NUMENIO DI APAMEA

 

A cura di Diego Fusaro

 

Con Numenio di Apamea il Neopitagorismo raggiunge il suo punto più elevato ma, al tempo stesso, si dissolve, contaminandosi con il movimento medioplatonico. Anche in forza di ciò, la figura di Numenio appare difficilmente collocabile: c’è chi lo considera un platonico, o meglio un “medioplatonico”, ma vi è anche chi – non senza buoni argomenti – lo considera un “neopitagorico”. La stessa vita di Numenio resta per noi, almeno in parte, misteriosa: nacque ad Apamea, in Siria, ossia nella stessa città che diede i natali a Posidonio. L’unico riferimento cronologico che possediamo e che ci serve da terminus ante quem è la menzione che ne fa Clemente Alessandrino. Probabilmente (ma non è certo) Numenio visse nella seconda metà del II secolo d.C. La sua conoscenza di Filone e della sapienza egiziana postula una sua permanenza ad Alessandria, dove presumibilmente studiò, o, addirittura, insegnò. Vi è anche chi sostiene che Numenio dovette soggiornare anche ad Atene, poiché mostra di conoscere profondamente la storia dell’Accademia, alla quale dedicò l’opera Sull’infedeltà degli Accademici a Platone, di cui ci sono pervenuti non pochi frammenti. Importanti frammenti ci sono stati conservati anche di un’altra sua opera, che doveva costituire il suo capolavoro, il Trattato sul bene.  Stando alle testimonianze e ai frammenti pervenutici, Numenio si considerava per lo più un seguace di Pitagora, e, insieme, anche di Socrate e di Platone, in quanto si diceva convinto che sia Socrate sia Platone dipendessero sostanzialmente da Pitagora, e che Platone non gli fosse affatto superiore. Ciò non di meno, Numenio sentì il bisogno di difendere Platone contro i fraintendimenti dei numerosi discepoli che, a partire da Arcesilao, lo avevano tradito, con la giàò menzionata opera Sull’infedeltà degli Accademici a Platone. Gli Accademici non si sono affatto sforzati di mantenere intatto l’insegnamento del maestro. Ma per Numenio, Platone meritava la stessa fedeltà e venerazione da parte dei discepoli per cui Pitagora fu elevato a così grandi onori, dato che, pur non essendo maggiore rispetto al grande Pitagora, non gli era in fondo nemmeno inferiore. La figura di Socrate che ci presenta Numenio è singolare: è un Socrate che professa la “dottrina dei tre Dei”, che aveva appreso da Pitagora. Lo stesso Platone è, per Numenio, fortemente pitagorizzante. Il tradimento dei discepoli di Platone sarebbe dovuto principalmente al fatto che Platone scrisse in maniera velata, occultando le cose che diceva, “a metà tra il chiaro e l’oscuro”. Alla luce di questa considerazione, Numenio si propone di far riaffiorare il verbo platonico e dimostrare che questo coincideva col verbo pitagorico. E la dottrina elaborata da Numenio nei frammenti pervenutici conferma largamente queste sue intenzioni programmatiche: egli cerca, infatti, di fondere quelle dottrine teologico-metafisiche che i Medioplatonici avevano ricavato dalla rilettura del Timeo con la dottrina della Monade, della Diade e dei numeri, che i Neopitagorici avevano rimesso in vigore. Una terza componente decisiva che operò sul pensiero di Numenio fu il pensiero orientale. Siriano di origine, Numenio lascia trasparire anche nel suo pensiero un fortissimo influsso dell’Oriente. Numenio conobbe la sapienza biblica e le interpretazioni allegoriche di Filone di Alessandria, ed egli stesso interpretò allegoricamente Mosè e i Profeti; ebbe pure conoscenza delle dottrine cristiane e sappiamo che interpretò allegoricamente almeno un episodio della vita di Gesù. Egli conobbe anche la sapienza di altri popoli orientali, e si appropriò della dottrina che ammetteva nell’uomo due anime (una buona e una cattiva) di derivazione persiana. Però l’influsso dell’Oriente è da scorgersi specialmente  in quell’atteggiamento mistico-religioso, che aveva trovato espressione dapprima in Alessandria, e che ormai, nel II secolo d.C., era dominante. Per questa via, venivano a realizzarsi tutte quelle condizioni che dovevano portare alla nascita del neoplatonismo.

 


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