FRIDEGISO DI TOURS

A cura di Manuela Sini

 

 

Di origine anglosassone, intorno al 796 Fridegiso di Tours accompagnò Alcuino, di cui fu discepolo, alla corte di Carlomagno, dove fu maestro alla scuola palatina. Seguì Alcuino all’abbazia di Saint-Martin di Tours, della quale divenne abate nell’804, succedendo al maestro. Fu in seguito abate di Saint-Omer e Saint-Bertin e dall’819 cancelliere di Ludovico il Pio fino all’834, anno della sua morte. L’unico dei suoi scritti ad esserci pervenuto è il De substantia nihili et tenebrarum (o Epistula de nihilo et tenebris ad proceres palatii). Agobardo di Lione nel Contra obiectiones Fridegisi abbatis liber dà notizia di altri testi scritti da Fridegiso, di cui uno in cui si sosteneva la preesistenza delle anime. Dall’800 all’860 la questione della natura del nulla e delle tenebre che Agostino aveva sollevato nel De Ordine e nel De Genesi fu molto dibattuta tra i maestri della scuola palatina, mettendone in luce gli interessi logici e grammaticali nel metodo utilizzato per l’argomentazione. Nel De substantia nihili et tenebrarum Fridegiso pone la questione del nulla domandandosi non se il nulla esista bensì se consista in qualcosa e, eventualmente, se sia possibile indagare sulla natura di questo qualcosa. Per provare e sostenere la consistenza del nulla Fridegiso fa ricorso alla grammatica, una delle arti liberali, in particolare al modo in cui i grammatici definiscono il nome. Poiché ogni nome finito significa qualcosa di finito, si deduce che ciò valga anche per il nulla. L’argomentazione procede con la definizione del nome quale vox significativa (il nome che nomina una cosa si distingue dalla significazione, che media fra i due); ogni significazione si riferisce a ciò che significa. Da ciò Fridegiso deduce che il nulla esiste, ed è qualcosa. Altra questione è il sapere e il dire in cosa questo qualcosa consista, argomentazione per la quale Fridegiso invoca l’autorità delle Sacre Scritture, in particolare il racconto che della creazione si dà nel Genesi, secondo il quale tutto ciò che è creato da Dio è creato dal nulla. Ora, questo nulla è distinto dalla materia informe come dalla causa primordiale delle cose. La conclusione è che non può essere conosciuta la natura del nulla, anche se questa deve essere qualcosa di grande e chiarissimo, dal momento che da esso Dio ha fatto le più grandi creature, cioè gli angeli e gli uomini. Diversamente dal nulla, Fridegiso considera le tenebre come qualcosa di creato. Qui il suo procedimento chiama in causa il come e il perché i nomi siano stati imposti alle cose create: i nomi significano dei referenti la cui realtà non può essere messa in discussione; da tale definizione deriva che un soggetto dichiara una sostanza. L’oscurità, di cui Fridegiso segue le tracce attraverso tutte le Scritture Sacre, deve essere quindi qualcosa di materiale e corporeo, e possedere dunque delle dimensioni spaziali.

 


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