HEGEL

A cura di Renzo Grassano



LO STATO E LA STORIA UNIVERSALE

Alla filosofia della storia Hegel dedica le famose Lezioni sulla filosofia della storia, poi raccolte e pubblicate dai suoi allievi. Secondo Hegel, muovendo dal principio che lo spirito si realizza nella storia, è ovviamente possibile una spiegazione razionale del vicenda storica, e quindi una vera e propria filosofia della storia. L'esposizione più compiuta si trova nelle Lezioni sulla filosofia nella storia, che furono edite da Eduard Gans e dal figlio, Karl Hegel. Hegel afferma una tesi davvero singolare: "La ragione governa il mondo." E spiega: siccome la storia è opera dello spirito oggettivo, quindi dello stesso Assoluto, e sappiamo che questo non può agire che in modo razionale, ecco la dimostrazione. Anche quando si verifica un male, dice Hegel, si tratta solo di un male transitorio e necessario, perchè anch'esso concorre alla realizzazione di un bene maggiore. L'idea di un progresso lineare, tipica dell'illuminismo, viene qui sostituita da quella di un progresso dialettico, che contiene sempre un lato negativo necessario. "Noi vediamo - scrive Hegel - un enorme quadro di eventi e di azioni, di infinatamente varie formazioni di popoli, stati, individui, in un succedersi instancabile...dappertutto vengono proposti e perseguiti fini...Diffuso su tutti questi eventi e casi noi vediamo un umano agire e soffrire, una realtà nostra dovunque e perciò dovunque una inclinazione o un'avversione del nostro interesse...Talora vediamo il più vasto corpo di un interesse generale procedere con maggiore difficoltà, e disgregarsi lasciato in preda ad infinito complesso di piccoli rapporti; talora vediamo nascere il piccolo da un enorme dispiegamento di forze, e l'enorme da ciò che appariva insignificante...e se una vien meno, ecco che un'altra ne prende il posto." Hegel prosegue, asserendo che la prima categoria che impariamo "osservando la vicenda di individui, popoli e stati, che per un certo tempo esistono...e quindi scompaiono, è la categoria del mutamento." "A questa categoria del mutamento è però senz'altro connesso anche l'altro motivo, che dalla morte sorge nuova vita." E qui si innesta il vero nocciolo della filosofia hegeliana della storia, ovvero che il Weltgeist, lo Spirito del mondo, lo stesso Assoluto, si incarna volta per volta nei singoli popoli, formando in ciascuno lo spirito del popolo, diventando così il soggetto che esprime la civiltà, il costume, il contributo di ciascun popolo alla storia del mondo. In ogni fase storica c'è un popolo che domina, anche attraverso la guerra, su tutti gli altri: ciò significa che in quel momento quel popolo è lo Spirito del mondo. E quando la missione sarà compiuta, quando quel popolo sarà giunto al suo declino, allora lo Spirito lo abbandonerà e si incarnerà in un altro popolo, e così via, in un processo progressivo, dove chi prevale è sempre migliore di chi soccombe. Non è che Hegel qui mostri un cinismo del tutto particolare. Trova parole tremendamente efficaci: " Ma pure quando consideriamo la storia come un simile mattatoio, in cui sono state condotte al sacrificio la fortuna dei popoli, la sapienza degli stati e la virtù degli individui, il pensiero giunge di necessità anche a chiedersi in vantaggio di chi, e di quale finalità ultima, siano stati compiuti così enormi sacrifici." Goethe aveva scritto: "La storia è un tessuto di assurdità per il pensatore superiore." Considerazione reiterata in una conversazione con lo storico Luden: "E anche se voi foste in grado di interpretare e di esaminare tutte le fonti, che cosa trovereste? Niente altro che una grande verità, che è stata scoperta da gran tempo e di cui non occorre cercare la conferma: la verità cioè che in ogni tempo e in ogni luogo la condizione umana è stata miserabile. Gli uomini sono stati sempre preoccupati e angosciati, si sono tormentati e torturati reciprocamente, hanno reso difficile a sé ed agli altri quel po' di vita loro concesso e non sono stati capaci di apprezzare e godere la bellezza del mondo e la dolcezza dell'esistenza, loro offerta da quella bellezza..." (Goethe Gespräche, Gesautausgabe, a cura di F. von Biederman, Lipsia 1929, vol.I, p.434) Certo, sarebbe lecito chiedersi perchè non ci si dovrebbe fermare qui, invece di chiedersi se esista uno scopo finale. Ma Hegel, nel reiterare la domanda, insiste, ovviamente, per far passare la sua risposta. Dopo aver descritto la storia come un incessante mutamento, dove la morte segue la vita e la vita la morte, lo spiega come un concetto "orientale", come la fenice mitica, che eternamente si distrugge nel rogo, ed eternamente risorge dalle sue ceneri. Ma questa visione della fenice, prosegue Hegel, non appartiene all'occidente. "Per noi", cioè noi tedeschi, noi europei, noi americani, la storia è una storia dello spirito il quale, se si autodistrugge, non si ripresenta mai nella stessa forma, ma riappare "accresciuto e trasfigurato". Questa storia del fine ultimo non è però solo occidentale, è biblica, secondo Hegel, che legge la Bibbia stessa in termini un po' superficiali, limitandosi a constatare che Dio si è servito di egiziani e babilonesi, di persiani e romani per dare lezioni al suo popolo. Ma la vera lezione della Bibbia non è questa, evidentemente. Il fine a cui è volta la storia è tutto un altro, è l'apocalittico berremo il sangue di condottieri ed eroi, per dire basta ai macelli, e festeggiare un mondo nuovo. Questa sarebbe la vera ragione che governa il mondo, se il mondo desiderasse davvero farsi governare dalla ragione. Ma, affermare questo, per Hegel, sarebbe porsi sulla linea del dover essere e dell'utopia, mentre egli cerca anche qui la riconciliazione con la realtà, in questo caso la realtà storica. Hegel ha addirittura l'ardire di pensare che la storia va intesa come una "progressiva realizzazione del regno di Dio", anzi, in una lettera a Schelling del 1795, aveva cominciato a dire che "la filosofia della storia è una teodicea", cioè una giustificazione di Dio. Pensata in questi termini, non c'è che dire, grande e nobile lo scopo di Hegel: voleva giustificare Dio agli occhi degli uomini stolti, quelli che se la prendono con Dio, che lo bestemmiano quando le cose vanno male. Noi non possiamo che prenderne atto, con malanimo, però. Questo Dio che chiede sangue innocente proprio come un idolo a cui vanno immolati giovani greci, come un qualsiasi minotauro, proprio non ci va giù. In questo quadro diventa difficile digerire la grande e geniale trovata hegeliana dell'astuzia della Ragione (List der Vernunft), eppure essa va spiegata. Se la storia del mondo è guidata da una mano invisibile, come l'economia secondo Adam Smith, significa che tutti gli uomini hanno funzione subalterna, e qualunque cosa facciano, fanno la volontà superiore. Credono di agire liberamente, motu proprio, in realtà agiscono conto terzi, l'ineffabile spirito motore del mondo. Per Hegel, alcuni individui non fanno che conservare i costumi del proprio popolo, e questi sono la maggioranza; altri, una piccola minoranza, lo trasformano, facendo progredire la storia del mondo. Hegel li chiama "individui cosmico-storici." Sono i grandi protagonisti della storia, come Alessandro, Cesare e Napoleone. Tutti, gli uomini, grandi o piccoli che siano, secondo Hegel, contribuiscono a realizzare fini ad essi estranei, secondo il disegno superiore che si serve di loro anche calpestando i loro fini particolari. Ecco come entra in gioco l'astuzia della Ragione, che governa il mondo in modo ovviamente provvidenziale. L'astuzia della ragione è quindi la capacità dello Spirito di usare la fiera delle umane vanità per dimostrare sempre qualcosa di nuovo, qualcosa che realizza il regno di Dio in progress. E, paradosso tra i paradossi, dopo aver mostrato che l'uomo si crede libero, ma è solo una marionetta nelle mani dello Spirito, Hegel riesce a teorizzare esattamente il contrario, ovvero che lo scopo dello Spirito è la realizzazione della coscienza di sé che si esprime nella libertà. Il fine della storia del mondo, cioè tutto questo macello, è per Hegel la libertà dell'uomo, la quale si realizza in momenti positivi e negativi, affermandosi, negandosi, mantenendo e togliendo. Hegel individua tre grandi tappe nello sviluppo storico: il mondo orientale, il mondo greco-romano, il mondo cristiano-germanico. L'antico mondo orientale, secondo Hegel, era caratterizzato dal fatto che solo uno era libero in senso assoluto, cioè il monarca divinizzato, il despota. Il mondo orientale era il mondo del dispotismo, caratterizzato non dalla legge e dal diritto, ma dal capriccio e dalle passioni di uno: gli altri dovevano solo obbedire. Al contrario, secondo Hegel, il mondo greco-romano mette in evidenza la libertà di molti. Non tutti sono liberi, perchè esiste la schiavitù, tuttavia, è attraverso questo necessario sviluppo della libertà di alcuni, che si arriverà al concetto della libertà per tutti. Riprendendo un concetto tipico dello Hegel giovanile, questo Hegel maturo e riconciliato con la realtà e la storia, insiste sul fatto che presso i greci la libertà è una "libertà bella", immediata, che realizza un rapporto armonico tra cittadino e stato. Ma, già nel mondo romano questa armonia conosce una scissione, contrapponendo l'individuo allo stato e sviluppando, nella legge romana, soprattutto il concetto di diritto privato. Il culmine del processo storico è toccato, secondo Hegel, dalla realizzazione dello Spirito nel mondo cristiano-germanico. Cioè nella monarchia prussiana, destinata a chissà quali grandi imprese. Per Hegel, la grande novità del mondo tedesco e protestante è che tutti sono liberi, anche se si tratta, fenomenologicamente, di una libertà negata nel medioevo, quindi di una libertà solo interiore, ma che avanza nella storia, grazie al cristianesimo. La Riforma luterana, secondo Hegel, affermando che Dio non è più estraneo all'uomo, non è mediato dal clero e dai sacerdoti, ma è interiore all'uomo, attingibile da ognuno, realizza le basi ultime di quella piattaforma culturale necessaria alla libertà anche esteriore ed oggettiva. La Riforma ha così reso come non necessaria, secondo Hegel, una rivoluzione sul tipo di quella francese in Germania.

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