György Lukàcs

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IL PENSIERO ESTETICO

Oltre ad aver dato contributi di grande rilievo alla filosofia marxista e alla storia del pensiero moderno, Lukàcs si è impegnato a lungo e assai fruttuosamente nell'ambito della riflessione estetica e della critica letteraria. La sua opera in questo campo di studi è tanto più significativa in quanto assai pochi e non sistematici (né molto fortunati) erano stati, prima di quello lukàcsiana, i tentativi di saggiare le idee marxiste nella problematica dell'arte e dell'attività critica. Tra i numerosi saggi estetico-letterari di Lukàcs (le espressioni artistiche diverse dalla letteratura hanno suscitato, coll'eccezione del teatro, un'interesse minore nel pensatore ungherese) spiccano, dopo la giovanile e suggestiva Teoria del romanzo (1916), i Saggi sul realismo (1948 e 1955), Thomas Mann (1949), Realisti tedeschi del XIX secolo (1951), Il romanzo storico (1955), Sulla categoria della particolarità (1957) e la vastissima Estetica (1963). Il contributo filosofico più rilevante offerto da questa ricca produzione è probabilmente l'elaborazione di un'interpretazione dell'arte e di una metodologia critica fondata sul concetto di realismo. La categoria centrale del realismo viene individuata da Lukàcs nel " tipico ", che non è da confondere né con la semplice media statistica di una serie di casi particolari, né con la mera riproduzione fotografica della realtà. Cogliere il tipico significa infatti cogliere il significato profondo della realtà storica, i suoi nodi centrali e decisivi, le sue tendenze di sviluppo, ed esprimere tutto ciò che attraverso situazioni e personaggi, appunto, 'tipici'. Scrive Lukàcs a questo proposito:

" Il tipo viene caratterizzato dal fatto che in esso convengono, si intrecciano in vivente, contraddittoria unità tutti i tratti salienti di quella unità dinamica in cui la vera letteratura rispecchia la vita, tutte le contraddizioni più importanti, sociali e morali e psicologiche di un'epoca. Invece la rappresentazione della media fa sì che tali contraddizioni, che non sono sempre il riflesso dei grandi problemi di un'epoca, appaiono necessariamente indebolite e smussate nell'animo e nelle vicende di un uomo mediocre , e perdano così proprio i loro tratti essenziali. Nella raffigurazione del tipo, nell'arte tipica, si fondano la concretezza e la norma, l'elemento umano eterno e quello storicamente determinato, l'individualità e l'universalità sociale. Perciò nella creazione di tipi, nella presentazione di caratteri e di situazioni tipiche le più importanti tendenze dell'evoluzione sociale ricevono un'adeguata espressione artistica. " ("Il marxismo e la critica letteraria").

Questa distinzione lukacsiana fra tipo e media ha un grande significato teorico, perché, per un verso, costituisce la discriminante fra realismo (l'arte realistica è fondata sul tipo) e naturalismo (l'arte naturalistica è fondata sull'astratta media); e per un altro verso permette al pensatore ungherese di distinguere fra le opinioni storico-politiche di uno scrittore e il significato 'oggettivo' della sua opera letteraria. In effetti, uno scrittore può essere soggettivamente (cioè per quanto riguarda le proprie convinzioni etico-politiche) un 'reazionario' (caso esemplare: Balzac) e, al tempo stesso, può essere oggettivamente uno scrittore 'realistico' e dunque 'progressivo', in quanto nella propria opera letteraria sa cogliere le tendenze fondamentali e più significative della realtà storica del suo tempo. Al centro di vivaci dibattiti soprattutto nel corso degli anni '50 e dei primi anni '60, la concezione lukacsiana è parsa alla critica più accreditata ricca di innegabili meriti e di altrettanto innegabili inconvenienti. In effetti, da un lato essa sollecita assai validamente a interpretare e giudicare l'opera letteraria solo sulla base della sua struttura e delle sue caratteristiche interne, prescindendo del tutto da aspetti ad essa estrincesi (a cominciare dalla opinioni personali del suo autore). Dall'altro, però, incoraggia sovente ad adoperare criteri di valutazione troppo immediatamente ideologici e contenutistici (come si vede nella svalutazione operata dal pensatore ungherese di scrittori come Flaubert, o Proust, o Kafka, in quanto non 'realistici'), e scarsamente sensibili agli aspetti formali (stilistici, linguistici, ecc.), dell'opera letteraria.

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