INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DELLA RELIGIONE

FILOSOFIA E RELIGIONE

 

Di Antonietta Pistone

 

 

La filosofia nasce come ricerca metafisica[i] del principio, e causa prima, di tutta la realtà, nel VII sec. A.C. nelle colonie dell’Asia Minore a Mileto, con la speculazione dell’astronomo Talete, che riconosce l’arché originario nell’acqua. Contemporaneamente nell’Oriente arabo ha inizio la predicazione del profeta Maometto, che diffonde la religiosità di Allah e del Corano, attraverso la fede islamica. Nel VI sec. A.C., in Nepal, ai confini settentrionali con l’India, si afferma il Buddhismo, un particolare approccio filosofico religioso ai problemi dell’esistenza umana, interpretata essenzialmente come dolore e sofferenza. Il Buddha Siddhārtha Gautama, monaco e asceta, fondatore della religione indiana, crede di poter rimediare al dolore sospendendo il desiderio, da cui deriva ogni sofferenza, e invita i suoi seguaci a praticare l’ascetismo, che è distacco dalle passioni del mondo, per raggiungere la pace dei sensi e l’equilibrio interiore. Le tecniche di meditazione, che fanno riferimento al respirare attraverso successive inspirazioni ed espirazioni, sono perciò molto importanti per raggiungere un buon livello di estraniazione dalla realtà, con la conseguente sospensione della brama. Si apprende, così, a gestire il proprio corpo per percepirlo in sintonia con la natura ed il creato, e per ricostituire l’armonia iniziale primigenia fusionale con il tutto. Già intorno al XIII sec. A.C. era sorto, nelle regioni dell’Europa orientale l’Induismo, con cui il Buddhismo successivamente condivide i concetti di Samsara, il ciclo di reincarnazione dell’anima immortale; di Karma, la legge di causa-effetto che definisce l’andamento dei fenomeni osservabili in natura nel loro svolgimento; e di Dharma, la legge cosmica universale che interpreta l’esistenza come dolore e sofferenza perché condizionata dall’attaccamento alla realtà del vivere, e determinata dalla volontà del desiderare con passione attraverso la brama di volere. Se la speculazione filosofica comincia come indagine sui principi primi della natura, nel buddhismo e nell’islamismo si pone già il problema di risolvere l’esistenza umana attraverso le domande di senso dell’uomo sulla realtà di Dio, sulla vita e sulla morte, sulla natura dell’anima, sull’immortalità, sulle questioni riguardanti l’agire morale ed il comportamento nella scelta libera, sui possibili legami della spiritualità umana con realtà escatologiche non storiche e materiali. La stessa ricerca filosofica, che già Aristotele riconosce come speculazione metafisica, si pone sul nascere i problemi ineludibili della fondazione gnoselogica, ontologica e teologica. Difatti, quando si vogliano affrontare questioni radicali dell’esistenza, non si può prescindere dalla ricerca metafisica sui fondamenti ontologici, né si possono evitare le domande religiose, che ogni uomo, in ogni tempo, ad ogni latitudine geografica, si è sempre posto, si pone e si porrà. Donde la necessità di un filosofia della religione, che abbia come suo principale obiettivo di ricerca l’approfondimento delle tematiche spirituali della vita, nel tentativo di fornire risposte di senso e tecniche di salvezza che possano, in qualche modo, arginare lo spettro del nichilismo, del vuoto di valori, della morte del senso e del deserto in cui ci si trova, in assenza di una morale universale, di un’etica accettabile e comunemente condivisibile, che si ponga come rimedio al terribile evento della morte di Dio[ii], e della fine dei valori universali che avevano predicato l’ebraismo e il cattolicesimo. Una filosofia della religione che riconosca tra i suoi obiettivi principali il problema di valutare, di ripercorrere, di affrontare per intero, scalzando paure e infingimenti, la tragedia contemporanea dello smarrimento dell’uomo, senza riferimenti certi e adeguati, in risposta alle sempre insistenti domande in vista del recupero di una ragione forte. Prendendo atto che nemmeno chi si definisce e reputa ateo può eludere dal suo percorso esistenziale gli interrogativi su Dio. Né può, l’ateo, vivere senza optare per il mondo dei valori o per quello dei disvalori, non potendo nessuno liberarsi della propria coscienza morale, né della necessità di scegliere. Entro le questioni della filosofia della religione rientrano, perciò, di diritto tutte le problematiche morali, comportamentali e spirituali dell’uomo, che continui a vivere nel mondo senza tralasciare le istanze più profonde ed inquietanti della propria spiritualità religiosa. La religione è la fede che si predilige come risposta agli interrogativi della religiosità spirituale. Ogni religione è frutto della storia di una civiltà, e parla della cultura, delle credenze, dei valori di un popolo. Il legame con la sua storia è inevitabile. Perché risulta davvero impossibile comprendere le ragioni di una civiltà senza capire i valori religiosi cui si ispira. Sembra che si voglia qui rovesciare, paradossalmente, il presupposto su cui regge il materialismo storico di Marx. Se è vero che l’ideologia sovrastrutturale deriva dall’insieme dei rapporti economici di ogni società, pare si stia a perdere tempo soffermandosi ad approfondire i nessi tra spiritualità religiosa e cultura, storia e tradizioni dei popoli. Ma già Weber, ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo modifica il rapporto tra struttura e sovrastruttura a vantaggio della seconda, e rilegge il materialismo storico marxista, invertendolo. Deriva infatti, secondo la sua analisi,  il capitalismo dalla religione protestante calvinista, e non il contrario, la religione protestante dal capitalismo. Certamente economia e religione sono due aspetti fondamentali della vita dell’uomo in società. E costituiscono due approcci indispensabili per la comprensione storica profonda e disillusa delle ragioni che animano le civiltà. Da questo presupposto si evince facilmente l’importanza di uno studio serio delle religioni, come imprescindibile passaggio per la comprensione storica di epoche e civiltà. Con questo spirito si vuole intraprendere un percorso di ricerca che approfondisca il senso delle religioni monoteiste, cattolica, ebraica ed islamica, viste nel tempo attraverso lo sguardo critico ed acuto dei filosofi, che le hanno variamente interpretate. Ma comprese anche alla luce dei fatti storici più importanti che le hanno da sempre viste protagoniste della scena fino ai nostri giorni, a partire dalle Crociate, attraverso le guerre di religione, per giungere all’attuale fenomeno del terrorismo internazionale di matrice islamica. E alle questioni e ai dibattiti sempre aperti e dialettici, e non per questo meno rilevanti, tra la Chiesa cattolica e il mondo laico, soprattutto in materia di scelte sessuali, ma anche per questioni di tipo razziale e sociale in senso lato. Proponendo, inoltre, anche quelle filosofie della religione come il Buddhismo e l’Induismo, unitamente alle ulteriori suggestioni provenienti dall’oriente, che possano essere utili e funzionali a capire le anomale inefficienze della nostra epoca polimorfa, ma anche a saper intravedere una possibile via di recupero dei valori della civiltà orientale, che non abbiamo sin qui saputo valorizzare, troppo miopi nel nostro diffuso eurocentrico occidentalismo, ponendoci stupidamente in contrasto con culture e civiltà che hanno ancora tanto da dire, attraverso i valori della pace e della nonviolenza. Valori che noi abbiamo del tutto scotomizzato dalle nostre coscienze dialettiche, per interpretare il mutamento come rivoluzione possibile solo a partire dal di fuori dell’uomo. Dimenticando che il vero cambiamento è quello che avviene dentro le coscienze, perché è il solo rinnovamento possibile nell’ambito di un’educazione alla pace e al rispetto reciproco. Che rimane oggi l’unico approccio reale all’altro, in un contesto che voglia definirsi ancora patrimonio culturale umanamente condivisibile e spendibile entro reti di relazioni significative, per impegnarci a restituire un senso alle nostre esistenze annichilite ed abbrutite dalla mancanza e dal bisogno cui non si trova risposta per cui valga la pena spendersi. Tornare dentro le coscienze potrebbe, invece, svelare un patrimonio di cultura inesplorato, che deve essere necessariamente valorizzato e riscoperto, come una tra le altre possibilità aperte per il nostro futuro. A partire dalla filosofia presocratica, attraverso l’approccio degli atei e degli agnostici, fino a giungere alla filosofia della religione cattolica, senza trascurare le altre fedi, tutte ugualmente meritevoli di doverosa attenzione e di altrettanto rispettosa considerazione. Per religione si intende, infatti, la garanzia soprannaturale offerta all’uomo per la propria salvezza[iii], non necessariamente da una divinità. Prova di ciò è l’esistenza di quelle religioni atee come il Buddhismo di cui si è già prima fatto cenno. Né risulta indispensabile il rapporto dell’uomo con Dio, tenuto conto che l’Epicureismo ammette l’esistenza di divinità che vivono isolate dal contesto umano, senza occuparsi affatto delle questioni mondane. La salvezza che la religione vuole garantire all’uomo non è salvezza dai mali del mondo, ma può essere anche salvezza dal mondo stesso, come nel caso del Buddhismo. Bisogna, inoltre, sottolineare, la differenza intercorrente tra la credenza religiosa nella salvezza soprannaturale, e le tecniche che garantiscono il perseguimento della salvezza stessa. Esse sono costituite dall’insieme dei riti della preghiera, del sacrificio, della penitenza, della partecipazione alle celebrazioni, dei sacramenti, delle cerimonie e del servizio, divino o sociale che sia. Ed è necessario distinguere, parimenti, tra religione naturale, come diretta disposizione individuale a credere nel soprannaturale; e religione positiva, che è l’insieme delle pratiche rituali pubbliche che contribuiscono al raggiungimento della salvezza spirituale. Nel suo aspetto naturale, la religione è più vicina alla religiosità, come sentimento individuale per il soprannaturale; nel suo aspetto istituzionale, la religione assume le vesti della fede apertamente dichiarata e praticata, attraverso i riti. In effetti il concetto di religione comprende entrambi gli aspetti considerati. Cicerone fa derivare il termine dall’espressione latina relegere, perciò si dicevano religiosi quelli che anticamente compivano con accortezza e scrupolo tutti gli atti riguardanti il culto divino. Se il concepire la religione come un insieme di tecniche di salvezza la avvicina inevitabilmente alla filosofia, quando questa venga ritenuta una terapia dell’anima; la religione può anche essere studiata per le sue specificità epistemologiche e strutturali, in quanto dottrina dell’origine divina; dottrina dell’origine politica e dottrina dell’origine umana. Come dottrina dell’origine divina, la religione è rivelazione, cioè espressione filosofica della verità oggettiva, e del suo valore assoluto. In questa concezione vi è l’implicita idea che la religione consista nell’ «accettare ogni cosa particolare come una parte del Tutto, ogni cosa finita come un’espressione dell’infinito[iv]». La dottrina dell’origine politica della religione svuota la religione stessa delle sue finalità intrinseche di guida alla salvezza dello spirito, perché la ritiene un semplice spauracchio inventato dagli uomini che, attraverso la presenza di un Dio antropomorfo da loro stessi creato, si sono garantiti il rispetto delle leggi e la rettitudine morale della comunità tutta: «gli antichi legislatori finsero la divinità come una specie di ispettore delle azioni umane, sia buone che cattive, affinché nessuno recasse ingiuria o tradimento al suo prossimo, per paura di una vendetta degli dèi[v]». Questo medesimo pensiero lo si ritrova in molte correnti filosofiche atee, come il libertinismo, l’illuminismo ed il marxismo. La dottrina dell’origine umana della religione interpreta la religione stessa come un bisogno teoretico conoscitivo dell’anima, o come una necessità derivata dal timore dell’ignoto e dalla paura del futuro che non si sa e non si può prevedere. Il concetto di storia provvidenziale che è insito in ogni cultura religiosa mette al riparo dall’alea, e pacifica rasserenando l’esistenza. È fuor di dubbio il valore conoscitivo di ogni religione, che è sempre e comunque un tentativo di spiegarsi il mondo per dominarlo e dirigerlo. In questo senso ogni religione è una metafisica ontologica della realtà. E se oggi la fede viene naturalmente accostata alla filosofia, nell’antichità ogni religione faceva uso di tecniche propiziatorie legate alla pratica della magia. Si trattava, in sostanza, di muovere le forze oscure e misteriose dell’universo, per propiziarsele. Freud interpreta questo rapporto dell’uomo con la divinità come un legame ancestrale tra il figlio, bisognoso di protezione e di cure, ed il padre, che rappresenta la certezza e la forza possibile. Il riferimento incrollabile per le proprie fragilità e debolezze. Dio è dunque il super-io, il sistema dei divieti e delle censure indispensabili per il regolare svolgersi della vita morale; l’uomo è l’io che si deve barcamenare tra il luogo delle imposizioni coatte e dogmatiche e l’es, istintuale e pulsionale, che chiede prepotentemente di emergere dall’inconscio della vita psichica. Si è detto che la religione è tecnica di salvezza attraverso i rituali. La salvezza è interpretata ora come liberazione dal mondo; ora come rivelazione della verità; oppure come espressione di un sistema di valori morali e comportamentali. La religione che libera dal mondo è il Buddhismo, che ritiene doverosa la sospensione della brama di vivere praticando il distacco dal desiderio, attraverso il Nirvana, smettendo di anelare nella condizione di pace assoluta del misticismo. Questo rifiuto della socializzazione e della relazione umana comunitaria, per evitare dolore e sofferenza, anticipa la constatazione esistenzialistica di Jean Paul Sartre «l’inferno sono gli altri[vi]». Completamente differente l’approccio delle tre religioni monoteistiche israeliana, cattolica, ed islamica, che prevedono, invece, un premio nella vita ultraterrena, senza tuttavia considerare questo mondo un inferno invivibile da esorcizzare. Per israeliani e cattolici si può essere felici e beati anche durante la vita, che anzi si ha il dovere di vivere fino in fondo. Non è previsto il suicidio collettivo per motivi religiosi, come invece accade ai musulmani kamikaze, che credono di poter raggiungere in questo modo il paradiso e le sue vergini in attesa. Quando la religione si fa interpretazione della verità essa finisce per culminare nell’approccio teoretico di tipo filosofico. La religione è il sistema dei dogmi della verità rivelata, che la filosofia ha il compito di dimostrare. Mentre la fede è credenza non ragionata ma solo intuita. La differenza tra religione e filosofia è che «la religione è il rapporto con l’Assoluto nella forma del sentimento, della rappresentazione, della fede[vii]», laddove la filosofia si assume il compito oneroso di provare attraverso la ragione, per dimostrarlo vero, l’esistenza effettiva di questo rapporto. La religione è poi, in quanto garanzia alla moralità, «credenza nella conservazione dei valori[viii]». Già Platone nelle Leggi faceva riferimento ad una giustizia divina punitiva per chi non rispettasse l’ordine dei valori stabiliti dalla legge soprannaturale per la vita associata degli uomini. Ma è Kant che definisce l’idea del comandamento divino come imperativo categorico del dovere per il dovere: «la religione è la conoscenza di tutti i doveri come comandi divini[ix]», distinguendo, inoltre, tra una religione rivelata, in cui il comando di Dio precede la consapevolezza individuale soggettiva, da una religione naturale, che detta i suoi obblighi direttamente alla coscienza dell’uomo, prima che questi vengano impartiti per via eteronoma dall’esterno. Venendo poi, per concludere, alla funzione della religione nell’economia generale della società, certamente le credenze di salvezza hanno, sin dall’antichità, un loro ruolo importantissimo nella conservazione e perpetuazione della specie umana, rafforzando i vincoli sociali, infondendo speranza e coraggio in chi si affida ad esse, per consolidare il suo rapporto con gli altri e con il mondo: «Abbandonato alla mercè degli elementi, delle stagioni, di ciò che la terra gli dà e gli rifiuta, delle buone o cattive possibilità della sua caccia o della sua pesca, delle vicende delle sue lotte con i suoi simili, l’uomo crede trovare il mezzo per regolarizzare con simulacri di azione le sue possibilità più o meno incerte. Ciò che egli fa non serve a niente rispetto allo scopo che si propone, ma egli acquista fiducia nelle sue imprese, in se stesso, osa e osando ottiene realmente più o meno ciò che vuole. Fiducia rudimentale e attraverso un’umile strada; ma è il cominciamento del coraggio morale[x]».



Prof.ssa Antonietta Pistone

Docente di storia e filosofia

 



[i] Aristotele, Metafisica, libro IV

[ii] Nietzsche, La gaia scienza, 1882

[iii] Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, TEA, Utet, 1999

[iv] Schleiermacher,  Reden über die Religion, 1799

[v] Crizia in Sesto Emp., Adv. Math., IX, 54

[vi] Jean Paul Sartre, L’essere e il nulla

[vii] Hegel, Filosofia del diritto

[viii] H. Höffding, Religionsphilosophie, 1902

[ix] Kant, Religion, IV, sez. I

[x] A. Loisy, Essai historique sur le sacrifice, 1920



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