’ écoute critique et auto – critique, en éclairant les problématiques existentielles, sociales et conceptuelles.

Madame de Staël figure de première importance de la culture française et européenne, trait d’ unions entre le siècle des philosophes et le Romantisme, dans ses œuvres théoriques, « De l’ Allemagne «  et «  De la littérature « , montre avec grande habilité comme le désir de renouvellement social se manifeste artistiquement dans le tentative d’ abandonner un neo – classicisme incapable de se configurer comme dimension de l’ auto – conscience pour les modernes.

En reprenant la Théorie des climats" de Montesquieu, la dame française comprend comme chaque production culturelle – humaine, ne peut pas être considérée sous la vision de l’ éternité, mais doit être insérée dans le flux historique, constitué à l’ intérieur de précis coordonnées historien – sociologique : << Mais ces poésies d’ après l’ antique, quelque parfaites qu’ elles soient, sont rarement populaires, parce qu’ elles ne tiennent, dans le temps actuel, à rien de national >>( 11 ).

Le langage en telle perspective a une fonction très importante, doit exprimer les nouvelles instances de liberté et  indépendance en opposition aux dogmatismes politiques et de traditions inaptes au «  reo tempo « : un langage que dans la linéarité expressive fait prendre conscience à l’ humanité.

Sulla scia di Madame de Staël, s’ inseriscono le riflessioni poetico – concettuali di Wordsworth ed A. Manzoni, riflessioni necessarie per lo sviluppo della nostra analisi.

Alessandro Manzoni, è forse una delle figure più importanti della cultura italiano – europea della metà dell’ Ottocento, la sua conversione avvenuta nel 1810, è un evento emblematico, che non si esaurisce nella sfera dell’ esistenza dell’ Autore, ma diviene fatto cangiante all’ interno della sua poetica – letteraria.

La storia diviene così la dimensione fattuale, struttura costitutiva e conditio sine qua non dell’ agire umano, pregna di un significato escatologico – cristiano; la letteratura per essere autentica deve – secondo la nota espressione manzoniana -, aver il vero come soggetto ( la realtà storico – sociale ), l’ interessante come mezzo, e l’ utile come fine ( crescita etico – esistenziale umana ).

Nella prospettiva della trascendenza, gli umili e gli oppressi posseggono un alto valore, valore non riconosciuto nella logica dell’ immanenza; nel “ Cinque Maggio “, Manzoni alla famosa domanda “ fu vera gloria ? “ ( 12 ) risponderà dicendo emblematicamente: “ dov’ è silenzio e tenebre / la gloria che passò( 13 ).

L’ uomo di cultura, il letterato assume una funzione importantissima nella dimensione social – storica, rifacendosi ai reali accadimenti, deve porsi come guida per il popolo, l’ uman lume – come direbbe Dante – illuminato dalla profondità della fede cristiana, scorge il progetto della “ divina provvidenza “ nella sua fase realizzativo – fattuale.

C’ est intéressante de souligner comme aussi en France, Victor Hugo, d’ un point de vue plus laïque – réactionnaire a élaboré une conception semblable au Manzoni, il dira : << Le poète en de jours impies / Vient préparer des jours meilleurs >> ( 14 ).

Ciò che ci interessa della riflessione manzoniana, è proprio l’ attenzione sul linguaggio, linguaggio si apre come paradigma auto – coscienziale del mondo umano, non è forse sorprendente che tra le ultime due edizioni dei “ Promessi sposi “ sussista “ solo “ una differenza linguistica?

I “ I Promessi sposi “ vengono definiti dalla critica, un romanzo storico – sociale, in quanto la vicenda si concretizza nella storia, ma nello stesso tempo l’ aspetto più interessante di tale romanzo è proprio la problematica relativa alla lingua.

Manzoni consapevole del fatto, che la lingua ha una funzione sociale, abbandona i tecnicismi della letteratura neo – classica, facendo parlare a suoi personaggi un linguaggio che esprime la loro condizione sociale e culturale.

Gli anni che vanno dal 1827 al 1840, al di là dell’ elaborazione della narrazione, sono anni intesi di labor limae linguistico per Manzoni; egli stesso aveva capito che eliminando le espressioni auliche e raffinate, e donando “ veracità “ al parlare dei personaggi, si stava compiendo un tentativo di unificazione nazionale sul piano linguistico – culturale; non diceva forse un famoso politico del “ bello italo regno “ che dopo aver fatto l’ Italia, era necessario fare gli italiani?

Il progetto manzoniano venne contestato da una serie di studiosi tra i quali Graziadio Isaia Ascoli, di astrattismo, in quanto una vera lingua poteva svilupparsi solo all’ interno della concretezza sociale e culturale di un popolo.

Il linguaggio come comunicazione su base socio – culturale venne inaugurato in Inghilterra da Wordsworth, il poeta dell’ oltremanica nella prefazione alla seconda edizione dei “ Lyrical Ballads “ dirà: << The principal object, then, which I proposed to myself in these poems was to choose incidents and situations from common life and to relate or describe them, throughout, as far as was possible, in a selection of language really used by men; and, at the same time, to throw over them a certain colouring of imagination, whereby ordinary things should be presented to the mind in an unusual way (…) >> ( 15 )

Manzoni, Wordsworth e Madame de Staël – seppur in maniera diversa – mostrano la funzione sociale del linguaggio, Locke in “ Essay on the human intellect “ realises an analysis on the reason finalized to show the cognitive limits, among which the linguistic tool is present. The English philosopher, don't interest him in the linguistic meaning, but to the social impact, because in absolute schemes doesn't allow the cultural and religious dialogue, contributing to the intolerance and the fanaticism.

The empiricism' hands to the destruction of the metaphysician in the language, that becomes an utilitarian convention in the human communication.

The same Hobbes, in the “ Leviathan “ ( 1642 – 1658 ) will speak about a calculating reason, based on language, that has a denotative and conventional function.

Connessa alla problematica sociale del linguaggio si pone quella storico – culturale, trattata efficacemente da Humboldt e Schleiermacher, il primo famoso anche per le sue analisi linguistiche caricherà il linguaggio di valenze spirituali e storiche del popolo che ne fa uso, mostrando come all’ interno di tale dimensione si condensi un modo di pensare e di concepire la vita religiosa; Schleiermacher dal canto suo, porrà il linguaggio come termine medio e bi – direzionale della dialettica e dell’ ermeneutica.

La dialettica a cui mira il filosofo tedesco è la tecnica dell’incontro – scontro tra visioni e pensieri differenti, non si tratta della dialettica hegeliana legge dello sviluppo e della comprensione del Reale, siamo di fronte al dialeghesthai socratico – platonico. La sua concezione della ragione non è di tipo monologico, come i grandi pensatori sistematici dell’idealismo; bensì è dialogica.

Confrontarsi dialetticamente con l’altro significa crescere nel conoscere; in quanto la discussione ha un ruolo costitutivo nel sapere, la propria posizione mediante negazioni e affermazioni si rafforza a livello concettuale, Schleiermacher dirà che l’accordo del pensiero con se stesso si realizza così attraverso il consenso dei partecipanti al dialogo.

Il pensiero dev’essere in armonia con l’essere, ma per trovarsi in questa situazione di equilibrio è necessario che esso segua il viatico dialettico del dialogo, prenda coscienza della diversità di prospettive e cresca nella sua qualità concettuale.

Si comprende l’importanza del linguaggio come luogo privilegiato dello sviluppo della ragione, il linguaggio è l’incarnazione stessa della ragione e la sua limitazione: da qui un’analisi critico dialettica che tenda a superare la limitatezza di una determinata posizione mediante l’esame del sapere altrui.

Al fine di realizzare questo compito è necessario concepire la storia come sistema dove entrano in relazione le diverse culture e linguaggi; la relazione dei saperi è la testimonianza più diretta di come i gruppi linguistici non siano monadi isolate.

Vi è una sorta di continuità e frattura tra dialettica ed ermeneutica, la prima risolve il pensiero nel linguaggio, la seconda acquisita una dimensione storico sistematica e dal linguaggio cerca di comprendere il pensiero, sussiste un rapporto di discorsività ed interpretazione.

Chi si dedica all’ermeneutica deve porsi sullo stesso piano dell’autore oggetto della sua analisi, sia da un punto di vista soggettivo che storico – linguistico e letterario. Il processo ermeneutico è circolare, il suo indagare è illimitato ed infinito, la ricostruzione è in continuo divenire nella molteplicità delle connessioni..

Il binomio dialettica – ermeneutica rappresenta una visione dinamica del conoscere che si compie nella finitudine e particolarità del linguaggio, in tal modo di contrappone alla dialettica idealistico – hegeliana di tipo monologico.

Sempre sul versante ermeneutico, lo stesso Gadamer riconoscerà una valenza importantissima alla sapienza socratica in opposizione alla speculazione del “ tardo e grande “ Hegel, dicendo infatti che “ per me e al mia teorizzazione ermeneutica, è sembrato abbastanza persuasivo accettare di nuovo questa eredità socratica di ‘ una sapienza umana ‘, che misurata con l’ infallibilità, simile a quella divina, di ciò che viene saputo dalla scienza, è insipienza “ ( 16 ).

Per quanto concerne la figura socratica, al di là delle poliedriche espressioni che le testimonianze ed i dialoghi platonici ci hanno permesso di ricostruire, sussiste una fatto di primaria importanza: Socrate dotato di un’ abilità introspettiva abissale e di una ars loquandi sublime, va oltre la sofistica, coglie l’ importanza della questione esistenziale, ritenendo le discussioni sulla natura prive di valore fondante ( a proposito ciò si ricordi quando il maestro di Platone, critica le teorie del libro di Anassagora ).

Il “ nobile sofista “ attraverso una dialettica venutasi a costituire sul binomio ironia – maieutica, pone in rilievo l’ importanza del linguaggio in un’ accezione che non può ridursi al mero processo distruttivo critico, ma nella distruzione delle false certezze, si cela una nuova prospettiva, quella dell’ interiorità esistenzialmente intesa.

Solo in questi termini possiamo realmente porre le fondamenta per un possibile e coerente tentativo di comprensione del pensiero platonico, che nella sua estrema originalità e profondità speculativa, non smetterà neanche sul far della sera di nutrire connessione con la filosofia socratica.

Premesso che in ambiti come quello politico, Platone si distacca dall’ impostazione etico – sociale della “ torpedine “, il linguaggio può divenire il centro focale di incontro tra la filosofia etica socratica e la visione platonica.

Platone nei suoi scritti a parte la “ Lettera VII “ adotta la forma dialogica in correlazione all’ suo dei miti, un fatto questo che ci permette di capire come il padre dell’ Accademia abbia appreso in modo sublime la rivoluzione portata dal filosofare socratico.

Il dialogo è come un palcoscenico dove maschere sì incontrano, in una continua dialettica della domanda e della risposta, eterne saranno le pagine della Repubblica dove un Socrate platonico dotato di una concezione morale iperuranica mette si confronta con la prospettiva utilitaristica di Trasimaco.

Oltre al “ Cratilo “ fondamentale per una corretta comprensione del problema del linguaggio in Platone, nel Fedro riguardo al rapporto oralità – scrittura, Socrate dirà: Ho udito dunque che a Naucrati d’Egitto era uno degli antichi dei del luogo, al quale era consacrato l’uccello che chiamano Tibi, e quel demone aveva il nome di Theuth. E dicono che egli abbia trovato per primo il numero e il calcolo e inoltre la geometria e l’astronomia e anche il gioco del tavoliere e dei dadi e infine l’alfabeto. Re di tutto l’Egitto era allora Tamus e stava in quella grande città che i greci chiamano Tebe egizia, il cui dio chiamano Ammone. Recatosi da lui, Theuth gli mostro le arti, e disse che bisognava fare partecipi pure gli egizi.

Ma quelli chiese quale utile ciascuna, e mentre l’altro faceva la rassegna, egli, secondo che gli sembrasse ben detto giustamente o no, disapprovava o lodava. Furono molte le osservazioni che Tamus si dice abbia fatto a Theuth su ciascuna arte, sotto ambedue i riguardi, si che sarebbe necessario, un lungo discorso per esporle. Ma quando si fu alle lettere dell’alfabeto: << Questa conoscenza, Maestà, - disse Theuth renderà gli egiziani più sapienti e più atti a ricordare. Poiché si è trovata la medicina della memoria e del sapere >>

E quegli gli rispose: << O ingegnosissimo Theuth, altri ha la capacità di produrre le arti, altri di discernere quale danno od utilità spetti in sorte a coloro che se ne serviranno. Poiché questa scoperta farà sì che l’anima dei discenti trovi luogo il dimenticare per l’indebolirsi della memoria, in quanto che essi fidandosi della scrittura ricorderanno dal di fuori per mezzo di segni estranei, non dal dentro di se medesimi. Perciò non hai trovato la medicina della memoria, bensì del richiamare alla memoria. E agli studiosi appresti opinione, non già verità; poiché trovandosi, in virtù tua, di essere uditori di molte cose senza impararle, acquistino la persuasione di sapere molte cose, quando invece secondo che suole accadere, sono ignoranti e di poco piacevole compagnia, diventati, come sono, portatori di opinioni invece che sapienti >>. ( 17 )

Attraverso queste brano interno al Fedro, possiamo comprendere l’ attenzione rivolta da Platone nei confronti del linguaggio, un linguaggio che nella vesta scritta diviene semplice tecnica del richiamo alla memoria, solo nella dialettica parlata, viva e concreta, la filosofia può raggiungere i risultati più elevati.

Se il linguaggio scritto è una dimensione debole, che non “ viene in aiuto a se stessa “, come si deve porre lo studioso dinnanzi ai dialoghi platonici, dialoghi scritti che nonostante la forma espositiva, contengono i limiti di tale formula comunicativa?

Si sollevano problematiche altamente complesse in correlazione alle “ àgrapha dògmata “, le famose e discusse dottrine non scritte, dove secondo alcuni si nasconderebbe il vero nucleo del filosofare platonico. 

Sorge una questione ermeneutica di primaria importanza, come ricostruire una filosofia che fa uso di miti, della forma dialogica e di un pensiero poetante di natura sublime? Si quindi tratta sempre di una problematica che tocca la sfera del linguaggio.

C’ è stato chi come Schleiermacher – mediante il precetto della “ sola scriptura “  ha interpretato Platone alla luce dei soli suoi scritti, la scuola di Tubinga, rivoluzionaria ermeneuticamente ha marcato maggiormente la componente meta – dialogica delle dottrine non scritte.

Il più grande discepolo di Platone, “ il maestro di coloro che sanno “, nella Fisica userà l’ espressione “ Agraja  Dogmata  “ ( 18 ) , infine all’ interno Metafisica parlerà di alcune teorie non contenute nelle opere della ricca fioritura ( Zeller ): << E poiché le idee sono causa delle altre cose, egli fu del parere che gli elementi fossero elementi di tutta la realtà. Quindi, secondo lui, sono principi materiali il grande ed il piccolo, ed è , invece, principio sostanziale l’ uno, giacché dal grande e dal piccolo per partecipazione dell’ uno deriverebbe l’ esistenza delle specie ideali [ in quanto esse sono in numeri primi ], ma tuttavia egli era, in linea di massima, d’ accodo con i Pitagorici almeno nell’ identificare l’ uno con la sostanza e nel sostenere che nessun altro ente assume l’ uno come predicato, ed egli è ancora d’ accordo con loro nel sostenere che i numeri sono cause della sostanza per le altre cose; ma l’ originalità di Platone risiede nel fatto che egli concepì una diade al posto dell’ infinito che i Pitagorici concepivano come uno, e nel fare derivare l’ infinito dal grande e dal piccolo; e , oltre a ciò egli affermava che i numeri esistono al di fuori delle cose sensibili, mentre i Pitagorici che gli stessi oggetti sono numeri, e non pongono gli enti matematici come qualcosa di intermedio tra le forme e oggetti sensibili >> ( 19 )

La problematicità delle “àgrapha dògmata “ è insita nel fatto che esse rappresentano la possibilità di modellare Platone secondo esigenze o paradigmi che non appartengono al pensiero platonico.

Leibniz, disse che chi avrebbe donato forma sistematica al pensiero platonico, avrebbe compiuto un servigio all’ umanità, al di là della celebre asserzione dell’ autore della Monadologia, è necessario sottolineare come il linguaggio nel filosofare platonico,  acquisti una portata concettuale geniale, in quella sorta di “ pensiero poetante “ l’ idolo in negativo di Nietzsche intuisce come solo un linguaggio poeticamente inteso possa divenire nella dimensione dell’ oralità dialettica l’ unico sentiero possibile per quella creatura umano – divina che è il filosofo.

Nietzsche pur vedendo nella filosofia platonica l’ uccisione sistematica dello spirito dionisiaco, comprenderà in maniera acutissima l’ importanza delle dottrine non scritte, dicendo infatti: << L’ intera ipotesi [ di Schleiermacher ] sta in contraddizione con la spiegazione che si trova nel Fedro, ed è sostenuta mediante una falsa interpretazione. Infatti Platone dice che lo scritto ha il suo significato solo per colui che già sa, come mezzo di richiamo alla memoria. Perciò lo scritto più perfetto deve imitare la forma dell’ insegnamento orale: proprio al fine di ricordare il modo in cui colui che conosce è diventato conoscente. Lo scritto deve essere “ un tesoro per il richiamo alla memoria “ per chi scrive e per i filosofi suoi compagni. Invece per Schleiermacher lo scritto deve essere il mezzo, che è il migliore in secondo grado, per portare colui che non sa al sapere. La totalità degli scritti ha dunque una propria finalità generale d’ insegnamento e di educazione. Ma, secondo Platone, lo scritto in generale non ha una finalità di insegnamento ed educazione, ma soltanto la finalità di richiamare alla memoria per colui che è già educato e possiede la conoscenza. La spiegazione del passo del Fedro presuppone l’ esistenza dell’ Accademia, e gli scritti sono mezzi per richiamare alla memoria per coloro che sono membri dell’ Accademia. >>. ( 20 )

Tale tesi, risulta molto vicina alla prospettiva heideggeriana, il filosofo della “ Kehre “ in un testo di una conferenza dell’ agosto 1955 a Cerisy – la – Salle, porrà in rilievo la vicinanza della filosofia e della poesia dicendo: << Ora, poiché la poesia, se la confrontiamo col pensiero, è al servizio del linguaggio in un modo totalmente diverso ma altrettanto privilegiato, il nostro colloquio che riflette sulla filosofia è necessariamente portato a cercare il luogo del rapporto che intercorre tra pensiero e poesia. Fra l’ uno e l’ altra regna una parentela nascosta poiché entrambi si dedicano al servizio del linguaggio per il linguaggio e si prodigano per esso. Ma fra l’ uno e l’ altra sussiste pur sempre un abisso, poiché “ abitano sui monti più disparati “ >> ( 21 )

Il dialogo e l’ aforisma, due modalità espressive differenti ma entrambe legate ad una concezione dialettica e dinamica del linguaggio, addentrarsi nel dialogo alla pari della sfera empirica e cogliere attraverso una sorta reminiscenza ciò che va oltre al dialogo stesso, un “ meta “ da intendere come ” moyen “   euristico – regolativo, come esigenza stessa interna al pensiero platonico; l’ aforisma, breve fulmine scritturale,destinato a racchiudere in nuce la volontà di potenza espressiva e creatrice di un’ artista: imparare ruminando a comprendere nell’ ascolto visivo.

Solo mediante questa premessa possiamo capire il non utilizzo del sistema nella speculazione di questi due geni filosofici: risulta quindi un progetto anti – platonico quello di far divenire la sua filosofia un sistema, l’ unità è una possibilità non statica bensì dinamica e dialettica, Nietzsche dal canto suo, dirà espressamente: << Diffido tutti i sistematici e li scanso. La volontà di sistema è una mancanza di probità >>. ( 22 )

 L’ analisi sul problema del linguaggio in Nietzsche, ci ha implicitamente svelato come la realtà sia nel suo profondo un “ migma “ caotico, dove l’ unità e l’ intero sono solamente paradigmi di un pensiero forte sorto da una debolezza esistenziale di fondo: l’ incapacità di farsi seguaci di Dioniso.

Ciò che risulta interessante del discorso nietzscheano risiede nell’ aver depotenziato la ragione e svelato la dialettica di utilità e pragmaticità che si cela dietro, e in secondo luogo nel far naufragare definitivamente la pretesa di concepire la realtà come intero sottoposto alla ratio umana.

Possiamo trovare un punto di contatto con la teoria letterario – filosofico – estetica interna allo scritto di Pascoli “ Il fanciullino, “ dove il poeta italiano pur essendo formatosi in una cultura imbevuta di positivismo, avverte l’ insufficienza della ragione scientifica ( e metafisica ) nei confronti di una realtà avvolta dal mistero, dalla mille sfumature differenti, costituitasi su una poliedricità di poli interconnessi mediante una meta – logica abissale.

Pascoli compie all’ interno della cultura e letteratura italiana una vera e propria rivoluzione linguistica, conseguenza diretta della sua ontologia della frammentizzazione del reale.

Per comprendere in maniera esaustiva la problematica del linguaggio in Pascoli, che ancora oggi attira l’ interesse di emeriti studiosi, soffermiamoci su quel sublime manifesto della poetica di Pascoli che è “ Il fanciullino “.

Nell’ impossibilità di comprendere il gran mistero dell’ universo con la sfera dei sillogismi con i quali Socrate – secondo Nietzsche – aveva violentato la vita, sorge una nuova prospettiva fondata sull’ intuizione immediata del fanciullino, incapace di produrre dimostrazioni logico – razionali, e quindi paradossalmente unica apertura ermeneutica nel mondo e nella natura.

Ciò che pone su un piano superiore il fanciullino è lo stupore che egli prova nei confronti di tutto ciò che lo circonda , egli “ vede tutto con meraviglia( 23 ) si stupisce anche dinnanzi all’ aspetto che al nostro arido intelletto risulterebbe scontato e banale: “ egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione ( 24  ).  Si tratta di un approccio costituitosi sulla purezza interiore di un animo che riesce a cogliere il vero quid delle cose, proprio perché non ancora corrotto dal mestiere del vivere.

Ogni qual volta il fanciullino ripone il suo puro sguardo su ciò che lo circonda, questo rinasce a nuova vita, egli è quindi “ in presenza di un mondo novello ( 25 ), siamo quindi di fronte alla conditio prima della rivoluzione linguistica pascoliana.

In un punto del suo saggio Pascoli, in poche righe racchiuderà il segreto che sta alla base della scelta linguistica da lui seguita: “ E ciarla intanto, senza chetarsi mai; e, senza lui, non solo non vedremmo tante cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo neanche pensarle e ridirle, perché egli è l’ Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. Egli scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose( 26 ).

Capiamo quindi come la purezza intesa come apertura ermeneutica, sia un fatto in primis linguistico, dare un nome alle cose, significa lasciare che esse esprimano il mistero che le avvolge in connessioni abissali, meta razionali.

Il normale intelletto procede per passaggi graduali, costanti e logici, l’ intuizione del fanciullino coglie il profondo: la verità.

Si viene a comporre una metafisica delle piccole cose, piccole per gli occhi distratti ed irrigiditi dalla fredda ragione, grandi per il fanciullino che riesce a scorgervi rinvii sublimi.

Paradossalmente Pascoli è giunto più vicino a Nietzsche ( inconsapevolmente ) di quanto non l’ abbia mai fatto D’ Annunzio, il filosofo tedesco nel “ C.p.Z. “ trattando delle tre metamorfosi dello spirito parlava del fanciullo come emblema del dionisiaco, in quanto non incontrastato dal pensiero forte della metafisica, in tensione continua verso l’ accettazione dell’ esistenza.

Il fanciullo nietzscheano ed il fanciullino pascoliano, presentano differenze strutturali evidentissime, nello stesso tempo risulta interessante notare come seppur in maniera diversa, sia presente in entrambi il depotenziamento della ragione ( scientifica e metafisica ).

Per quanto concerne il linguaggio poetico, Pascoli utilizzerà una tecnica fonosimbolica correlata a continue sinestesie, le parole scientifiche sono in piena connessione con parole gergali, latine, italo – americane, una ricchezza espressiva davvero sorprendente, avviene una desemanticizzazione del linguaggio stesso, una divisione tra significato e significante.

La nostra indagine puramente filosofica sul linguaggio, al fine di elaborare una visione più profonda non può far a meno di porsi in correlazione con i risultati degli studi di linguistica, ci occuperemo quindi della prima rivoluzione linguistica attuata da Saussure e dalla grammatica trasformazionale di Chomsky.

Saussure avec le “ Cour de linguistique générale “ a eu une fonction très importante à l’ intérieur des études linguistiques et en relation au Structuralisme.

La sémiologie est la science qui s'intéresse de manière systématique aux signes sociaux, la linguistique est finalisée seulement à étudier les signes verbaux.

Pour Saussure la langue est une système des signes finalisée à la communication des idées ; la linguistique s’ occupe du langage d’ un point de vue de la langue.

Il fait une distinction d'importance fondamentale entre la langue comme système de règles que l’ individu ne peut pas modifier, règles héritées par la communauté sociale, la parole est le moment individuel et créateur de la langue.

Saussure en critiquant la théorie des nomenclatures, dira que le signe linguistique n'unit pas une chose à un nom mais une idée à une image acoustique, en même temps à l’ intérieur des études de linguistique distingue le sens du signifiant, le definiendum du definiens : le symbole qui est défini du moyen utilisé pour exprimer le sens.

Ces deux concepts font parti d’ un même réalité, entre le definiendum et le definiens il y a un rapport dynamique et dialectique.

En critiquant les théories linguistiques précédents, Saussure fait une distinction très importante entre la dimension synchronique de la dimension diachronique, la première représente structure - statique de la langue, la seconde analyse la langue d’ un point de vie de l’ évolution – temporelle.

Dans la langue il y a les deux sphères, Saussure préfère la dimension diachronique comme fondamental dans la recherche linguistique.

La recherche de Saussure aura des conséquences méthodologiques importantes, car il permet une considération mathématique - quantitative du langage, basée sur formalisations et modélisations abstraits. L'École de Genève a approfondi l'étude expressive du langage (la stylistique). Antoine Meillet, a insisté sur le facteur social et anthropologique de la langue,  pour Émile Benveniste, élève de Meillet entre le sens et signifiant il y un rapport de nécessité.

La linguistique de Saussure a influencé  l'École de Prague , fondée en 1926, cette école a eu nombreux spécialistes d'importance mondiale, Jakobson et Nikolay Sergeevič Trubeckoj.

La langue n'est pas seulement un fait systématique, mais une fonction finalisée à réaliser buts précis : les langues existent en relation aux applications. En opposition à l’ École de Genève, on cherche à montrer une parfaite liaison entre la dimension synchronique et la dimension diachronique  et en même temps un intérêt existe pour la phonologie et le phénomène de la différenciation linguistique – phonétique.

L'École de Prague a eu des influences sur le structuralisme de Lévi Strauss pour la négation de la fonction fondamentale de la conscience.

L’ École de Copenaghen et la revue «  Acta linguistica «  ont analysé le problème de la langue d’ un point de vue scientifique et formelle.

Saussure con i suoi «  Corsi di linguistica generale « rappresenta la prima svolta o rivoluzione negli studi di linguistica che si compie in relazione e grazie allo Strutturalismo francese; Noam Chomsky, pensatore ebraico – russo con la grammatica trasformazionale generativa inaugurerà un nuovo modo di concepire la linguistica.

Chomsky is a very important studious of linguistics, with “ The structures of the syntax “, he wants to improve the traditional linguistics, Chomsky makes a distinction between " nuclear " sentences and " complex " sentences.

The grammar - generative transformational is based on mathematic and calculation, after the subdivision between nuclear and complex sentences, Chomsky develops the couple “deep structures and superficial structures “ with he shows the importance of generative technique in grammar and possibility to build endless propositions.

There is an universal grammar that is the base of all the linguistic demonstrations, the languages are different expressions of a same unity.

Competence and execution, correspond to the division of Saussure between " language " and " words ", but at the same time man can have an active role in the language-

Chomsky underlines the importance of creative of language, because man has an innate structure of mind, that him allows to deny the theses of the Structuralism, of the Behaviourism.

After the first studies, Chomsky will develop a conception based on genetic and the importance of experience and social influences; one of the fundamental problems in the search of Chomsky,  is the relationship mind - body

The minimalist program would study the biology of mind and at the same time, shows the impossibility to reduce the language on the biological plan.

 

 

 

 

  

 Bibliografia.

 

( 1 ) Tractatus logico – philosophicus ( proposizione 5.6 ), L. Wittgenstein.

( 2 ) Sepolcri, U. Foscolo.

( 3 ) DK 68 B 5 Frammenti, Democrito.

( 4 ) PERI FUSEWS, Parmenide a cura di Giovanni Reale.

( 5 ) Sul non ente, Gorgia, tratto da “ I sofisti e Socrate “ di Francesco Adorno.

( 6 ) I sofisti, Socrate e le scuole socratiche, di Salvatore Natoli, tratto dalla “ Storia del pensiero occidentale “ diretta da Emanuele Severino.

( 7 ) Encomio di Elena, Gorgia, tratto da “ I sofisti e Socrate “ di Francesco Adorno.

( 8 )  Fenomenologia dello spirito, G. W. F. Hegel.

( 9 )   Ideologia tedesca,  K. Marx & F. Engels.

( 10 ) Forme economiche precapitaliste, Karl Marx.

( 11 ) De l’ Allemagne, Madame de Staël.

( 12 ) Odi, Cinque Maggio ( verso 31 ), Alessandro Manzoni.

( 13 )  Odi, Cinque Maggio ( versi 95 96 ), Alessandro Manzoni.

( 14 ) Les Rayons et les ombres ( 1840 ), Victor Hugo.

( 15 ) Preface of second edition of Lyrical Ballads, Wordsworth.

( 16 ) Verità e metodo, Gadamer.

( 17 )  Fedro 274 d – 275 a, Platone ( traduzione Gallo Galli ).

( 18 )  Fisica 209 b, Aristotele.

( 19 ) Metafisica, Libro I ( A ), 6, 987 b 15 – 30, Aristotele ( traduzione Antonio Russo ).

( 20 )   Opere raccolte. Quarto volume: Conferenze, scritture e lezioni ( pag. 370 ) F. Nietzsche

( 21 ) Che cos’è la filosofia? M. Heidegger.

( 22 ) Crepuscolo degli idoli, “ Sentenze e frecce “ aforisma numero 26, F. Nietzsche.

( 23 ) Il fanciullino, Pascoli.

( 24 ) Ibidem.

( 25 ) Ibidem.

( 26 ) Ibidem.

 


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