DAVID HUME

IMPRESSIONI E IDEE


A cura di Gigliana Maestri



ORIGINE DELLE NOSTRE IDEE
Tutte le percezioni della mente umana possono essere distinte in impressioni e idee. Esse differiscono soltanto sulla base della maggiore o minore vivacità che le caratterizza. Le impressioni sono molto più vivaci delle idee, ossia ci colpiscono con una forza, un'energia ed un vigore particolari: sono sensazioni, passioni, emozioni, ecc. Le idee, invece, sono una copia sbiadita delle impressioni nel ragionare e nel pensare. Nella quarta parte del I Libro del suo Trattato, Hume scrive: "...le sole esistenze di cui siamo certi sono le percezioni, le quali essendo immediatamente presenti a noi in quanto ne siamo consapevoli, c'impongono il più reciso consenso e formano il primo fondamento di tutti i nostri ragionamenti". Secondo Hume, non occorre spiegarsi oltre: tutti sappiamo, per esperienza diretta, quale sia la differenza fra sentire e pensare: "sentiamo" le impressioni, "pensiamo" le idee ad esse corrispondenti (ad esempio, posso "sentire" un odio violento contro una persona, un odio intenso e immediato, poi, passato questo impulso, posso pensare ad esso, pensare cioè all'odio che ho provato, e, nel pensiero, ossia nella rappresentazione mentale che ne faccio, l'odio stesso perde il suo primitivo vigore, la sua intensità). Tutte le nostre percezioni hanno quindi una sorta di "doppio statuto": ciascuna di esse può colpirci o come impressione o come idea. Hume attua la distinzione fra impressioni e idee con l'esplicita volontà di "correggere" Locke, che aveva chiamato "idee" tutte le nostre percezioni. Scrive Hume:

"Col termine poi di impressione non si pensi ch'io voglia esprimere il modo con cui le impressioni vivaci vengon prodotte nell'anima: intendo proprio le percezioni stesse. Per queste non esiste, ch'io conosca, nessun nome particolare in inglese, né in altra lingua".

Hume ammette l'esistenza di alcuni casi che sembrano in contrasto con la sua dottrina: in certe circostanze, le idee sono vivaci quanto le impressioni, come ad esempio accade in una persona con la febbre, o nel caso della pazzia, o in certe emozioni violente dell'anima. Tuttavia, si tratta di condizioni particolari, che non possono essere assunte come norme in un discorso generale. Sia le impressioni che le idee possono essere distinte in semplici e complesse. Le percezioni semplici sono quelle che non possono essere suddivise in ulteriori percezioni, quelle complesse, invece, possono essere divise in parti: ad esempio, l'idea di una mela è formata dall'idea di un determinato colore, di un certo sapore, di una certa forma e così via. ( A questo punto, è possibile fare una riflessione. Se, come Hume sostiene, le impressioni hanno un carattere istintivo, immediato, nel senso che le "sentiamo", non si comprende allora il motivo della loro divisione in "semplici" e "complesse": come può un'energia essere distinta in parti? Come si può suddividere qualcosa di istintivo, che ci colpisce con notevole vigore? Un'energia è tale nella sua inconfondibile unità. Probabilmente, Hume è influenzato dalle distinzioni intellettualistiche tipicamente lockiane). Le idee complesse non hanno necessariamente impressioni complesse che le corrispondano, e le impressioni complesse, a loro volta, non hanno necessariamente idee complesse corrispondenti. Per esempio, posso formarmi l'idea di una città chiamata Nuova Gerusalemme, una città con il selciato d'oro e le mura di rubini, e tuttavia non l'ho mai vista, ossia non ne ho mai ricevuto l'impressione. Posso invece aver visto Parigi, ma non essere in grado di formarmi l'idea esatta delle sue strade, delle sue case, ecc. Se invece esaminiamo le idee semplici, notiamo che hanno sempre un'impressione semplice corrispondente, così come un'impressione semplice ha sempre un'idea semplice corrispondente. L'idea del colore rosso che posso avere al buio corrisponde perfettamente al colore rosso che vedo alla luce: l'unica variazione, in questo caso, consiste nella vivacità, che ovviamente è molto maggiore nel momento in cui io "vedo" il colore rosso alla luce, cioè nel momento in cui ne ho l'impressione. A questo punto, data la perfetta corrispondenza di impressioni semplici ed idee semplici, è ovvio chiedersi cosa "venga prima", se le impressioni o le idee. L'esperienza ci mostra che ogni idea semplice, al suo primo apparire, deriva da un'impressione semplice, e le corrisponde perfettamente. Ad esempio, se vogliamo insegnare ad un bambino cosa sia il colore rosso, lo facciamo mostrandogli un oggetto di quel colore, ossia suscitando in lui l'impressione di quel colore (in altri termini, facciamo in modo che ne abbia esperienza diretta); certamente non diamo al bambino una definizione astratta del colore rosso. Ancora: per avere l'idea del sapore di un determinato cibo, prima dobbiamo assaggiarlo, cioè dobbiamo riceverne l'impressione (farne diretta esperienza): non possiamo conoscerlo per mezzo di un'idea. Una persona cieca, poi, non può possedere l'idea di tante cose proprio perché non ne ha l'impressione. Pertanto, la precedenza delle impressioni sulle idee è "logica" e "cronologica" allo stesso tempo: la priorità delle impressioni è data dalla qualità "istintiva" e "pratica" tipica del "sentire". C'è un caso molto particolare in cui questa regola viene meno. Se mostriamo a qualcuno tutte le possibili sfumature di un colore, ad esempio il blu, dalla sfumatura più chiara alla più scura, evitando però di farne vedere una, questo "salto", cioè l'assenza di un'unica sfumatura, sarà percepito da quella persona, perché essa riesce a farsi l'idea della sfumatura mancante, cioè riesce a compensare quella mancanza attraverso l'immaginazione. Tuttavia, anche qui si tratta soltanto di un caso, che non può influire su un'indiscutibile regola generale. Il fatto che ogni idea semplice derivi da un'impressione semplice è una verità filosofica molto importante, perché è il corrispettivo della convinzione per cui tutte le nostre idee derivano dall'esperienza. In altri termini, i filosofi che hanno sostenuto l'inesistenza delle idee innate, e hanno considerato l'esperienza come l'unica fonte di tutte le nostre idee, hanno affermato, con un linguaggio diverso, che ogni idea è sempre preceduta da una percezione più vivace. (In definitiva, se le impressioni costituiscono la nostra esperienza, le idee semplici da esse derivate sono ovviamente ricavate dall'esperienza).

IMPRESSIONI DI RIFLESSIONE E IMPRESSIONI DI SENSAZIONE
Le impressioni possono essere distinte in impressioni di riflessione e impressioni di sensazione. Queste ultime sono impresse nell'anima da cause sconosciute, e sono quelle impressioni che corrispondono al tatto, alla vista e all'udito. Le impressioni di riflessione, invece, che sono emozioni, passioni, sentimenti derivano in gran parte dalle nostre idee, attraverso un processo particolare, che Hume spiega così: un'impressione, ad esempio di piacere o di dolore, ci colpisce; poi, una volta terminata, si trasforma in idea. Quando quest'idea torna ad operare sulla nostra mente, cioè quando "pensiamo" a quel piacere o a quel dolore, essa produce nuove impressioni, in questo caso di desiderio nei confronti del piacere, e di avversione nei confronti del dolore. Tali impressioni, a loro volta, vengono riprodotte dalla memoria e dall'immaginazione, e diventano idee. Ciò vuol dire che le impressioni di riflessione derivano, in ultima analisi, dalle nostre idee di sensazione. A questo punto, Hume si preoccupa di circoscrivere il suo campo di ricerca: l'esame delle sensazioni è un compito che riguarda l'anatomista o il filosofo naturale, e quindi non ha nulla a che vedere con l'analisi che qui viene condotta. Siccome poi le impressioni di riflessione nascono dalle idee, allora, sostiene Hume, sarà bene esaminare subito proprio queste.

IDEE DELLA MEMORIA E DELL'IMMAGINAZIONE
Quando un'impressione colpisce la nostra mente, vi ritorna sotto forma di idea. Ma ciò può avvenire in due modi distinti: o quest'idea mantiene quasi intatta la sua primitiva vivacità, essendo così a metà fra un'idea e un'impressione, oppure perde tutta la sua forza originaria diventando un'idea vera e propria. La facoltà per cui le idee mantengono una forte vivacità è la memoria, quella per cui la perdono, invece, è l'immaginazione. Secondo Hume, si tratta di un fatto immediatamente evidente, cioè a portata della nostra esperienza. Quando ricordiamo un avvenimento passato, la sua idea colpisce la nostra mente con una certa forza, e tale forza aumenta o diminuisce a seconda che il ricordo sia più o meno recente; la medesima idea, invece, se concepita dall'immaginazione, non ha altrettanto vigore (non a caso, quando un ricordo è molto lontano nel tempo, e quindi ha perso la sua vivacità, comincia ad essere talmente "debole" da venire confuso con un'immagine della fantasia: capita spesso a molti, infatti, di non sapere più se un certo ricordo corrisponda a qualcosa di realmente accaduto, oppure se sia frutto dell'immaginazione). La funzione fondamentale della memoria non consiste nel conservare le idee semplici, ma nel mantenerne l'ordine e la posizione. Per esempio, se in una narrazione storica l'autore vuole "invertire" i fatti di cui parla, ossia vuole parlare "prima" di un fatto che invece è accaduto "dopo" un altro, può farlo, ma deve avvertire il lettore dell'irregolarità commessa, "e in tal modo rimettere l'idea al posto dovuto". L'immaginazione, invece, è completamente libera di trasporre le sue idee a piacimento. In questo senso, si pensi a ciò che accade nelle favole, dove compaiono mostri, draghi fiammeggianti, cavalli alati, dove cioè la natura appare completamente sconvolta. In questo senso, la libertà dell'immaginazione non deve stupire, in quanto tutte le nostre idee sono copie di impressioni, e non esistono mai due impressioni perfettamente inseparabili; in parole diverse, due idee distinte sono sempre separabili, e quindi possono anche essere scomposte, e in seguito aggregate, ricomposte, sommate in piena libertà (posso "comporre" l'idea del "cavallo" e quella delle "ali", dando così luogo all'idea del "cavallo alato", perché l'idea del cavallo e quella delle ali sono distinte, quindi separate). E poi, tale libertà di trasposizione, tipica dell'immaginazione, è un'ovvia conseguenza della suddivisione delle idee in semplici e complesse: "ovunque l'immaginazione percepisca una differenza fra le idee, può facilmente operare tra loro una separazione".

LA CONNESSIONE O ASSOCIAZIONE DELLE IDEE
Dal momento che tutte le idee semplici possono essere separate dall'immaginazione, e poi riaggregate liberamente, ciò deve avvenire grazie a dei principi universali che rendano il lavoro dell'immaginazione in linea di massima uniforme in tutti i tempi e luoghi. Sappiamo per esperienza diretta che la nostra mente "scorre" attraverso i suoi pensieri, e "forma" idee complesse con estrema facilità e disinvoltura. Ma è impossibile che le idee semplici si connettano tra loro senza alcuna regola, cioè senza una proprietà che le "guidi" in questo senso. Le proprietà che danno origine a questa associazione, ossia che rendono possibile l'unione delle idee semplici per formare quelle complesse, sono tre: somiglianza, contiguità spazio-temporale, causalità. Queste proprietà sono ovvie, nel senso che non c'è alcun bisogno di dimostrare la loro validità: infatti, sappiamo tutti per esperienza che un'idea trascina naturalmente con sé una che le assomiglia, una che le è contigua, ed una che le è connessa. Tali proprietà non sono le uniche a rendere possibile la composizione delle nostre idee semplici, e non sono neppure "perfette", perché la nostra mente scorre attraverso i suoi pensieri molto irregolarmente; tuttavia, possiamo affermare che esse siano comunque le proprietà più generali, una sorta di "leggi di attrazione" valide nel nostro mondo mentale. La proprietà più estensiva è quella di causalità. In generale, un oggetto può essere considerato causa di un altro sia quando determini il movimento o l'azione dell'altro, sia quando costituisca la causa dell'esistenza del secondo. Tale causalità può esistere anche "in potenza", nel senso che un oggetto o una persona, volendo, possono eventualmente causare l'azione o il movimento di altri. Si pensi, ad esempio, al rapporto tra governanti e sudditi, oppure a quello fra padrone e servo: un padrone ha il potere di far muovere i suoi servi, ossia può causare il loro movimento. Come si è detto, queste proprietà d'associazione costituiscono una sorta di "attrazione" nel mondo mentale. Tuttavia, la causa di tale attrazione resta sconosciuta. Possiamo soltanto affermare che le tre proprietà citate sono originarie della natura umana, senz'altra spiegazione possibile. D'altra parte, un vero filosofo non deve regredire all'infinito nella ricerca di cause, dato che si tratta di un'operazione impossibile: dopo aver condotto un sufficiente numero di esperimenti, che stabiliscano una dottrina, egli può ritenersi soddisfatto. Le proprietà d'associazione delle idee svolgono il compito fondamentale di unire le idee semplici per formare quelle complesse: esse si distinguono in relazioni, modi e sostanze, secondo il paradigma lockiano.

LE RELAZIONI
In filosofia, quando si parla di "relazioni" s'intende ogni tipo di paragone o confronto che si possa istituire fra oggetti o idee, indipendentemente da un principio di connessione. Ad esempio, in filosofia anche la "distanza" è una relazione, in quanto ne acquistiamo l'idea dal confronto che stabiliamo fra gli oggetti. Sette sono le fonti di tutte le possibili relazioni che possiamo istituire fra le idee: somiglianza, contrarietà, grado di qualità, proporzione di quantità o di numero, identità, situazione spazio-temporale, causalità. E' ovvio mettere a confronto gli oggetti in base alla somiglianza. Anzi, senza di essa non può esistere alcuna relazione filosofica, perché nessun oggetto può essere confrontato con altri che non abbiano un minimo grado di somiglianza con esso. La contrarietà può sembrare in contrasto con quanto affermato a proposito della somiglianza, ma in realtà due idee non sono mai contrarie in se stesse, tranne quelle di esistenza e di non-esistenza, che però sono somiglianti in quanto implicano entrambe un'idea dell'oggetto. Esiste poi, sempre come fonte di relazione, il grado di qualità, che in effetti dà luogo a innumerevoli confronti: ad esempio, di due oggetti pesanti, l'uno può essere di maggiore o minor peso dell'altro; due colori della stessa specie possono avere diverse sfumature, e quindi prestarsi ad un paragone sotto questo aspetto. Altrettanto importante è la proporzione di quantità o di numero, in base alla quale stabiliamo moltissimi paragoni. L' identità è invece la relazione filosofica più universale, in quanto comune a tutti gli oggetti la cui esistenza abbia una durata. Viene applicata ad oggetti costanti ed immutabili, ed indica invariabilità ed ininterruzione di un oggetto in un certo intervallo di tempo. La situazione spazio-temporale dà luogo a moltissime relazioni: un oggetto, rispetto ad un altro, può venire prima o dopo, può essere sopra o sotto, davanti o dietro, ecc. Infine, la causalità in quanto relazione filosofica implica contiguità fra gli oggetti e priorità della causa rispetto all'effetto.

I MODI E LE SOSTANZE
Le sostanze, ma anche i modi, sono soltanto collezioni di idee semplici cui viene attribuito un unico nome, utile a richiamare tali collezioni alla mente. Dobbiamo chiederci, infatti, da cosa derivi l'idea di sostanza. Si è visto che tutte le idee semplici derivano da impressioni; a loro volta, le impressioni sono di due tipi, impressioni di sensazione e impressioni di riflessione. Se l'idea di sostanza derivasse dalle impressioni di sensazione, dovrebbe esserci trasmessa dai sensi; in questi casi, la sostanza sarebbe allora un suono, oppure un colore, o un sapore e così via. Ma nessuno vorrà ammettere che una sostanza s'identifichi con un suono, un colore o un sapore. Se invece l'idea di sostanza provenisse da impressioni di riflessione, allora dovrebbe essere una passione, un'emozione, un sentimento, cosa che nessuno può accettare. Di conseguenza, arriviamo alla definizione che è stata data, ossia alla sostanza intesa come collezione di idee semplici. Esiste però una differenza rilevante fra sostanze e modi. Le idee semplici che formano le prime sono strettamente connesse da causalità e contiguità. Pertanto, ogni volta che viene scoperta una nuova qualità di una particolare sostanza, si suppone che tale qualità sia sempre esistita, e viene aggiunta alle altre senza che la sostanza cambi nome. A tale proposito, può essere utile un esempio: se prendiamo in considerazione la sostanza "oro", possiamo affermare che essa sia costituita dalle idee di un determinato peso specifico, di un determinato colore, e così via; ad un certo punto, scopriamo che l'oro è solubile nell'acqua regia, e quindi aggiungiamo quest'idea alle altre idee che formano la sostanza "oro", senza che questo cambi il suo nome, perché pensiamo che tale qualità, cioè la solubilità nell'acqua regia, sia sempre esistita nell'oro, anche se non ne eravamo a conoscenza. Ciò accade perché, in questo caso, il fondamento dell'idea complessa consiste proprio nel principio di connessione. Nei modi, invece, le idee semplici rappresentano qualità che o sono sparse in differenti oggetti, oppure, pur appartenendo allo stesso oggetto, il principio di connessione non ne costituisce il fondamento. Esempio del primo tipo "il ballo", esempio del secondo tipo "la bellezza".

LE IDEE ASTRATTE
Hume inizia la sua trattazione relativa alle idee generali o astratte dalla definizione che ne ha fornito Berkeley: le idee generali sono soltanto idee particolari, individuali, assunte per designare una classe di oggetti simili. Si tratta di una concezione legata alla consapevolezza del fatto che tutto ciò che cade sotto la nostra esperienza è particolare: nella nostra esistenza, cioè, noi non conosciamo mai un oggetto "in generale"; ad esempio, non conosciamo una casa, un albero, un fiore in generale, ma soltanto una determinata casa, un certo albero, un certo fiore, tutti con caratteristiche individuali e ben definite. Gli uomini sono convinti di poter formulare idee generali mediante l'astrazione, ossia "separando" un oggetto dai suoi gradi di qualità e di quantità. In realtà, si tratta di un'operazione impossibile, perché sappiamo per esperienza di non percepire mai un'idea priva di gradi di qualità o di quantità, o, in termini diversi, sappiamo di non poter concepire quantità e qualità prive di un certo grado. Si può fare un esempio: se pensiamo ad una linea e alla sua lunghezza, ci rendiamo conto di non poter mai concepire le due idee separatamente; nella rappresentazione mentale che ce ne facciamo, l'idea della linea è sempre legata a quella della sua lunghezza. In altre parole, l'idea della linea e l'idea della sua lunghezza non sono separabili nella nostra rappresentazione mentale: possiamo compiere ogni sforzo per tentare di dividerle, cioè per pensarle separate, ma il risultato sarà sempre negativo. Per comprendere ciò, occorre ricordare che tutte le nostre idee derivano dalle impressioni; dal momento che non abbiamo mai un'impressione priva di determinazioni di qualità o quantità, ciò vale anche per le idee. Hume spiega quindi il meccanismo psicologico alla base della formulazione delle cosiddette idee generali o astratte, che in realtà non sono tali in se stesse, ma sono tali soltanto per ciò che rappresentano. Quando vediamo oggetti simili, anche se non uguali, attribuiamo ad essi un unico nome, proprio a causa della loro somiglianza. In seguito, l'udire quel nome risveglia in noi un'abitudine: l'abitudine di considerare quegli oggetti tutti insieme, e di richiamarne alla mente uno solo o alcuni in caso le circostanze lo richiedano. In altri termini, gli oggetti somiglianti, designati con un unico nome, sono presenti nella nostra mente soltanto "in potenza", perché il nostro intelletto non ha certo la capacità di rappresentarsi tutti gli innumerevoli singoli oggetti di una stessa "classe"; tuttavia, la parola usata per designarli risveglia in noi l'abitudine che abbiamo contratta di considerare quegli oggetti tutti insieme, in quanto somiglianti, e di rappresentarcene uno se il momento lo richiede. A tale riguardo si può fare un esempio: il termine "uomo" è abitualmente usato per indicare sia "gli uomini in generale" (tutta l'umanità) sia ogni singolo uomo particolare (ciascuno di noi preso individualmente); però nessuno può rappresentarsi nella sua mente tutti gli innumerevoli singoli uomini che formano l'idea di "uomo" in generale, perché, come si è detto, ciò oltrepassa le nostre limitate capacità. Dobbiamo invece affermare che il termine "uomo" esprime una potenzialità, il potere che la nostra mente ha di rappresentarsi soltanto uomini particolari, cioè individui, quando le circostanze lo richiedano. A questo punto si comprende quanto precedentemente affermato: le idee sono generali o astratte non "in se stesse", ma per ciò che rappresentano, e ciò che rappresentano è dovuto esclusivamente all'abitudine, nel senso che ci abituiamo a chiamare con il medesimo nome oggetti somiglianti o con caratteristiche comuni. Inoltre, dal momento che attribuiamo un unico nome ad una serie di oggetti in base alla loro somiglianza, e visto che la somiglianza è un principio d'associazione delle idee, allora la nostra mente scorre facilmente da un'idea all'altra, cioè facilmente passa da un oggetto ad un altro appartenente alla medesima classe. Hume sostiene che non sappiamo perché la nostra mente proceda in questo modo, ma l'esperienza c'insegna che avviene proprio questo, e l'esperienza costituisce l'unica fonte della nostra conoscenza.

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