NIETZSCHE E BURCKHARDT



Baumgarten e Shaftesbury

 

 

Il rapporto Nietzsche Burckhardt è complesso non solo per quanto concerne l’ aspetto culturale – filosofico, ma anche per la dimensione umana, per l’ esperienza di due grandi uomini della cultura che nutriranno e vedranno nell’ altro rispettivamente [ nel caso di Nietzsche ] il proprio io proiettato sotto l’ occhio della temporalità [ Nietzsche vedrà in Burckhardt una sorta di se stesso più anziano ] o addirittura una conoscenza inizialmente formale ed infine scomoda, per non dire fastidiosa [ Burckhardt ].

La storia tra Burckhardt e Nietzsche è la storia di un amore non corrisposto, per tutto il corso della sua vita Nietzsche cercherà di entrare nelle grazie del grande studioso svizzero senza raggiungere mai risultati positivi, o addirittura incontrando cocenti delusioni.

Nietzsche era un genio precoce filologicamente parlando, fu il più illustre discepolo di F. Ritschl, quest’ ultimo era in forte opposizione culturale con un altro illustre uomo di cultura O. Jahn.

Avendo pubblicato degli articoli su riviste importanti dell’ epoca, Nietzsche non dovette scrivere la tesi universitaria, arrivò a 25 anni a Basilea per insegnare come professore universitario.

Questa era la normale procedura accademica dell’ epoca: i giovani tedeschi che si dimostravamo dotati di particolari qualità, avevano la possibilità di fare un’ esperienza d’ insegnamento a Basilea [ in una zona della Svizzera molto “ tedesca “ ], una sorta di esilio, tale da permettere di forgiarli per le rinomate università tedesche.

Qui, subì il fascino di J. Burckhardt e dell’ autore del “ Matriarcato “, il primo nato nel 1818 morirà nel 1897 tre anni prima della morte di Nietzsche, quest’ ultimo – come abbiamo avuto modo di mostrare poc’ anzi – cercherà di costruire un dialogo con Burckhardt che rimarrà sempre formale, fino all’ interruzione della corrispondenza epistolare voluta dallo storico tedesco.

Per comprendere il difficile rapporto Nietzsche – Burckhardt, soffermiamoci brevemente sulla figura della sorella di “ Fritz “ Elisabeth Förster Nietzsche che svolgerà per certi versi una funzione similare a quella svolta da Jacob Oeri per quanto concerne la pubblicazione degli appunti dello zio nel 1905 [ nonostante la volontà da parte di Burckhardt ], dando una veste sistematica a conferenze di vari anni; la “ sorella parafulmine “ per usare l’ espressione di un noto studioso [ M. Ferraris ] compirà un processo di sistematizzazione dei frammenti nietzscheani per elaborare il testo “ Volontà di potenza “, che in realtà Nietzsche non scrisse mai, nonostante fosse nei suoi progetti realizzare un’ opera intitolata “ Tentativo di tra svalutazione di tutti i valori “.

Nel 1895 Elisabeth si industriò per costruire le basi finalizzate a fondare l’ Archivio – Nietzsche, per far ciò si recò presso Burckhardt per ottenere un’ importante testimonianza per il suo progetto, testimonianza che non ebbe in quanto un Burckhardt ormai malato si oppose al tentativo di accostare il suo nome a quello del genio di Röcken; paradossalmente notiamo come J. Oeri nella scelta del titolo da dare al confuso manoscritto dello zio scelse un titolo che richiamasse l’ opera di Nietzsche, ormai avvertita come un evento culturale estetico di un “ autore “ [ non facciamo uso della parola filosofo, proprio perché si comincia a captare la grandezza di pensiero di questo autore, solo  a partire dal 1935 con la pubblicazione del testo di Löwith ] di primaria importanza sulla scena europea.

Al di là della manomissione delle opere del fratello [ con la collaborazione di Peter Gast ], Elisabeth è responsabile – potremo dire in senso mediatico – esteriore – della nazificazione nietzscheana, si pensi a quando donò uno dei bastoni da passeggio di Fritz a Hitler, nell’ occasione in cui quest’ ultimo si recò all’ Archivio – Nietzsche.

La sorella è “ maledetta “ dallo stesso Nietzsche in quanto fortemente antisemita come del resto suo marito insieme al quale fondò una colonia ariana in Paraguay destinata al fallimento per ragioni economico – finanziarie.

Otto, ideale discepolo nietzscheano dice che quando citiamo Nietzsche dobbiamo per forza fare il nome della sorella, da notare come il discorso di Otto sia in termini positivi, nonostante sappiamo di come Elisabeth sia stata negativa ed d’ intralcio per la comprensione del pensiero nietzscheano e per la “ cattiva “ fama [ in certi contesti ] ad esso legata.

Nel proprio testamento, J. Burckhardt scrisse precisamente al nipote di bruciare quei manoscritti ed appunti [ che oggi fanno parte del “ Sullo studio della Storia  “ ], e di far pubblicare l’ opera su Rubens e sull’ arte nel Rinascimento italiano.

In Italia la prima traduzione dello scritto risale ad Enzo Paci ed è del 1945, ne avremo una seconda nel 1946,  un’ altra del 1960 di Montinari, ed un’ altra ancora di Cantimori.

Nel testo Burckhardt dichiara che non esiste una storia universale e per giunta non gli interessa la filosofia della storia, l’ obbiettivo polemico è Hegel e la sua scuola di pensiero; Dilthey disse che la genialità storica di Hegel era limitata nelle maglie del sistema, un po’ come farà Engels quando dirà che bisogna estrapolare la dialettica hegeliana abbandonando il sistema.

In uno scritto Löwith analizza la concezione storico – cristiana in rapporto a quella greco – pagana, facendo riferimento sia a Nietzsche che a Burckhardt in maniera notevolmente interessante.

Per il paganesimo la storia non ha un inizio né una fine, soggiace all’ eterno, gli dei dell’ Olimpo abitano nel mondo e sono privi di qualunque dote creativa; la stessa filosofia greca non aveva le categorie concettuali per concepire la creazione, che sarà introdotta dalla tradizione ebraico – cristiana, Löwith indica nella “ creatio ex nihilo “ di S. Agostino questo passaggio fondamentale della cultura occidentale.

Parmenide con il suo “ Essere “ eterno e statico, Platone con il demiurgo [ mito narrato nel “ Timeo “, dialogo fatto proprio da coloro che daranno un’ interpretazione mistica di Platone ] ed Aristotele con il “ pensiero di pensiero “ quale l’ Atto primo l’ entelechia che muove il mondo in senso finalistico, sono la testimonianza più lampante come nella cultura greca sia estraneo il concetto di “ creazione “.

La storia in S. Agostino diviene “ civitas dei “, esperienza ripresa da Hegel con la sua filosofia della storia, che come nota acutamente L. Feuerbach non è altro che una “ teologia mistificata “.

Per Löwith Burckhardt rappresenta – in senso radicale – la fine di questo modo cristiano – hegeliano di concepire la storia, egli recide il legame tra passato e futuro eliminando il piano finalistico: si può quindi concludere che paradossalmente Burckhardt sia stato – nota Löwith – più inattuale di Nietzsche, che mantiene sempre [ basti pensare alle “ Considerazione inattuali ] un modo di vedere tradizionalista, Löwith si riferisce a quando Nietzsche sostiene che è possibile realizzare nel futuro ciò che è accaduto nel passato [ Burckhardt scrive che bisogna avere  “píetas “ verso il passato ].

Il titolo scelto da J. Oeri per lo scritto frammentario di Burckhardt ha un forte peso teoretico, implicitamente si rifà all’ opera nietzscheana, questo è spiegabile mediante il fatto che Nietzsche stesse assumendo un’ alta notorietà, musicisti quali Strauss e Mal realizzeranno opere “ dedicate “ al genio di Röcken, quest’ ultimo diresse una sinfonia il cui terzo atto si chiude con il “ Canto del nottambulo “ dello Zarathustra.

In Italia, D’ Annunzio dopo che come dice Croce lesse in maniera superficiale Nietzsche gli dedicò un componimento poetico dal titolo “ In morte di un distruttore “; Svevo a differenza di D’ Annunzio ebbe modo di leggere più attentamente l’ autore tedesco nella sua lingua originale.

Nel 1935 uscirà un testo di  Löwith su Nietzsche [ “ Nietzsche e l’ eterno ritorno “ ], nel 1936 uno studio di Jaspers [ “ Nietzsche. Introduzione alla comprensione del suo filosofare “ ] ed infine tra il 1936 – 1946 Heidegger lavorerà a Nietzsche, scrivendo un’ opera di fondamentale importanza nel pensiero del 900’.

La fama di Nietzsche comincia a presentarsi quando ormai il filosofo tedesco stava ammalandosi di pazzia [ 1895 – 1896 ], ironia della sorte, solo quando non poté più saperlo il suo nome iniziò ad avere un’ eco a livello culturale – europeo [ eccetto il caso Brandes ].

Quale fu il rapporto tra Nietzsche e Burckhardt? Si è detto in precedenza come sia stato un rapporto – almeno da parte dello studioso svizzero – freddo, formale e scomodo, Nietzsche invece nutriva verso la sua figura una sconfinata ammirazione non ricambiata: si tratta ora di vedere nel dettaglio questa storia umano – culturale tra due giganti della cultura.

In generale nella trattazione della vicenda, si comincia dall’ inizio, nel nostro caso faremo un’ eccezione.

Il 6 gennaio 1889 Nietzsche scrisse da Torino una lettera a J. Burckhardt con la quale da un lato si manifestava l’ aurora della sua pazzia e dall’ altro proprio con questa epistola interruppe definitivamente i “ rapporti e le corrispondenze “ con il suo grande Burckhardt.

La strana e difficile liaison Nietzsche – Burckhardt inizia almeno per quanto concerne l’ autore del “ Crepuscolo degli idoli “ il 7 novembre 1870 [ sulla data si discute se sia corretta, ma tale problema è come direbbe Vattimo per un altro ambito ” pseudo – problema “ ], Nietzsche scrisse una lettera dove disse di aver provato un profondo godimento per aver partecipato ad una lezione improvvisata [ ma altrettanto “ magistralis “ agli occhi del giovane Nietzsche ] di Burckhardt sulla grandezza della storia completamente nel suo modo di sentire e pensare [ in realtà questa fu una speranza delusa ].

Secondo Nietzsche Burckhardt è troppo prudente perché non si interessa a questioni politiche, e nello stesso tempo subisce una forte influenza schopenhaueriana [ questo aspetto è fondamentale per la ricostruzione di J. Oeri ]; inoltre egli crede [ Nietzsche ] di essere l’ unico ascoltare tra i sessanta, di capire a fondo i sentieri della riflessione burckhardtiana.

Da un lato il giovane filosofo dichiara non del tutto sinceramente la sua influenza schopenhaueriana e dall’ altro come la Prussica rappresenti con il suo sviluppo un’ influenza in senso anti – culturale [ sussiste un’ anticipazione della volontà di voler scrivere un’ opera inattuale ( che verrà scritta più avanti ) sul problema delle scuole ].

Il 13 settembre 1882 Burckhardt scrisse a Nietzsche per ringraziarlo dell’ invio de “ La gaia scienza “, al di là del ringraziamento [ sempre molto formale ] Burckhardt pose una questione: cosa sarebbe se Nietzsche fosse un professore di storia [ in senso sistematico ] dato che nelle sue opere sono contenute tesi rivoluzionarie di tipo storico?

La visione nietzscheana sarebbe secondo Burckhardt contro il “ consensus populorum “; Nietzsche cita tre volte Burckhardt nelle sue opere [ una volta nell’ Inattuale sulla storia ] ed due volte nel “ Crepuscolo degli idoli “], questo aspetto è importante perché Nietzsche raramente ha citato un suo contemporaneo nei suoi scritti [ Strauss è citato con intento critico – demolitorio ].

Nietzsche quando parla della “ storia antiquaria “ vede in questa prospettiva una “ píetas “ verso il passato [ termine già usato da J. Burckhardt come abbiamo avuto modo di vedere in precedenza ]; Spengler ne “ Il tramonto dell’ Occidente “ oltre alla distinzione tra natura [ mondo del divenuto ] e storia [ mondo del divenire ], dice che nell’ Occidente è iscritta una lettura della storia che prevede “ píetas “ verso il passato.  Nietzsche riprendendo Burckhardt scrisse [ come vedremo Burckhardt stesso non apprezzerà questa citazione ] che gli italiani nel Rinascimento non hanno fatto altro che guardare verso il passato greco – latino per attingervi; Burckhardt rispose alla citazione con una lettera del 1874 dicendo: “ la sua cortese citazione a pag. 29, è per me un motivo di una certa preoccupazione “.

Il titolo che emerge dagli scritti disordinati di Burckhardt è diverso da quello dato poi da J. Oeri, nel possibile titolo originario di Burckhardt era presenta la parola tedesca “ Geschichte “che significa storia in senso comune [ accadere degli eventi ], Nietzsche utilizza nel titolo della considerazione inattuale “ Sull’ utilità ed il danno della storia per la vita “ il termine “ Historie “ che designa la “ storiografia “ [ o più semplicemente studio della storia ]  come lo intese Erodoto [ nell’ accezione di ricerca, investigazione ].

Abbiamo potuto vedere come il rapporto Nietzsche – Burckhardt sia complesso e differentemente vissuto da entrambi, Nietzsche nutrirà una venerazione straordinaria per il grande studioso della storia, Burckhardt invece, terrà un comportamento formale che diverrà infine una forma di fastidio per filosofo del superuomo.

J. Oeri descrive la differenza che intercorreva tra i due uomini [ dal punto di vista del vestire ], all’ inizio degli anni di Basilea: Burckhardt portava i suoi abiti fino a che sono consumati, Nietzsche sembrava un damerino, teneva molto al vestire [ è il primo a Basilea che porta una giacca scura su pantaloni chiari ].

L’ influenza di Burckhardt su Nietzsche è registrabile in tutta l’ opera nietzscheana [ gli autori non hanno mai avuto un’ influenza così duratura ]; in “ Umano troppo umano “ Nietzsche decide di prendere le distanze da Schiller, che viene visto insieme ad Humboldt come il rappresentante di una “ Grecia platinata “.

L’ opera in cui si avverte una maggiore presenza di Burckhardt è la seconda considerazione inattuale “ Sull’ utilità e il danno della storia per la vita “.

G. Colli nella prefazione al testo di Burckhardt “ Sullo studio della Storia “ [ tradotto da Montinari per Boringhieri ] ha avanzato l’ ipotesi – notevolmente suggestiva – che non solo Burckhardt abbia influenzato Nietzsche, ma viceversa.

La concezione della storia che Nietzsche espone nella II inattuale è – scrive Löwith – diametralmente opposta a quella Burckhardt; le “ inattuali “ sono il risultante di varie influenze culturali operate sulla personalità di Nietzsche.

Prima di addentrarci nella nostra analisi, risulta necessario per una comprensione possibilmente esaustiva del discorso, soffermarci sulla parola “ inattuale “, traduzione italiana di una parola composta tedesca, che non esaurisce il significato profondo datone da Nietzsche.

“ Un – zeit – gemäß “ é stato tradotto in italiano molto frequentemente con “ inattuale “, a volte con “ intempestiva “, letteralmente significherebbe “ ciò che non è comparato al tempo.

Quattro sono le “ Inattuali “ pubblicate da Nietzsche, nei frammenti postumi c’era l’ idea di pubblicarne una dal titolo “ Noi filologi “, “ Umano troppo umano “ nacque inizialmente come “ Considerazione inattuale “, si doveva chiamare “ Lo spirito libero “, se leggiamo il titolo dell’ opera per completo di “ Umano troppo umano “, troviamo scritto: “ Umano troppo umano. Un libro per spiriti liberi “.

Prestiamo la nostra attenzione sulla nascita della prima “ Considerazione inattuale “, sollecitata da Wagner, al fine di creare un libercolo contro David Strauss ( teologo hegeliano, autore de “ La vita di Gesù ). Quale ragione spinse Wagner a far scrivere al giovane amico Nietzsche un testo del genere?

Il re Ludwig di Baviera verso la seconda metà dell’ Ottocento decise di indire un concorso per la direzione del teatro di Monaco, due furono i maggiori pretendi, tra i quali c’era Wagner che qualche anno prima aveva già avuto modo di tenere la direzione del teatro.

Le speranze di Wagner s’ infransero a causa dell’ intervento di David Friedrich Strauss che con il suo prestigio culturale spinse Ludwig a scegliere il rivale di Wagner.

Dopo quest’ episodio, Strauss passato da una posizione filo – hegeliana ad un’ ottica più marcatamente materialistico – positivista, scrisse un testo di grande successo intitolato l’ “ Antica e la nuova fede “ [ dove la nuova fede è quella relativa al progresso analizzata sotto la prospettiva teologica ].

Nietzsche nonostante in gioventù avesse letto le opere di Strauss apprezzandone il contenuto e le idee, non poté rifiutare la richiesta di Wagner, e si prestò a scrivere un breve testo contro l’” Antica e la nuova fede “.

La critica nietzscheana non si compii da un punto di vista teologico – filosofico tout court, bensì avvenne sul fronte squisitamente stilistico, demolendo Strauss in realtà Nietzsche criticò la cultura della Germania dell’ epoca.

Proprio in quest’ opera Nietzsche coniò un termine destinato ad avere grande successo “ filisteo della cultura “; storicamente il termine filisteo è presente nell’” Antico testamento “ e per filisteo s’ intende colui che è contro il popolo eletto, Nietzsche nonostante dica di tollerare i normali filistei [ utili economicamente ] tenne una posizione durissima contro i “ filistei della cultura “, la borghesia che pretende di avere possesso dell’ arte delle Muse.

Si tratta di una critica di Nietzsche accesa e radicale, ciò che è interessante sottolineare è come Nietzsche si pentirà di tale scritto, in una lettera ad un amico dirà appunto che la sua speranza risiede nel fatto che Strauss non abbia mai udito il suo nome.

Nella prefazione alla seconda considerazione inattuale, Nietzsche cita Goethe che scrive a Schiller dicendogli che la vera conoscenza è quella capace di vivificare, quindi un’ istruzione senza vivificazione non è vera Bildung.

 

“ Solo in quanto la storia serva alla vita, vogliamo servire la storia “. Nietzsche, II considerazione inattuale.

 

Il passo riportato segna  irrimediabilmente un’ opposizione tra Burckhardt e Nietzsche, quest’ ultimo ad avviso di Löwith nutre in sé un forte antistoricismo.

Lo studio della storia implica per Nietzsche “ memoria ed oblio “, la tesi dell’ oblio è ripresa da Leopardi che nota come gli animali in quanto dimentichino subito e vivano dell’ attimo siano felici.

Nietzsche sotto l’ influenza di Schopenhauer aveva letto Leopardi, prima in tedesco ed in un secondo tempo in italiano [ Nietzsche aveva fatto vari viaggi in Italia, apprendendo la lingua ], conoscendo l’ autore di Recanati.

Il popolo tedesco è storico [ in accezione negativa ] nella misura in cui non è inattuale, ma cosa significa filosoficamente il termine “ inattuale “? Essere inattuali significa guardare al di là della prospettiva storica nell’ attualità; già per professione Nietzsche dice che la sua filologia è una manifestazione lampante di inattualità, bisogna andare nel tempo contro il tempo [ da quest’ espressione sembra problematico parlare di antistoricismo nietzscheano tout court ].

Dobbiamo però porci una domanda di fondamentale importanza: da dove nasce questa ansia per il futuro in Nietzsche? Chi sono coloro che lo influenzano culturalmente su questo piano?

Oltre a Wagner si deve notare soprattutto l’ influenza di Feuerbach che in “ I principi della filosofia dell’ avvenire “ spezza l’ equazione hegeliana reale ed ideale, e si pone come prospettiva verso il futuro.

Abbiamo citato Wagner e Feuerbach, ma la vera influenza – paradossalmente Nietzsche – la troverà in Burckhardt, in suo scritto sul Rinascimento [ “ Cultura del Rinascimento “ ], dove lo studioso tedesco scrisse espressamente che nel Rinascimento non di realizza quella specializzazione culturale – scientifica che tanto caratterizza la modernità, il mecenate è un uomo di grande cultura, l’ umanista di allora non si faceva portavoce di un sapere oggettivo, bensì le sue conoscenze erano al servizio della vita [ si è trovata la sorgente da cui Nietzsche ha attinto il suo concetto di storia per la vita ].

I grandi signori del Rinascimento sono “ signori della violenza “ o “ artisti della violenza “ [ espressioni che Nietzsche apprezzerà molto, tali uomini hanno volontà di potenza ].

L’ arte nel Rinascimento ha un valore ontologico – politico, ontologico in quanto pone in essere la città, politico poiché esprime la magnificenza del signore e si pone come tecnica di “ controllo sociale “, Burckhardt docet.

Burckhardt vede tra Rinascimento e Modernità una frattura  insanabile, l’ umanista appartiene a quel passato verso il quale bisogna avere “ pietas “, in Nietzsche c’è un ‘esigenza di infuturamento, si avverte la possibilità che la grandezza della tragedia attica [ Eschilo, Sofocle ]  possa rinascere [ Nietzsche vede nell’ arte totale di Wagner la ritrovata cultura del passato greco – attico della tragedia ].

Il maestro di Nietzsche definirà “ La nascita della tragedia “ una “ stravaganza geniale “, uno scritto non filologico, bensì filosofico; l’ uscita dell’ opera nietzscheana rimarrà nel silenzio tanto da chiedere a E. Rohde la ragione di tale silenzio, quest’ ultimo scriverà una breve introduzione allo scritto nietzscheano, che sarà oggetto delle feroci critiche di U. von Wilamowitz – Moellendorf.

Wilamowitz scrisse un testo contro “ La nascita della tragedia “, criticando Nietzsche di far uso di un metodo poetico, e non scientifico ( critico – storico ), oggi sappiamo che molte delle obiezioni di Wilamowitz siano in realtà errate: Nietzsche secondo il grande studioso tedesco, non faceva filologia [ fu un’ esperienza atroce per Nietzsche, che tentò di insegnare filosofia, senza riuscirvi per impedimento del corpo docente ].

Allo scritto di Wilamowitz, risponderà Rohde con un testo intitolato “ Filologia deretana “, nel tentativo di difendere Nietzsche, già dal titolo possiamo immaginare la ferocia della critica messa in opera dal grande filologo tedesco [ Rohde ].

Nonostante le intuizioni nietzscheane fossero corrette, come poi attesteranno studi successivi, una parte di ragione Wilamowitz la detenne nella misura disse che Nietzsche non compiva un lavoro filologico in senso stretto.

In precedenza abbiamo visto come il rapporto Nietzsche – Burckhardt sia complesso culturalmente ed umanamente;” Fritz “ [ Nietzsche amava firmarsi così nelle lettere alla sorella ] non colse mai la sottile e tagliente ironia che tanto caratterizzava il modo che Burckhardt aveva di relazionare con lui.

Nonostante il comportamento freddo e poi infastidito di Burckhardt, si può ipotizzare che ci sia stato – anche se breve – un atteggiamento non totalmente negativo nei confronti di Nietzsche?

Possiamo rispondere a questa domanda, mediante un brano di una conferenza tenuta dallo stesso Burckhardt, dal titolo “ A proposito della considerazione storica della poesia “, dove si legge una breve ma intesa parentesi in puro stile nietzscheano, Burckhardt scrisse a riguardo: “ Il dramma attico getta squarci di luce su tutta l’ esistenza attica e greca. In primo luogo, la rappresentazione è stata qui una questione sociale di primaria importanza, agonale nel senso più elevato, con i poeti in gara tra loro.

Riguardo poi alla maniera e al modo di trattarla: la nascita misteriosa della tragedia “ dallo spirito della musica “. Il protagonista riecheggia Dioniso e tutto il contenuto è soltanto mito, mentre si evita la storia, che molto spesso incombe da vicino.

Ferma volontà di rappresentare l’ umano in forme tipiche e non conformi alla realtà; convinzione circa l’ inesauribilità dell’ epoca arcaica, di quella degli dèi e degli eroi. “

Dalla lettura di questo breve passo, si evince il suo forte richiamo nietzscheano non solo presente nella frase citata tra virgolette, bensì nell’ impianto teorico – concettuale dove il nome di Dioniso riecheggia nietzscheanamente come fulcro ed origine della tragedia attica, verso il quale i personaggi non sono altro che manifestazioni mediante la maschera del Dio – umano greco [ nato dall’ unione di Zeus e di una mortale ].

Il periodo di vita della tragedia attica è relativamente corto, si parla di un centinaio di anni, cominciò a sfiorire quando aveva raggiunto la sua massima espressione culturale nel mondo greco; lo stesso Aristotele si meraviglia della brevità esistenziale – cronologica di tale manifestazione artistica [ vedi “ Poetica ].

Dalle gare che si svolgevamo in materia tragica ci è pervenuta una sola trilogia [ impianto costituito su tre tragedie ed un dramma satiresco ], si tratta di quella di Eschilo.

Quanto cita Burckhardt parafando Nietzsche, era già stato anticipato qualche anno primo da Müller in un suo scritto.

Burckhardt cita il primo titolo della “ Nascita della tragedia “, ma come ciò è possibile se il testo nietzscheano doveva ancora uscire? M. Ghelardi in una nota risponde dicendo che quella di Burckhardt sarebbe una sorta di citazione preveggente in quanto lo storico tedesco conosceva bene le cose nietzscheane.

In realtà, ciò che dice Ghelardi non è fondato filologicamente, la risoluzione di tale enigma si troverebbe nel fatto che Burckhardt era solito rivedere i testi delle sue conferenze, anche a distanza di tempo.

Secondo Nietzsche il concetto di idea in Platone nasce dalla tipizzazione ed universalizzazione dell’ uomo presente nella tragedia attica; un altro aspetto su cui bisogna prestare notevole attenzione risiede nella distinzione operata da Burckhardt [ in perfetto stile nietzscheano ] tra il mito [ che è una considerazione del tempo “ sub species aeternitatis “ ] e la storia [ considerazione del tempo “ sub species seculi “ ].

Si comprende ergo come in questo passo burckhardtiano non si presenti quel rapporto freddo e distaccato che Burckhardt avrà in seguito con Nietzsche.

Quando avviene la vera lacerazione tra i due?

Alla pubblicazione della II inattuale, Burckhardt reagì con toni stizziti mostrando la sua preoccupazione per la citazione di Nietzsche in suo onore, in uno scritto che doveva essere agli occhi di Nietzsche dedicato al suo grande “ amore “Burckhardt.

Ciò che risulta interessante sottolineare è come Nietzsche fosse attratto da due grandi uomini di cultura che tra di loro nutrivamo una feroce antipatia: Burckhardt e Wagner.

Burckhardt mostra subito un atteggiamento critico – demolitorio verso Wagner visto come colui che ha svenduto la cultura alle masse; tale giudizio farà come vedremo in seguito la sua comparsa anche in Nietzsche, con toni assai radicali.

Nietzsche dopo la pubblicazione della “ II Inattuale “ terrà una posizione notevolmente autocritica, dicendo che tale scritto non era contro la storia, bensì con lo storicismo che ingabbia e pietrifica il flusso vitale [ nella prefazione al secondo libro di “ Umano troppo umano “ possiamo scorgere un tentativo di ridurre la portata concettuale e filosofica del suo scritto ].

Non sarebbe una rinuncia alla storia – sostiene Nietzsche – ma un processo di cura dalla malattia storica, nel 1879 aveva scritto nell’ aforisma 17 “ Delle opinioni e sentenze diverse “, dove contrapponeva la metafisica [ un regno di nebbia e foschia, si avverte una possibile lettura hegeliana di Nietzsche ] ed i suoi rappresentanti [ usando l’ espressione “ Interweltler “ coniata dal greco “ metafisica “ ] al mondo della storia, così ricco di sfumature e mutamenti vitali.

La metafisica sarebbe quindi una dimensione [ proprio in questo punto si potrebbe scorgere una ripresa in senso negativo di Nietzsche, del passo iniziale della “ Scienza della logica “ di Hegel, dove si dice: “ Il sistema della logica è il regno delle ombre, il mondo delle semplici essenzialità, libero da ogni concrezione sensibile. Lo studio di questa scienza, la dimora e il lavoro in questo regno delle ombre, è l’ assoluta educazione e disciplina della coscienza “. Hegel, “ Scienza della logica “, “ Concetto generale della logica “, pag. 41 ] di pure ombre, dove non avviene mai mutamento in quanto è una dimensione al di fuori del tempo e dello spazio.

Sorge spontanea una domanda, che peraltro ha fatto arrovellare molti studiosi nietzscheani: Come risulta possibilità conciliare la prospettiva dell’ eterno ritorno dell’ uguale con questa concezione storico – temporale presente in questi scritti?

Si tratta di un problema ancora aperto, Löwith ad esempio vede inconciliabili le due teorie, inoltre sempre per Löwith la volontà di potenza non sarebbe altro che una riproposizione delle capacità creativo cristiana del Dio biblico.

In “ Ecce homo “ [ l’ autobiografia intellettuale di Nietzsche ] Nietzsche scrisse nella breve sezione dedicata a “ Le considerazioni inattuali “: “ La seconda Inattuale ( 1874 ) mette in luce quanto c’è di pericoloso, corrosivo e venefico per la vita nel nostro modo di praticare la scienza - : la vita malata a causa di questo ingranaggio e meccanismo disumanizzato, a causa della “ impersonalità “ del lavoratore, di questa falsa economia della “ divisione del lavoro “. Si perde lo scopo, ossia la civiltà – e il mezzo, cioè la pratica scientifica moderna, viene barbarizzato… In questa dissertazione il “ senso storico “, di cui va fiero questo secolo, fu riconosciuto per la prima volta come malattia, come segno tipico della rovina “. Nietzsche, “ Ecce homo “, “ Le considerazioni inattuali “ pag. 74.

In primis notiamo una forte influenza da parte di Schiller, Nietzsche non riprende solo il termine “ barbarie “ cui Schiller definiva la situazione nella modernità dove i principi della morale astratta violentano la sensibilità, riespone radicalizzandone il contenuto alcune delle prospettive più importanti schilleriane.

Anche se sappiamo che Nietzsche non lesse mai Marx, c’è un’ evidente similitudine della situazione descritta da Nietzsche, e l’ alienazione di cui parla Marx nel “ Capitale “ dove l’ operaio diviene mera forza lavoro.

Abbiamo visto in precedenza come ci sia una distinzione teoretica tra il termine “ Kultur “ [ a cui faranno riferimento positivamente Spengler, Mann, Junger, Nietzsche ] e la Zivilisation “ intesa in senso prettamente negativo.

Nietzsche nell’ aforisma 242 interno in “ Al di là del bene e del male “ nella sezione “ Popoli e patrie “, scrisse: “ Si chiami pure “ civilizzazione “ o “ umanizzazione “ o “ progresso “ ciò in cui oggi viene cercato il tratto distintivo degli Europei; o lo si chiami semplicemente senza lode e biasimo, con una formula politica, il movimento democratico dell’ Europa; dietro tutte le ragioni morali e politiche ostentate, a cui si rimanda con tali formule, si compie un immenso processo fisiologico che si fa sempre più fluido – il processo di un’ omogeneizzazione degli Europei, il loro crescere distaccato dalle condizioni nelle quali sorgono razze legate al clima e alle classi, la loro crescente indipendenza da ogni milieu determinato che vorrebbe imprimersi per secoli sempre con le stesse esigenze nell’ anima e nel corpo – dunque la lenta ascesa di un tipo umano essenzialmente sovranazionale e nomade che, detto in termini fisiologici, possiede, come suo contrassegno caratteristico, un massimo di arte e forza di adattamento. Questo processo dell’ Europeo in divenire, che può essere rallentato nel suo ritmo da grandi ricadute, ma che forse proprio per questo guadagna e cresce in veemenza e profondità – ne fa parte l’ ancor oggi imperversante Sturm und Drang del “ sentimento nazionale “, come anche l’ anarchismo che proprio adesso sta venendo su – questo processo porterà probabilmente a risultati sui quali vorrebbero contare meno di tutti i suoi ingenui promotori e laudatori, gli apostoli delle “ idee moderne “. Le stesse nuove condizioni tra le quali si formerà in media un livellamento ed una mediocrizzazione dell’ uomo – un utile laborioso, variamente adoperabile e duttile animale del gregge – sono atte nel più alto grado a dare origine a uomini d’ eccezione della qualità più pericolosa e attraente. Mentre cioè quella forza di adattamento, che sperimenta condizioni sempre mutevoli e con ogni generazione, quasi ad ogni decennio, comincia un nuovo lavoro, rende affatto impossibile la potenza del tipo; mentre l’ impressione complessiva suscitata da tali Europei dell’ avvenire sarà probabilmente quella di lavoratori di vari generi, chiacchieroni, abulici ed estremamente disponibili, che hanno bisogno del padrone, di chi li comandi, come del pane quotidiano; mentre quindi la democratizzazione dell’ Europa sfocia nella generazione di un tipo preparato nel senso più sottile alla schiavitù, in qualche caso isolato ed eccezionale l’ uomo forte dovrà riuscire più forte e più ricco di quanto sia forse mai riuscito finora – grazie alla spregiudicatezza della sua educazione, grazie all’ immensa varietà dei suoi esercizi, delle sue arti e delle sue maschere. Volevo dire: la democratizzazione dell’ Europea è insieme un’ involontaria organizzazione per l’ allevamento di tiranni – intendendo la parola in ogni senso, anche in quello più spirituale. “

Leggendo questo aforisma dobbiamo evitare la facile identificazione del superuomo con l’ uomo forte [ lo stesso Heidegger dirà che non possiamo dare una lettura politica dell’ Übermensch nietzscheano ]  , che in questo ambito è un individuo squisitamente politico, e nello stesso tempo quando Nietzsche parlerà di superuomo, intenderà sempre un orizzonte, e mai un soggetto antropologico concreto ed esistente.

Nella civilizzazione sarebbe radicata la dimensione aurorale dell’ avvento di una situazione politica tale da rendere massificare e mercificare l’ uomo, proprio in questo ambito sorgerebbe un individuo dotato della “ qualità più pericolosa e attraente “.

La democratizzazione europea è la dinamica che maschera ciò che si cela dietro di deleterio, si sta compiendo – secondo Nietzsche – un processo fisiologico che allontana i popoli europei dalla loro origine, dalla loro nazionalità.

In questo aforisma si presenta ciò che in altre opere è analizzato in maniera positiva da Nietzsche, basti pensare ad “ Umano troppo umano “, dove comparì un aforisma  nel quale si dice che l’ Europa occidentale troverebbe la sua salvezza nel buon cittadino europeo sorto dal superamento dei nazionalismi e degli stati [ l’ esempio del buon cittadino europeo è rintracciato da Nietzsche nella figura dell’ ebreo, ciò a testimonianza del fatto che Nietzsche non fosse antisemita ].

Junger ne “ L’ Operaio “ sostenne che l’ operaio è la nuova forma dell’ uomo sorta nel periodo dell’ avvento della tecnica, Heidegger leggendo il testo di Junger disse di aver cambiato completamente prospettiva, prendendo in considerazione la questione della “ tecnica “, che come ben sappiamo rappresenta uno dei nodi essenziali del secondo Heidegger, “ Gestell “ come manifestazione ultima della metafisica, come di quel pensiero che ha causato l’ oblio dell’essere, e concepisce la possibilità di dominare la natura.

La prima guerra mondiale, evento non solo bellico ma pregno di poliedriche implicazioni culturali e filosofiche, fu per Junger la testimonianza più diretta della fine dell’ uomo, uno scontro tra materiali, dove l’ individuo diverrà servitore delle sue protesi.

C’è una coincidenza tra l’ ultimo uomo [ “ una vogliuzza per il giorno ed una per la notte “ ]  di cui parla Nietzsche in “ Così parlò Zarathustra “ con ” un utile laborioso, variamente adoperabile e duttile animale del gregge “ nell’ aforisma 242 in “ Al di là del bene e del male “, Nietzsche in “ C.p.Z. “ scrive: “ Sicché parlerò loro di ciò che vi è di più “ spregevole “: che è l’ ultimo uomo  ( … ) “.

Perché l’ uomo di branco è necessario? Paradossalmente più si instaura la morale degli schiavi e maggiormente sorge l’ esigenza di un animale da preda, dotato della “ più pericolosa ed ammaliante qualità “.

Horkheimer  ed Adorno ne “ La dialettica dell’ Illuminismo “, diranno che Nietzsche esprime il sogno segreto della borghesia europea: far coincidere il governo con il dominio.

Ritornando a Burckhardt, si è detto in precedenza come secondo Löwith egli sia il vero rivoluzionario proprio perché recide il legame teologico e teleologico tra passato e presente superando definitivamente una tradizione che partita dall’ impianto teologico agostiniano giungerà mediante un processo di secolarizzazione nella filosofia della storia hegeliana, marxista e positivista [ da notare come Feuerbach, uno dei più illustri hegeliani di Sinistra, nel suo tentativo di ribaltare il rapporto che Hegel aveva rovesciato tra il pensiero astratto e l’ essere concreto, veda nel sistema concettuale del pensatore di Stoccarda “ una teologia mistificata “ ] e nella quale il primo Nietzsche de “ Le considerazioni inattuali “ rientrerà in pieno [ alla luce di ciò capiamo l’ enorme perplessità che Löwith solleva quando si tratta di armonizzare la concezione della storia della seconda inattuale dove c’è quest’ ansia di infuturamento e la teoria dell’ eterno ritorno dell’ uguale, la massima manifestazione della volontà di potenza del superuomo che accetta dionisiacamente l’ esistenza ].

In “ The meaning of history “ del 1949, [ di cui uscirà un’ edizione in Germania nel 1953 ] Löwith prenderà in considerazione la continuità storica di cui parla Burckhardt mostrando acutamente come non si tratti più di una connessione forte e teo – teleologica,  per “ continuità “ storica s’ intende “ l’ immagine che ogni epoca storica prende dalle altre epoche per riconoscersi “, possiamo dire che si tale continuità possa essere interpretata nella maniera debole di Vattimo.

Se in “ Sull’ utilità ed il danno della storia per la vita “ Nietzsche elaborò la triade “ monumentale – antiquaria – critica “, un trinomio in funzione dell’ utilità che ne può trarre la vita, ne “ La nascita della tragedia “ parla dell’ arte come di un supplemento metafisico ad una realtà dominata dalla negatività, pur essendo fittizia la dimensione dell’ arte è fondamentale per l’ esistenza umana; mediante queste premesse risulta interessante scorgere una similitudine in termini di funzionalità tra la concezione dell’ arte e la prospettiva antistoricista ma non antistorica, che Nietzsche avrà nei suoi primi scritti.

In “ Umano troppo umano “ Nietzsche individuò una sorta di legge storica secondo la quale a certi di libertà spirituale seguirebbero inevitabili fratture, Umanesimo e Rinascimento [ visti come massima espressione della libertà spirituali ] sono seguiti dalla frattura portata dalla Riforma protestante [ Nietzsche avrà sempre una negativa opinione riguardo a Lutero ].

Burckhardt sosterrà che la cultura è presa nella morsa dalle tenaglie della massa e dell’ esercito, dinnanzi a tale situazione avviene nell’ opera burckhardtiana una fuga verso l’ ideale [ questo è quanto sostiene Löwith ].

Continuità e coscienza storica sono per Löwith i due cardini dell’ analisi e del discorso sulla storia di Burckhardt, all’ interno della continuità vi sono – sostiene Burckhardt – tre nodi fondamentali: in primis il processo di ellenizzazione dell’ Oriente operato da Alessandro di Macedonia, in secundis la città ed il centro culturale ed economico del mondo antico, ed infine il mantenimento del complesso della cultura occidentale mediante l’ azione della Chiesa.

Burckhardt dà una valutazione positiva del concetto di crisi, di cui la guerra [ solo nell’ accezione difensiva ] è la prima manifestazione che porta alla vivificazione di un popolo [ è curioso notare come Hegel farà un discorso simile anche a livello terminologico nelle berlinesi “ Lezioni sulla filosofia della storia “ ].

Nietzsche in “ Lo stato greco “ del 1872 [ interno allo scritto “ Cinque prefazioni per cinque libri non scritti “ donato in regalo per Natale a Cosima Wagner, moglie del grande musicista ] radicalizzando le premesse già presenti in Burckhardt parlerà del genio militare come fondante per la virtù degli stati.

Mediante le crisi – scrive l’ illustre di zio di J. Oeri – sorgono individualità forti e vitali, quale rapporto intercorre tra la crisi e l’ ambito artistico – letterario?

Questa domanda fu posta in precedenza da Schiller ne “ Le lettere sull’ educazione estetica dell’ umanità “, precisamente nella decima lettera, la risposta schilleriana sembrò orientarsi un’ utopia estetica.

Le epoche di crisi presentano nell’ ottica schilleriana scontri tra forze, periodi dominati da una vitale energia, la crisi porta ad una nuova sostanza nella vita degli uomini, gli individui si schierano, amando ed odiando, in questo si generano passioni tali da alimentare l’ arte e la letteratura.

Dopo aver fatto tale analisi generale, Burckhardt sposta la sua attenzione sulla crisi franco – prussiana [ c’è un’ appendice datata marzo 1873 ] che nascerebbe dalla Restaurazione e dal principio di legittimità [ principio secondo il quale il potere degli stati è tale in quanto é di origine divina e non per consenso popolare ].

Contro questo principio si sono mosse i moti rivoluzionari del 1848, Burckhardt scorge in questi  eventi non manifestazioni dello spirito di nazionalità, bensì si tratterebbe di rivoluzioni liberali mediante le quali trionfa la borghesia e il paradigma di “ opinione pubblica “ [ espressa mediante la dimensione comunicativa della borghesia ].

In ogni paese l’ industria aspira al commercio europeo, una sorta di processo che potremo definire tramite una categoria moderna [ ante litteram ] quella di globalizzazione a livello dell’ Europa.

Si avverte la nostalgia burckhardtiana verso il mondo umanistico – rinascimentale dove si presentava un’ aristocrazia dello spirito, il 1848 ha posto in rilievo colui che guadagna; la libertà della borghesia è ambigua e rischia di degenerare.

Sotto questa prospettiva la democrazia risulta essere quel governo dello Stato sull’ individuo, che tende a superare i confini tra Stato e società [ qui Burckhardt prende di mira la prospettiva politico – statale hegeliana ].

Nietzsche nell’ “ Aurora “ scrisse alla fine dell’ aforisma 179: “ Per quanto parli di economia, il nostro tempo è un dissipatore: sperpera la cosa più preziosa, lo spirito “.

Il capitalismo nietzscheanamente visto come dissipazione dello spirito, è in Burckhardt permesso mediante la vittoria della Prussia sulla Francia.

Nella prima considerazione inattuale, Nietzsche con toni molto burckhardtiani parlerà di inesistenza della cultura tedesca, la vittoria della Prussia non ha una rilevanza culturale ma solo militare, è il trionfo del “ filisteo della cultura “.

L’ avanzamento del capitalismo  [ realizzato attraverso la guerra 1870 – 71 ] porta in auge una rivoluzione di valori, Burckhardt si pone una serie di domande relative a chi si occuperà dell’ arte  e della letteratura, a quale fine farà la cultura umanistica?

L’ ordinamento scolastico prussiano di allora era rigidamente vincolato alla cultura umanistica, proprio in questo contesto storico – sociale dominato dal profitto, la dimensione artistico – letteraria persiste nella misura in cui si lega alla prassi comunicativa del giornalismo.

La massa cerca tranquillità e guadagno, il suo orientamento politico sarà indirizzato verso una particolare forma governativa nella misura in cui possa garantirle tali benefici.

Il grande uomo burckhardtiano è colui che incarna il movimento generale della cultura [ artisti e letterati ], la sintesi tra particolare ed universale [ in maniera simile al processo che si realizza  nella facoltà giudicatrice kantiana ].

La grandezza significa che ciò che noi non abbiamo, e non potremo mai raggiungere definitivamente, una sorta di “ Streben “ di matrice protoromantica o se si preferisce di fichteana memoria, i “ grandi individui “ sono definiti tali in virtù del nostro punto di vista particolare, come ogni popolo nel corso della scuola ha celebrato la sua grandezza, senza un grande uomo il mondo risulterebbe ai nostri occhi incompleto.

È curioso notare come Nietzsche in uno scritto del 1874 “ Verità e menzogna in senso extramorale “ dirà che prendiamo una zanzara al centro del bosco, ella penserà di essere al centro del bosco così come noi uomini pensiamo di essere al centro del mondo, questo a testimonianza della finitudine insita nella prospettiva umana che è sempre legata  al particolare.

Come la continuità burckhardtiana è sganciata dal pensiero forte della metafisica tradizionale per parafrasare in termini vattimiani, così non si può parlare di una grandezza assoluta [ metafisicamente intesa ], c’è coscienza del limite da cui sorge la prospettiva che rende grandi certi individui.

È soltanto nel XIX secolo che l’ universale diventa tale e si realizza sostiene Burckhardt, le epoche precedenti non presenterebbero la maturità di quello attuale [ si nota come questo ragionamento risenta dell’ influenza hegeliana, nonostante il grande studioso tedesco cerchi sempre nella sua opera di distanziarsi dalla prospettiva di Hegel ].

Nell’ Ottocento sorge – secondo Burckhardt – il senso storico con la figura di Winckelmann [ Gadamer in “ Verità e metodo “ vedrà in Winckelmann la stessa funzione presente nell’ impostazione storico – culturale di Burckhardt ], visto come l’ iniziatore del “ Neo – umanesimo “ tedesco poi conclusosi con Humboldt.

Le opere d’ arte – analizzate da Winckelmann – ha un forte valore storico, noi saremo in grado di fornire una valutazione oggettiva alla poesia di Dante – scrive B. – da quando abbiamo riscoperto Shakespeare.

È necessario fare una distinzione di fondamentale importanza nella valutazione delle grandi individualità scientifiche rispetto a quelle relative all’ ambito artistico: se Cristoforo Colombo non avesse scoperto l’ America l’ avrebbe scoperta qualcun’ altro, deduciamo che la personalità di Cristoforo Colombo è fungile.

Eschilo, Sofocle, Platone e Raffaello, grandi della cultura artistica, senza di loro non avremmo avuto le opere tragiche, i dialoghi, ed i dipinti: la “ Kultur “ intesa come cultura in senso autentico è rappresentata dagli artisti, dai letterati e dai filosofi.

È interessare scorgere una similitudine tra il discorso burckhardtiano relativo all’ ambito artistico - letterario e l’ analisi che Kant fece nella “ Critica del giudizio “  1790 “ con l’ operare del genio, che è imitabile e non spiegabile scientificamente.

Ogni sistema filosofico ed ogni opera d’ arte, è espressione di un’ epoca, ma prima ci deve essere un’ individualità che interpreta in maniera irripetibile tale epoca.

Nietzsche in “ La filosofia nell’ epoca tragica dei greci “ radicalizza le tesi burckhardtiane sostenendo che la verità di un sistema filosofico è insita nell’ individualità dell’ esistenza dell’ autore.

La poesia è creazione e potenza e si fonda sul principio della trasfigurazione [ Nietzsche ne “ La nascita della tragedia “ scrive che l’ arte è un supplemento metafisico alla realtà, e che essa è giustificabile solo come fenomeno estetico ], ha un ruolo superiore al resto delle arti ed alla filosofia, Burckhardt cita a proposito una lettera di Schiller a Goethe, dove l’ autore di “ Callia ovvero la bellezza “ scrive che il filosofo non è altro che la caricatura del poeta.

 

 

 


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