NICOLA D'ORESME



ORESME Nicola d’Oresme (1323 - 1382) si laureò in teologia presso l'università di Parigi intorno al 1355. Dal 1377 fu vescovo di Lisieux.Fu cultore di temi scientifici d'avanguardia e strenuo oppositore dell'astrologia. Come Buridano e altri, manifestò atteggiamenti critici nei confronti della filosofia naturale di Aristotele e fu uno dei principali esponenti della teoria dell'impetus sul moto dei proiettili. Lasciò un “Tractatus de latitudinibus formarum” in cui si ha, per la prima volta, il concetto di rappresetazione grafica ottenuta mediante coordinate ortogonali, anticipando di fatto, almeno nelle linee essenziali, la geometria analitica cartesiana. La sua fama è affidata soprattutto alla sua opera di astronomia, matematica e fisica. Nel suo “Livre du ciel et du monde d'Aristote” sostenne la tesi, molto discussa in quegli anni dalla Scuola parigina, del moto rotatorio della Terra, suffragandola con una serie di prove ed argomenti molto simili a quelli successivamente addotti da Copernico e Galileo. Ad esempio, ha una risposta (anche se ancora inadeguata) a quelli che sostenevano che se la Terra ruotasse, tutti gli oggetti non solidali con essa (frecce lanciate, sassi scagliati verso l'alto, ecc.), sarebbero rimasti indietro, sarebbero cioè ricaduti a ovest del punto in cui erano stati lanciati. Oresme conclude dicendo che ". . . con nessuna esperienza si può dimostrare che il cielo si muova di moto diurno. . .". Sempre nel suo “Livre du ciel et du monde d'Aristote”, Oresme va sostenendo espressamente che il passaggio dal giorno alla notte (e viceversa) è spiegabile anche ammettendo che non sia il sole a ruotare intorno alla terra, ma la terra intorno al proprio asse. Pur senza rigettare la possibilità di un influsso dei corpi celesti sulle vicende terrestri, Oresme prese posizione contro le pretese dell’astrologia di prevedee il futuro sulla base della considerazione dei moti celesti. Egli, inoltre, anticipò Galileo, oltre che per la negazione del geocentrismo, anche per il fatto che, studiando la velocità di caduta dei corpi, propendeva per l’ipotesi che essa fosse proporzionale al tempo di caduta e non agli spazi percorsi. Con Oresme la lingua francese fa la sua comparsa anche nella trattazione di questioni politiche ed economiche: egli scrisse infatti un trattato sulla moneta e tradusse in francese l’ “Etica Nicomachea”, l’ “Economico” e la “Politica” di Aristotele. Oresme , pur occupandosi di Fisica, esercitò un grande influsso sulla cultura matematica del tempo: infatti (a una data imprecisata, ma prima del 1361) ebbe l'idea di tracciare un grafico per studiare la variazione di un fenomeno, cioè ebbe la prima intuizione di ciò che oggi descriviamo come rappresentazione grafica di una funzione. Qualsiasi cosa misurabile -scriveva Oresme- può essere immaginata nella forma di una quantità continua. Ciò gli permise di tracciare un grafico della velocità e del tempo per un moto uniformemente accelerato. I termini latitudine e longitudine usati da Oresme equivalgono, grossomodo, alle nostre ordinata e ascissa e la rappresentazione grafica da lui utilizzata precorre la nostra Geometria analitica. L'uso delle coordinate non era nuovo. Già Apollonio, ed altri prima di lui, avevano utilizzato sistemi di coordinate simili. La novità consiste ora nella rappresentazione grafica di una quantità variabile. Oresme aveva intuito il principio essenziale che una funzione in una incognita può essere rappresentata da una curva ma utilizzò questa intuizione solo nel caso di una funzione lineare. Era soprattutto interessato all'area che si trova sotto la curva. Mentre noi diciamo che il grafico della velocità di un moto uniformemente accelerato è una linea retta, egli scriveva: "qualsiasi qualità uniformemente difforme che termina con intensità zero viene immaginata come un triangolo rettangolo". Ossia, si interessava sia del modo in cui variava la funzione (e ciò era un primo problema di carattere differenziale) sia del modo in cui variava l'area compresa sotto la curva (problema di carattere integrale). Per trovare questa area, Oresme effettuava una semplice integrazione con mezzi geometrici ed è probabile che concepisse l'area come formata da moltissime linee verticali o "indivisibili", ciascuna delle quali rappresentava in questo caso dello studio del moto, una velocità che continuava per un brevissimo intervallo di tempo. La rappresentazione grafica delle funzioni, nota come “latitudo formarum”, rimase un argomento molto studiato per tutto il periodo che va da Oresme a Galileo.

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