LA SECONDA INATTUALE DI NIETZSCHE



Baumgarten e Shaftesbury

 

 

Dopo aver tratteggiato per linee essenziali la riflessione burckhardtiana contenuta in “ Sullo studio della Storia “, possiamo incamminarci per gli impervi sentieri della riflessione nietzscheana passanti per lo scritto“ Sull’ utilità e il danno della storia per la vita “.

Nietzsche esordisce nella prefazione riprendendo una frase di Goethe presente in un’ epistola indirizzata a Schiller, dove l’ autore del “ Faust “ sostiene che gli è odioso tutto ciò che istruisce il suo intelletto senza vivificare la sua attività.

Questo incipit è il degno inizio della riflessione nietzscheana, finalizzata nelle prime battute a mostrare come il vero bisogno della storia sia diverso dal “ bisogno l’ ozioso raffinato nel giardino del sapere “ , sussiste una necessità calata nel contesto della vita, per la vita stessa: “ Solo in quanto la storia serva alla vita, vogliamo servire la storia ( … ) “.

Si tratta quindi di concepire la storia non come un mero suppellettile tale da offuscare l’ azione e le forze vitali, bensì funzionale alla stessa esistenza, quanto sostiene Nietzsche è in aperta polemica con la moda del tempo di studiare la storia [ lancia i suoi dardi velenosi contro i Tedeschi come popolo ].

Proprio in queste righe compare il termine inattuale, che come si è detto in precedenza significa letteralmente in tedesco “ ciò che non è comparato al tempo “, Nietzsche mostra come uno sguardo inattuale sia pienamente demistificante, nella misura in cui scorge il “ danno, la colpa e difetto “ proprio dove l’ epoca va più fiera.

Si soffre di una “ febbre storica “ che non è da intendere come qualcuno ha fatto in una critica nietzscheana tout court alla storia, in realtà ciò che critica Nietzsche è l’ assolutizzazione, la radicalizzazione di un modo di concepire la storia che si trasforma in storicismo depotenziando e svuotando la vita dell’ energia vitale.

La stessa impostazione filologica e la sua educazione proveniente da età passate permette a Nietzsche di “ agire in modo inattuale “, contro il tempo, “ e in tal modo sul tempo e, speriamo, a favore di un tempo venturo. “.

Se Löwith in un certo senso estremizza la critica nietzscheana nella seconda Inattuale alla storia, dicendo che Nietzsche tiene una posizione fortemente avversa alla storia [ tesi questa discutibile a partire dall’ opera nietzscheana dove si rifiuta “ un certo modo di concepire la storia “ sempre in funzione alla vita ], certamente formula una tesi convincente quando sostiene che la riflessione del primo Nietzsche sia ancorata alla tradizione della teologia agostiniana secolarizzata nella filosofia della storia hegeliana, per quest’ ansia di infuturamento, per aver posto una connessione forte tra le tre dimensioni della temporalità.

Nietzsche nel primo paragrafo s’ ispira esplicitamente al “ Canto notturno di un pastore errante per l’ Asia “ di Leopardi, qui l’ autore dello Zarathustra mostra come il gregge in quanto natura animale sia “ attaccato al piuolo dell’ istante “ al di là di ogni tristezza e noia, conduce un’ esistenza ripetitiva priva di una coscienza del tempo, dinanzi a questo spettacolo da un lato l’ uomo prova invidia per la felicità dell’ animale, dall’ altro nonostante la volontà di vivere in tal guisa la sua umanità ( di cui si vanta ) lo spinge a desiderarlo in maniera diversa da come lo vuole l’ animale stesso.

C. Lorenz ha ampiamente dimostrato nel 900’ come gli animali abbiamo la capacità di apprendere e quindi di ricordare, anche gli insetti sarebbe quindi dotati di una memoria interna al DNA.

Riportiamo i versi leopardiani a cui fa riferimento Nietzsche ( vv. 107 – 112 ):

 

 Quanta invidia ti porto!

Non solo perché d’ affanno

quasi libera vai;

ch’ ogni stento, ogni danno,

ogni estremo timor subito scordi;

ma più perché giammai tedio non provi.

 

L’ uomo nota Nietzsche a differenza dell’ animale che è un essere non storico, deve portarsi il fardello del passato sempre con sé, fardello “ invisibile “ che lo schiaccia a terra.

È interessante notare come Aristotele nel “ De anima “ vide nell’ istante il misuratore del tempo che va considerato come metro al di fuori del flusso temporale.

L’ istante diviene respiro fluido della temporalità che scorre inesorabile, il “ mi ricordo “ ed il “ c’ era “ divengono espressioni dello spettro dell’ infelicità umana, che invidia l’ animalità e la fanciullezza come dimensioni edeniche.

Nietzsche sta in questo punto citando criticamente il frammento B52 del suo amato Eraclito, dove il pensatore di Efeso dice: “ Il corso dell’ età è fanciullo nel trastullo, che muove le pedine: il reame d’ un fanciullo “.

Già in “ Fato e storia “ troviamo la presenza del fanciullo eracliteo, è noto come Nietzsche vedesse in Eraclito una sorta di suo predecessore.

La morte intesa come il sognato oblio non solo nichilizza quella temporalità tanto avversa all’ uomo, ma anche la vita stessa.

È interessante notare come Heidegger in “ Essere e tempo “ parli della temporalità in stretta connessione all’ esistenza, intravedendo proprio nella prima il senso della “ Cura “.

La piccola felicità durevole ed ininterrotta è da preferire rispetto ad una grande felicità legata ad un episodio, ad un evento estemporaneo; il cinismo assurge a modello supremo dell’ unica filosofia che realmente raggiunge la felicità animale.

Il sapersi sedere sulla soglia dell’ attimo sapendo obliare il passato è una condizione necessaria per poter pervenire ad una felicità per sé e per gli altri, un uomo incapace di dimenticare, sarebbe totalmente paralizzato, da eccelso discepolo di Eraclito, in questo eterno divenire “ quasi non oserebbe alzare più un dito “.

Un’ esistenza totalmente consona al sentire storico ed estranea ad ogni forma di oblio, è priva del sonno e altamente deleteria, dato che per ogni forma di vita organica serve non solo la luce ma anche l’ ombra.

La radicalizzazione dell’ insonnia, dell’ eccessivo senso storico e del ruminare è dannoso sia per un singolo uomo, che per un popolo o una civiltà.

La “ forza plastica “ [ termine usato già Burckhardt ] è funzionale alla regolamentazione del senso storico, è quella forza capace di “ sanare ferite “, di “ incorporare cose passate “ trasformandole in sangue, una natura forte ciò che non rende sangue [ si riferisce al passato ] lo sa dimenticare, mediante un oblio nichilistico.

Nietzsche afferma che un vivente può diventare sano e forte sole all’ interno di un suo proprio orizzonte, colui che è incapace di tracciare “ un orizzonte intorno a sé “ giunge ad una prematura fine.

Lo stesso Gadamer riconoscerà nel suo capolavoro “ Verità e metodo “ come sia stato influenzato da Nietzsche nella formulazione del concetto di “ orizzonte “ nella sua teoria ermeneutica.

Lo storico ed il non storico risultano essere ugualmente importanti per la vita, proprio perché bisogna avere ricordo ed oblio in una giusta armonia funzionale in termini esistenziali.

Il non storico è “ un’ avvolgente atmosfera “ dove può generarsi la vita, è la condizione prima affinché ci possa essere “ qualcosa di veracemente umano “, il saper utilizzare il passato per il presente, per la vita fa umanizzare l’ uomo.

L’ antistorico diviene la dimensione ove si possono progettare le grandi azioni, nell’ anima cieca ed ingiusta di chi agisce dirà Nietzsche.

Colui che sarà capace di respirare l’ atmosfera non storica in cui si disvela in maniera aurorale “ ogni grande evento “, avrà una prospettiva “ sovrastorica “ proprio perché ha imparato a non prendere la storia troppo seriamente, intuendo l’ importanza e la ragion sufficiente di ogni grande accadere nella “ cecità ed ingiustizia dell’ anima “, inoltre per loro il mondo in ogni istante “ è completo e tocca il suo termine “.

Gli individui sovrastorici scorgono una piena identità tra passato e presente, viste come strutture inamovibili ed eternamente statiche, dando un senso unidimensionale agli eventi, Nietzsche paragona questi individui a coloro che in tutte le varie manifestazioni linguistiche intravedono sempre e solo gli stessi bisogni, giungendo ad una sazietà e nausea estrema.

Gli uomini storici sono tutti coloro che credono che il senso dell’ esistenza si manifesterà nel suo processo [ è curioso notare come se sostituiamo alla parola “ senso “ il termine “ spirito “, in questo punto Nietzsche può apparire tout court hegeliano ], guardano il passato solo per imparare e sono soggetti ad un’ ansia di infuturamento, questi – scrive Nietzsche – non sanno quanto poco storicamente essi pensino, facendo uso della storia per la vita.

 

“ L’eccesso di storia ha intaccato la forza plastica della vita, essa non è piú capace di servirsi del passato come di un robusto nutrimento. Il male è terribile, e nondimeno, se la gioventú non avesse il dono chiaroveggente della natura, nessuno saprebbe che esso è un male e che si è perduto un paradiso di salute. Ma questa stessa gioventú indovina anche col salutare istinto della natura stessa come questo paradiso si possa riconquistare; essa conosce gli unguenti e le medicine contro la malattia storica, contro l’eccesso dell’elemento storico: come si chiamano?

Non ci si stupisca, si chiamano con nomi di veleni: i rimedi contro l’elemento storico si chiamano – l’antistorico e il sovrastorico. Con questi nomi ritorniamo all’inizio della nostra trattazione e alla sua serenità.

Con il termine “l’antistorico” designo la forza e l’arte di poter dimenticare e di rinchiudersi in un orizzonte limitato; “ sovrastoriche ” chiamo le potenze che distolgono lo sguardo dal divenire, volgendolo a ciò che dà all’esistenza il carattere dell’eterno e dell’immutabile, all’arte e alla religione. La scienza – è essa infatti che parlerebbe di veleni – in quella forza, in queste potenze vede potenze e forze avverse: essa reputa infatti vera e giusta, ossia una considerazione scientifica, solo la considerazione delle cose che vede dappertutto un divenuto, un elemento storico, e in nessun luogo un ente, un eterno. Allo stesso modo che essa vive in intima contraddizione con le forze eternizzanti dell’arte e della religione, cosí essa odia l’oblio, la morte del sapere, come pure cerca di eliminare tutte le delimitazioni dell’orizzonte e getta l’uomo in quel mare infinito e illimitato di onde luminose, nel mare del divenire conosciuto.

Almeno vi potesse vivere! Allo stesso modo che per un terremoto le città crollano, si spopolano e l’uomo costruisce solo tremando e di nascosto la sua casa su un suolo vulcanico, cosí anche la vita si abbatte su se stessa, diventando debole e scoraggiata, se il terremoto di idee che la scienza provoca toglie all’uomo il fondamento di tutta la sua sicurezza e la sua pace, la fede in ciò che perdura ed è eterno. Ma la vita deve dominare sulla conoscenza, sulla scienza, oppure la conoscenza deve dominare sulla vita? Quale delle due forze è la piú alta e la decisiva? Nessuno può dubitarne: la vita è il potere piú alto, dominante, poiché una conoscenza che distruggesse la vita distruggerebbe nel contempo se stessa. “ Nietzsche, Sull’ utilità e il danno della storia per la vita.

 

Löwith dirà che proprio in questo punto Nietzsche si allontana dal suo amante non corrisposto Burckhardt.

Nietzsche ironicamente dirà di lasciare volentieri la saggezza e la nausea agli individui sovrastorici, dato che “ noi “ dobbiamo interessarci alla storia per “ coltivare la vita “, “ giacché la nostra mancanza di saggezza, avrà più avvenire della loro saggezza “.

Verso la fine del primo paragrafo, si viene a delineare la contrapposizione fondamentale tra la storia come scienza, “ una sorta di liquidazione della vita per l’ umanità “ [ Nietzsche sostiene l’ impossibilità di trasformare la storia in una scienza come la matematica ] e l’ educazione storica “ al seguito di una forte corrente vitale nuova “.

Si tratta ora di vedere in che termini la vita abbia bisogno della storia, in quanto l’ eccesso di storia degenera la vita ed alla fine “ va perduta la storia stessa “.

La vita richiede il servizio della storia, ma quest’ ultima se compare in eccesso diventa dannosa esistenzialmente, la storia occorre all’ uomo in quanto: è attivo ed ha aspirazioni [ monumentale ], preserva e venera [ antiquaria ] e soffre avendo bisogno di liberazione [ critica ].

La storia serve all’ attivo che non potendo fare ricorso al presente cerca nel passato modelli, maestri e consolatori, “ così essa occorreva a Schiller “; chi ha imparato a comprendere ciò che ha senso nella storia è infastidito nel vedere “ meticolosi micrologi arrampicarsi sulle piramidi dei grandi eventi “ e nell’ incontrare l’ ozioso.

In “ Sull’ avvenire nelle nostre scuole “, Nietzsche dice che ciò che serve ai ragazzi nei licei non è il rigido studio della grammatica, bensì Schiller, Lessing e Winckelmann che nonostante abbiano dato una visione apollinea ed idealizzata della Grecia sono pur sempre capaci di infiammare l’ animo dei giovani, le interpretazioni generalizzanti di questi autori  sono esempi di storia monumentale.

Nietzsche afferma che la felicità di un tal uomo è quella di un popolo e dell’ umanità intera, riceverà gloria diventando a sua volta maestro e consolatore per i posteri.

 

“ Giacché il suo comandamento suona: ciò che una volta poté estendere oltre e adempiere in modo più bello l’ idea “ uomo “, deve anche esistere in eterno, per poter far ciò in eterno. “ Nietzsche, Sull’ utilità e il danno della storia per la vita.

 

L’ esigenza che il grande debba essere eterno è ostacolata dalla “ muffita abitudine “ da ciò che è piccolo e basso, i mediocri vogliono vivere ad ogni costo ma “ chi potrebbe supporre in loro quella difficile corsa con la fiaccola della storia monumentale, mediante la quale soltanto può sopravvivere ciò che è grande? “

Nietzsche in questo punto riprende l’ idea della corsa del fuoco narrata nell’ Agamennone di Sofocle.

In una conferenza del 1870 intitolata “ Il dramma musicale greco “, sostiene che il dramma musicale greco sia un’ opera d’ arte totale, polemizzando con le rappresentazioni moderne delle tragedie greche, l’ opera d’arte dell’ avvenire wagneriano è un ritorno a quella forma d’ arte totale.

Gli uomini che rientrano nella grandezza passata non hanno dato troppo peso all’ esistenza, una creazione, un’ azione, un’ opera li ha resi immortali.

L’ occuparsi delle cose classiche e rare conduce l’ uomo attivo a pensare che se la grandezza fu possibile una volta sarà possibile una volta ancora, basterebbero cento uomini attivi, educati e produttivi per spazzare via la “ culturalità “ che imperversa in Germania, la cultura del Rinascimento infatti “ si edificò sulle spalle di una siffatta schiera di cento uomini! “

Il potente potrebbe desiderare la storia monumentale secondo una piena, iconica veracità se “ la terra ricominciasse ogni volta la sua commedia dopo il quinto atto “, se avessero quindi ragione i pitagorici nel sostenere una ripetizione ciclica degli eventi.

Lou Salomé dice che proprio in questo punto è presente un’ anticipazione della teoria dell’ eterno dell’ eguale, ma Nietzsche non avrebbe potuto sviluppare questa prospettiva dato che faceva ancora uso della metafisica schopenhaueriana [ la formulazione dell’ eterno ritorno la si trova nell’ aforisma 341 della Gaia scienza ]

In alcuni frammenti postumi risalenti alla composizione della II inattuale, si dice che ricordare è un confrontare ed un processo di equiparazione, è la vita stessa che richiede questa equiparazione tra passato e presente.

Nella storia monumentale rientra il classico inteso come ciò che serve alla vita, una sorta di forza plastica che si oppone alla storia antiquaria che esige verità.

Premettendo come ci siano epoche in cui non si riesce a distinguere un passato monumentale ed un’ invenzione mitica, se la considerazione monumentale domina sulle altre, lo stesso passato ne trae danno, intere parti di esso vengono “ dimenticate e spregiate “ ed emergono meri fatti abbelliti, questo tipo di storia inganna con le analogie spingendo il coraggioso alla temerarietà e l’ entusiasta al fanatismo [ Shaftesbury ].

Coloro che sono deboli nature artistiche o totalmente non artistiche [ il cu motto è “ lasciate che i morti uccidano i vivi “ ] ostacoleranno gli spiriti forti togliendoli l’ aria, questi fannulloni estetici agiranno imbevuti di idolatria ammazzando l’ arte con l’ arte, inoltre non vogliono che la grandezza nasca, in quanto sostengono che esista già: “ La storia monumentale è l’ abisso mascherato, in cui loro odio per i potenti e i grandi del loro tempo si spaccia per sazia ammirazione dei potenti e dei grandi dei tempi passati ( … ) “.

Ogni tipo di storia necessita di un determinato spazio e non può sconfinare se no “ cresce come erbaccia “, se l’ uomo vuole creare cose grandi ha bisogno del passato e se “ ne impossessa per mezzo della storia monumentale “, chi ama perseverare nel tradizionale ed in ciò che è venerato da lungo tempo, “coltiva il passato come antiquario “, infine colui che soffre all’ interno del suo petto per questioni presenti, necessita della storia critica.

Nietzsche insiste sul fatto che ci debba essere una correlazione tra una tipologia di storia e la dimensione esistenziale dell’ uomo che se ne fa portavoce, cosa sarebbe infatti “ il critico senza sofferenza, l’ antiquario senza pietà, il conoscitore della grandezza senza la capacità di grandezza” ?

Cosa fa sì che nella modernità la storia si sia trasformata in un sapere contro la vita? Il sapere moderno non spinge verso l’ azione, bensì rimane nell’ interiorità dell’ individuo che si manifesta come una dimensione stantia, una sorta di “ enciclopedia ambulante “, Nietzsche contrappone ai moderni la vera ed autentica cultura greca dove non vi era opposizione tra l’ esteriorità e l’ intimo dell’ animo umano, quella attuale è per Nietzsche “ culturalità “ degenerazione barbarica della “ Kultur “ intesa come unità di stile artistico in tutte le manifestazioni vitali di un popolo.

Goethe – scrive Nietzsche – rappresenta uno spirito pagano, i tedeschi vessiliferi della culturalità e dell’ interiorità presentano una scissione ed una frammentazione che trova la sua radice nell’ ambito politico, dove Bismarck è il battistrada del socialismo e il Kaiser incarna il trionfo dello spirito borghese.

La vittoria sulla Francia è solo militare e non culturale, si estirpa lo spirito tedesco a favore dell’ Impero tedesco [ I Inattuale ].

Nella prefazione alla prima edizione critica delle opere di Nietzsche, Elisabeth racconta che intorno al 1870, Nietzsche vedendo passare l’ esercito prussiano, disse: “ Ecco cosa intenso per volontà di potenza! “.

In realtà si tratta di una testimonianza falsa, dato che Nietzsche non diede mai una veste militare alla volontà di potenza, questo rientra nella mistificazione della filosofia nietzscheana ad opera della sorella parafulmine.

Ne “ La nascita della tragedia “ [ 1872 ] Nietzsche si chiede come sia possibile che egli scriva un libro di estetica in un momento in cui è scoppiata la guerra, ciò è dovuto al fatto che il vero rinnovamento della Germania potrà solo fondarsi su una rinascita dello spirito dionisiaco, anche in quest’ opera c’è una presa di posizione con la politica tedesca, l’ arte non è un mero tintinnio di sonagli è la massima attività dell’ uomo.

Ritornando al testo della nostra analisi, della storia ha bisogno chi custodisce e venera guardando all’ indietro con fedeltà ed amore, in questo modo il patrimonio ancestrale possiede l’ anima, anche in ciò che è piccolo e decrepito la storia antiquaria stabilisce un mondo famigliare, la storia della città diventa la storia di se stesso, di colui che si fa alfiere di questa posizione [ in questo punto Nietzsche cita Burckhardt ].

La venerazione storico – antiquaria raggiunge il suo più alto valore quando riesce a diffondere un sentimento di piacere e di contentezza semplice e commovente verso le cose modeste, rozze e misere; questo tipo di storia ha il vantaggio di stringere le stirpi e le popolazioni meno favorite alla loro patria, l’ individuo è così collocato all’ interno della collettività: si cresce da un passato come eredi ed in un certo qual modo l’ esistenza trova una sua giustificazione.

Il senso antiquario ha sempre un campo visivo molto limitato, non scorge la maggior parte delle cose, quel poco che vede lo capta troppo vicino ed isolato, ciò a causa di una incapacità di compiere misurazioni: tutto ciò che in quanto antico e passato entra nell’ orizzonte è accettato come ugualmente venerabile, mentre quello che risulta essere nuovo è rifiutato ed avversato.

La degenerazione della storia antiquaria porta l’ uomo a cibarsi anche delle “ quisquiglie bibliografiche “, si giunge così ad una “ cieca furia collezionistica “, una raccolta di tutto ciò che è esistito, un rinchiudersi in una dimensione di tanfo.

Nietzsche mostra come anche nel caso questo tipo di storia non degeneri, rischia di soffocare altre modalità di concepire il passato, essendo solo capace di conservare non riesce a cogliere l’ elemento del divenire: chi agisce deve violare la pietà del passato proprio della storia antiquaria che rende immortale ciò è vecchio opponendosi a ulteriori risoluzioni.

Accanto alla dimensione monumentale ed antiquaria, va presa in considerazione la storia critica, che porta il passato dinanzi al tribunale e lo condanna con minuzia, per potere vivere bisogna potere infrangere il passato, è la vita come “ forza oscura, impellente, insaziabile e avida di se stessa “ che giudica ciò che è stato [ né la clemenza né la giustizia ]: il suo verdetto è sempre inclemente ed ingiusto poiché non scaturisce mai da una reale fonte di conoscenza.

Nietzsche cita a questo punto Goethe quando dice nel Faust, che “ tutto ciò che nasce merita di perire, perciò  sarebbe meglio che niente nascesse “; serve molta forza per vivere e per potere dimenticare, quando l’ uomo percepisce come ingiusta l’ esistenza di una casta o di una determinata situazione, vuole metterne fine, quindi considera criticamente il suo passato e lo lacera con il coltello [ questo succede in un tempo di pericolo ed insicurezza ].

La condanna del passato non recide la catena che ci lega, noi in fondo siamo sempre il risultato di generazioni precedenti, a volte per cancellare la natura precedente, ci costruiamo una seconda natura per farci a posteriori un passato da cui derivare, questo è pericoloso nella misura in cui le seconde nature sono sempre più deboli delle prime, troppo spesso – afferma Nietzsche – ci fermiamo solo alla conoscenza del bene e del meglio, senza farlo.

L’ individuo ha bisogno di tutti i tre tipi di storia, secondo una certa misura e proporzione a favore della vita, oggi si profila una terribile situazione, compare una storia che vuole vestire i panni della scienza, l’ uomo moderno custodisce al suo interno un’ enorme quantità di indigeribili pietre del sapere che rumoreggiando svelano lo strano contrasto “ tra un interno a cui non corrisponde più nessun esterno “ [ ciò non accadeva negli antichi ].

Il sapere moderno viene assunto in eccesso, contro il bisogno e rimane nascosto in un caotico mondo interiore di cui i moderni si vantano, noi – ironizza Nietzsche – ci fermiamo ad un pensiero ed un sentimento intorno alla cultura, senza pervenire ad una vera “ Kultur “.

L’ esterno diventa un’ indifferente convenzione, una misera imitazione ed una rozza smorfia, se un greco ci vedesse, direbbe che per noi “ colto “ e “ storicamente colto “ coincidono, i greci nel loro periodo migliore erano antistorici.

Noi moderni non riusciamo a “ cavare “ niente da noi stessi, ci riempiamo solo di conoscenze e diventiamo enciclopedie ambulanti, sulle copertine di tali enciclopedie, il rilegatore vi ha stampato: “ Manuale di cultura interna per barbari esterni “ [ in questo modo si allarga l’ abisso tra interno ed esterno, e una conseguente insensibilità verso le barbarie ].

La cultura è “ unità di stile artistico in tutte le manifestazioni vitali di un popolo “, quindi la vera cultura non presenta scissioni tra l’ interiorità e l’ esteriorità, tra la forma ed il contenuto; chi vuol promuovere la “ Kultur “ deve distruggere la culturalità moderna, solo in questo modo un popolo può ritrovare onestà e i suoi istinti vitali.

Sono proprio i tedeschi [ come popolo dell’ interiorità ] a presentare questa scissione, forma che finisce con il divenire travestimento e convenzione, i francesi – modello ispiratore per i tedeschi – quando furono abbandonati culturalmente da questi ultimi, fecero sì che i tedeschi sprofondassero vero una fiacca convenzione ed imitazione [ Nietzsche prende in considerazione le città tedesca e la loro architettura ].

L’ interno finisce con il diventare troppo debole per agire all’ esterno e per darsi una forma; i tedeschi sentono con astrattezza, guastati dalla storia non in grado di produrre di una cultura, bisogna lottare per l’ unità tedesca intesa come unità di spirito e di vita, annientamento dell’ antitesi tra forma e contenuto, interiorità e convenzione.

La saturazione di storia per un’ epoca è ostile e dannosa per il contrasto esterno – interno che fa sorgere personalità indebolite, inoltre si cade nella presunzione di possedere la giustizia [ impossibilità di maturare ], credendo di essere frutti tardivi ed epigoni [ senza trascurare un atteggiamento cinico – connesso alla distruzione delle forze vitali ].

 

“ Ancora non è finita la guerra, è già essa è convertita  in carta stampata in centomila copie “. Nietzsche, Sull’ utilità e il danno della storia per la vita.

 

L’ arte – scrive Nietzsche – fugge se sulle nostre gesta è steso il padiglione della storia; l’ uomo moderno [ parafrasando Schiller ] non vede e non sente ciò che il fanciulle scorge ed ode, proprio in tal guisa il soggetto moderno è più ingenuo dell’ ingenuità stessa.

L’ individuo si fa esitante ed insicuro, perdendo l’ istinto sprofonda nel deserto dell’ interiorità, divenendo pura ombra ed astrazione, tutti si mascherano da uomini colti, poeti, scienziati, Nietzsche può così dire che bisognerebbe strappare tali maschere [ la cultura storica e l’ abito borghese regnano sovrani ].

Non ci sono più libere personalità sincere verso se stesse e gli altri, la filosofia rimane “ un dotto monologo del passeggiatore solitario “, un “ bottino di caccia fortuito dell’ individuo “, una vera chiacchiera sempre limitata dalle istituzioni e distaccata dalla vita [ è l’ apice della cultura storica ].

I nostri moderni non possono essere paragonati ai romani, sono “ astrazioni concrete “, uomini per chi indaga solo nelle viscere, si tratta quindi di una generazione di eunuchi, che incapace di fare storia si ancora ad una visione oggettiva difendendola bellamente.

L’ eterna oggettività dei moderni li rende neutri, al di là del maschio e della femmina, con la loro critica squartano e sezionano la materia, producono critiche su critiche senza nessun effetto positivo sulla vita, nella loro ipercritica si vela una dimensione di profonda debolezza esistenziale.

Nietzsche si chiede se nell’ oggettività dei moderni possa trovarsi una forma di giustizia? Egli risponde dicendo che la presunzione di possedere una virtù senza averla come mostra Socrate è follia pura; per servire la verità bisogna volere e potere essere giusti, distinguendo il fanatico dal giudice tramite un corretto discernimento.

Lo specialista stanco del presente riesce a mala pena a giungere alla magnanimità, alla tolleranza, solo la forza può giudicare, la debolezza si limita a tollerare [ gli storici vengono definiti “ molli goditori “ ]; questi ingenui storici nella loro pretesa di oggettività adottano il passato alla trivialità attuale, oggettività e giustizia risultano antitetiche [ il disinteresse dei filologi verso i Greci è chiamato oggettività ironizza Nietzsche ].

Un’ epoca  o una generazione non può farsi giudice di altre epoche o generazioni, questa scomoda missione tocca ad individui rari, Nietzsche mostra come per giudicare bisognerebbe stare più alto di ciò che si giudica, ma noi – in quanto moderni – siamo venuti solo dopo, mediante la massima forza del presente si può interpretare il passato, essere conosciuto e preservato ciò che è grande.

Il vero storico deve avere la forza di coniare nuovamente ciò che è nato, e far dimenticare la profondità per la semplicità e viceversa, per interpretare la storia in maniera elevata bisogna aver vissuto qualcosa in modo più elevato e grande di tutti [ un grande dotto ed un grande superficiale vanno d’ accordo ].

Soltanto colui che costruisce il futuro ha diritto di giudicare il passato, occorre quindi evitare il fascino paralizzante dell’ educazione del tempo che non porta verso una maturazione; Nietzsche sprona a leggere quelle biografie con su scritto “ Un lottatore contro il suo tempo “, con un centinaio di uomini educati in questo modo è possibile spazzare via la pseudocultura del XIX secolo.

Un senso storico che domina incontrollato sradica il futuro distruggendo le illusioni e l’ atmosfera delle cose esistenti, quando la giustizia storica regna da sola l’ istinto creativo è notevolmente indebolito, una religione convertita in sapere storico e conosciuta scientificamente è distrutta: solo nell’ amore e nell’ illusione l’ uomo crea [ quando la storia si trasforma in opera d’ arte genera istinti creativi, inoltre proprio grazie all’ ingenuità moderna la teologia si è data alla storia ].

La stessa filosofia hegeliana distinguendo  “ l’ idea del cristianesimo “ dalle sue imperfette forme fenomenologiche promuoverà questa ingenuità, il trattamento puramente storico del Cristianesimo lo fa diventare completamente apatico, un mero sapere sul cristianesimo.

Lo spirito della cultura storica procede a compiere sezionamenti sistematici e tramite un freddo bisturi analitico compie notevoli incisioni, tutto ciò che deve maturare ha bisogno intorno a sé di un’ atmosfera, una misteriosa sfera vaporosa che se tolta porta ad un inaridimento.

L’ uomo maturo abbisogna di un’ illusione per crescere, oggi si odia il maturare perché si ama di più la storia che la vita, l’ individuo è costretto a lavorare nella fabbrica delle utilità generali, diviene un lusso sottrarsi al mercato del lavoro perché non si riesce a maturare.

I moderni sono accecati da una luce troppo chiara, repentina e mutevole, il giovane é spinto con la frusta attraverso i millenni di storia, Nietzsche paragona l’ incedere frettoloso del giovane al nostro modo di visitare le gallerie d’ arte e di ascoltare i concerti, si perde quindi il senso della meraviglia, non ci si stupisce più di niente e tramite una tolleranza verso tutto si tocca l’ apice del senso storico.

Un’ anima giovane sommersa da una miriade di informazioni di carattere differente, finisce con il giungere alla nausea.

Quando gli uomini devono lavorare e diventare utili nella fabbrica della scienza senza essere maturi, sia la scienza che questi schiavi sono rovinati, la mediocrità si fa sempre più mediocre, e la scienza più utile economicamente [ i carrettieri hanno decretato superfluo il genio ].

Lo sviluppo repentino della scienza legata all’ esigenza di divulgazione [ “ tagliare la giacca della scienza sul pubblico promiscuo “, fa giungere a risultati altamente negativi, i colti di oggi cercano comodità e aprono il loro angolo di studi a quel bisogno e a quella curiosità di carattere popolare [ il dotto – sentenzia Nietzsche – si abbassa in realtà solo verso di sé ].

La sua epoca secondo Nietzsche possiede una coscienza ironica “ un fluttuante presentimento che qui non ci sia da esultare “, la cultura storica è una specie di innata canizie e coloro che ne portano il segno attribuiscono una vecchiaia all’ umanità, proprio perché guardano solo all’ indietro.

Nietzsche afferma che nella credenza che l’ umanità appassisca si nasconde il malinteso della concezione cristiano – teologica sulla fine del mondo vicina e sul giudizio angosciosamente atteso [ visione ereditata dal Medioevo e fondata sul “ memento mori “ o non sul “ memento vivere “ ], una religione che ritiene l’ ultima ora della vita la più importante e che predica la fine della vita terrena, non può altro che eliminare ogni ardito desiderio di libertà spirituale.

La cultura storica potenziata dalla concezione teologico – cristiana respinge tutto ciò che diviene e porta verso una canizie congenite, inoltre acquista una consapevolezza scettica che sia bene conoscere tutto ciò che è accaduto, perché non si può fare nulla di meglio [ siamo ancora nel Medioevo nella misura in cui la storia è una teologia camuffata ].

Dinanzi a questa situazione Nietzsche sostiene l’ importanza di riconoscere le radici storiche di questo processo, facendo sì che il sapere orienti il suo pungolo critico contro di sé.

I tedeschi non possono essere in eterno discepoli dell’ antichità declinante, la civiltà greca antica era antistorica per questo più ricca di quella moderna, il fatto di essere epigoni a patto di essere pensato con grandezza può portare risultati positivi.

La filosofia hegeliana radicalizza l’ essere epigoni, vedendo negli epigoni stessi lo scopo di tutto quanto in precedenza è accaduto, in questo modo i tedeschi sono spinti a giustificare il proprio tempo all’ interno del processo del mondo, per Hegel il vertice terminale di tale processo si identifica – ironizza Nietzsche – con la sua esistenza berlinese: dalla celebrazione della razionalità insita nell’ accadere storico scaturisce un’ idolatria dei fatti [ i fatti in se stessi sono assai “ stupidi “, simili più ad un vitello che a Dio ].

Chi s’ inchina dinanzi alla potenza della storia poi si inchina ad ogni altra potenza, politica e sociale che sia; la cultura storica prende tutto obbiettivamente incapace di amare e di comprendere la totalità.

Raffaello e Goethe sono grandi nella misura in cui hanno fatto un passo in avanti ad una nuova generazione, in questo modo le generazioni future li conosceranno solo come anticipatori; la storia si prende alla berlina di se stessa quando scorge i grandi uomini come alfieri del “ deve essere così “.

Oltre all’ orgoglio dell’ uomo moderno c’è una profonda ironia intesa come consapevolezza di non poter salvare nel futuro nessuna speranza o giovanile forza, si assume quindi una comportamento cinico nel giustificare la causalità dell’ accadere con la categoria del dovere, nella sua infinita comodità il soggetto della Modernità si crede erede del processo del mondo, “ egli sta alto e superbo in vetta alla piramide del processo del mondo “ [ questo tipo di sapere uccide la propria natura ].

Hartmann ne “ La filosofia dell’ inconscio “ tenendo una posizione giustificazionista, esprime l’ esigenza odierna dell’ umanità, Nietzsche ha modo di dire contro il suo bersaglio polemico, che egli giustifica l’ esistente in base al passato [ cause efficienti ] ed al futuro [ cause finali ], questo deve ci porterà verso la nausea.

L’” ossificazione del nostro tempo “ operata da Strauss si viene a radicalizzare nell’ opera hartmanniana, il mondo – scrive Nietzsche – deve andare avanti, bisogna lottare e conquistare lo stato ideale [ “ liberazione da quell’ equivoca serietà da gufi “ ], ci si dovrà astenere dalla teoria del processo del mondo non considerando più le masse, ma individui che formeranno una specie di ponte sul selvaggio divenire.

La storia presa in considerazione da una prospettiva corretta deve conferire nuove occasioni alla produzione di ciò che è grande, gli eccessi del senso storico causano gravi danni sul piano dell’ essere e della vita, Nietzsche afferma che l’ errore sta nello scrivere la storia dal punto di vista delle masse, che meritano riguardo solo in quanto “ copie evanescenti dei grandi uomini “ e come loro ostacoli e strumenti.

In quanto ci sono leggi nella storia, le leggi e la storia non valgono nulla, tutto ciò che muove la massa è definito come grande e come “ potenza storica “, ma in questo modo si privilegia la quantità sulla qualità, da un lato il successo non è sinonimo di grandezza e dall’ altro le cose più nobili ed elevate non agiscono sulla massa: il successo storico del Cristianesimo non prova nulla circa la grandezza del fondatore.

Nel XIX secolo si professa una nuova religione fondata sull’ egoismo [ la grande leva dei movimenti storici ] che diviene un nuovo Dio, si tratta – osserva Nietzsche – di un egoismo più accorto e sotteso, si studia la storia proprio per evitare  gli egoismi malaccorti, lo Stato con il suo potere deve proteggere gli egoismi accorti.

Questo eccesso di senso storico promosso, utilizzato e incoraggiato nichilizza i più forti istinti della gioventù [ ardore, amore, ostinazione, oblio d i sé ] sopprimendo il desiderio di maturare lentamente; gli uomini hartmanniani non sono una redenzione per il mondo, quest’ ultimo sarebbe più redento senza di loro se non ci fossero tali uomini.

Colui che protesta esige che l’ uomo impari a vivere, usi la storia per la vita, bisogna essere giovani per capire tale protesta, i tedeschi nonostante si pavoneggino non hanno una cultura [ la cultura odierna è un falso e superficiale sapere intorno alla cultura, perché tollera la contraddizione tra vita e conoscenza ], bensì solo un fiore di carta appuntato.

La culturalità moderna produce l’ uomo di scienza utilizzabile al più presto possibile, il filisteo storico – estetico della cultura, il “ cicalatore sullo Stato, la Chiesa e l’ arte “, chi vuole superare questo tipo di educazione che riempie il giovane di sapere sulla cultura e cultura storica stuprandolo artificialmente nelle sue energie vitali, deve aiutare la gioventù,  se al tedesco viene sostituita alla menzogna necessaria [ di cui faceva uso Platone nel III libro della Repubblica ] con una verità necessaria ed eterna, questa cultura cade [ non un vivo, ergo cogito ma un cogito ero sum ].

L’ antistorico ed il sovrastorico sono i rimedi contro la malattia storica [ che danneggia la forza plastica ], l’ arte e la religione appartenenti al sovrastorico sono contro una scienza incapace di pervenire all’ eterno, ma sempre ferma al divenuto; la vita è il potere più alto, una conoscenza che distrugge la vita distrugge sé, serve un’ igiene della vita accanto alla scienza.

La gioventù che lotta contro la culturalità in favore della vera cultura futura, di cui ha solo un presentimento, soffrirà per il male e per i rimedi, deve scuotere le idee correnti sulla salute e sulla cultura, godendo di una “ valorosa e temeraria onestà e l’ entusiasmante conforto della speranza “.

I Greci per secoli corsero i rischi di noi moderni, di essere innondati da cose straniere e passate, nonostante ciò la cultura greca non divenne un aggregato, ma grazie alla sentenza di Apollo [ Nietzsche aveva fatto qualche riga prima, riferimento al conosci te stesso del dio delfico ] impararono a organizzare il caos dentro di sé tralasciando i bisogni apparenti: la vera cultura non può essere una mera decorazione per la vita, deve porsi bensì come una nuova e rinnovata physis, senza interno ed esterno, senza dissimulazione e convenzione.

 

 

 

 

 

 


INDIETRO