Henry David Thoreau

 

 

A cura di Roberta Musolesi

 

 

 

"Andai nei boschi perché volevo vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita... per non scoprire in punto di morte di non aver mai vissuto ".


 

 

Henry David Thoreau Henry David Thoreau nacque a Concord, nel Massachusetts, nel 1817. Si laureò ad Harvard nel 1837 e in seguito ai suoi studi sviluppò un forte interesse nei confronti della poesie greca e romana, della filosofia orientale e della botanica. Nutrì grande interesse ed amore nei confronti della natura e dedicò molte delle sue giornate ad esplorare i boschi e a raccogliere informazioni dettagliate su piante ed animali. Fu seguace di R. W. Emerson e fu una delle figure di spicco del movimento trascendentalista. Henry Thoreau fu sicuramente il primo pensatore a rendere evidente il contrasto tra la piena realizzazione di ogni individuo e una società tecnologicamente organizzata. Precursore di tutti gli americani che prima e dopo l’era hippy hanno fatto ritorno alla natura opponendo un’economia della frugalità al consumismo forsennato, mezzo secolo prima di Jack London egli avvertì il richiamo della foresta e nella primavera del 1845 si recò sulle rive del lago di Walden, a Concord, nel Massachusetts. Usando un’ascia presa a prestito abbatté alcuni pini bianchi per ricavarne legname con cui costruirsi un’austera dimora nella quale avrebbe vissuto per due anni, due mesi e due giorni. Si insediò stabilmente nella nuova casa il 4 luglio e la scelta della data, il giorno della Dichiarazione d’Indipendenza, non fu casuale in quanto, con l’abbandono della civiltà e della vita sociale organizzata, realizzava quella che era effettivamente la sua massima aspirazione: divenire indipendente. L’esperienza del lago Walden ispirò la scrittura di Walden, ovvero La vita nei boschi (1854), un'opera a metà strada tra il saggio filosofico e il diario che oggi viene unanimemente considerata tra i classici della letteratura americana. Malgrado abbia trascorso una buon parte della sua esistenza in solitudine, Thoreau fu un attento osservatore, conoscitore e critico della società americana a lui contemporanea e dedicò numerosi scritti a svariati problemi sociali, primo fra tutti quello della schiavitù. Insieme al Walden, lo scritto più famoso è infatti senza dubbio Disobbedienza civile, un opuscolo pubblicato nel 1849 nel quale viene teorizzata l'idea dell'opposizione non violenta che tanto seguito avrebbe avuto nel secolo successivo. Morì alle nove di mattina del 6 maggio 1862, di tubercolosi, dopo circa un anno di sofferenze fisiche. Sentendosi avvicinare la fine, consolò la madre, la sorella e gli amici con queste parole:

"È meglio che le cose finiscano… Sì, questo è un bel mondo, ma fra poco ne vedrò uno ancor più bello".

Alla zia, che gli chiedeva se si era messo in pace con Dio, rispose:

"Non mi sembra di averci mai litigato".

Rifiutò ogni "religiosità" fino alla fine, sentendosi perfettamente in pace con se stesso e con l’infinito e quando, sul letto di morte, qualcuno gli domandò se già poteva vedere "l’altra sponda" rispose: "Un mondo alla volta". Tra le sue opere postume bisogna ricordare Le escursioni (1863), I boschi del Maine (1864), e Un americano in Canada. Scritti antischiavisti e riformatori (1866).

 

 

 

Gli Stati Uniti d'America tra il 1790 e il 1850: contesto storico e culturale

Tra il 1861 e il 1865, il processo di espansione verso occidente, l'aggravarsi del problema della schiavitù e del differente sviluppo tra regioni del nord e del sud condussero gli stati nordamericani alla guerra civile. Dal punto di vista dell’ indipendenza culturale dall’Inghilterra, non si resero evidenti in questo periodo particolari progressi: la lingua parlata era l'inglese, i libri inglesi, pubblicati dagli editori nordamericani in assenza di leggi protettive, inondavano il mercato e gli scrittori britannici romantici (W. Scott, Coleridge, Wordsworth) esercitavano un fortissimo condizionamento su tutta la letteratura. Nella prima metà del XIX secolo tuttavia, nell’ambito della produzione poetica e narrativa, si giunse alla definizione di elementi caratteristici ed autonomi se non rispetto ai modelli anglosassoni, almeno rispetto ai prodotti specifici. Su questa linea si collocarono Charles B. Brown, Washington Irving , James F. Cooper, e soprattutto Edgar A. Poe. Il primo a tentare la creazione di una nuova letteratura che rispecchiasse gli orizzonti fisici e le atmosfere psicologiche del Nuovo Mondo fu proprio Charles B. Brown che riprese i moduli e i meccanismi narrativi del romanzo nero inglese e diede inizio, in questo senso, ad una tradizione specificamente nordamericana. Nell’ambito della poesia, il maggior esponente, nel periodo a cavallo degli anni della guerra civile, fu Walt Whitman. Tra il 1850 e il 1855 la produzione letteraria negli Stati Uniti raggiunse un ottimo livello. Gli autori, provenienti in gran parte dal New England e dallo stato di New York, esprimevano speranza ed angoscia, desiderio di affermazione del nuovo e dubbi tormentati nei confronti delle origini. I temi  affrontati facevano riferimento al rapporto tra gli abitanti nordamericani e la loro terra continentale, ai problemi della natura e della sopravvivenza fisica, dello stato selvaggio e della civilizzazione. A partire dal rigorismo calvinista del Settecento, che vedeva dappertutto segni di Dio, si sviluppò nell’Ottocento l’unitarianismo, un movimento che credeva in un Dio benevolo e favorevole a lasciare l’uomo libero di fare affidamento sulle proprie facoltà interpretative e la cui idea centrale era rappresentata dalla dottrina dell’apertura mentale, in virtù della quale tale movimento perseguì un progressivo, ma radicale affrancamento dall’atteggiamento religioso tradizionale.
Da questo movimento nacque il trascendentalismo, che propugnò l’abolizione della religione puramente formale e riconobbe la possibilità del singolo, lasciato  nella solitudine delle proprie percezioni, di raggiungere e conquistare un più alto senso della natura.

 

 

 

Il trascendentalismo

 

Il movimento trascendentalista era caratterizzato da una sorta di ottimismo metafisico che conduceva a cogliere nella natura solo gli aspetti positivi, posizione questa che, pur non potendo essere condivisa da alcuni autori importanti come Melville ed Emily Dickinson, fu comunque in grado di arricchire l’espressività artistica della corrispondenza simbolica fra visibile ed invisibile, fra materiale e immateriale.
Il trascendentalismo si ispira a Swedenborg, a Goethe, all'idealismo tedesco ed è in polemica con la concezione dell'empirismo di Locke e con le pulsioni utilitariste ed affaristiche della giovane società americana.
Il principale teorico del trascendentalismo fu Ralph Waldo Emerson, a lungo nume tutelare della cultura del New England, di cui egli parlò in termini di “nuova Inghilterra totale”, e personalità in grado di esercitare un’enorme influenza su tutto l’ambiente intellettuale americano della sua epoca. Egli esortò i nordamericani ad operare un distacco dall’Europa per stabilire un rapporto autonomo ed originale con il “nuovo mondo”, per confidare nelle proprie potenzialità artistiche ed estetiche e per scrivere ignorando i modelli; scrisse inoltre poesie e saggi da cui traspare l’immagine quasi mistica di un flusso cosmico che si nasconde ed anima la realtà.
Alla base della visione dell'uomo che Emerson propone c'è una concezione idealistica della conoscenza:

"Ciò che chiamano trascendentalismo non è che l'idealismo: l'idealismo quale appare oggi, nel 1842....E' ben noto al mio pubblico che l'idealismo odierno ha tratto il nome di «trascendentale» dall'uso del termine fattone da Emanuele Kant di Koenigsberg, il quale replicava alla filosofia scettica di Locke, secondo la quale non c'era nulla nell'intelletto che non fosse prima nell'esperienza dei sensi, dimostrando che c'era una classe assai importante di idee o di forme imperative che non derivano in nessun modo dall'esperienza, ma attraverso le quali l'esperienza veniva acquisita; che queste erano intuizioni dello spirito; ed egli le chiamò forme trascendentali." ( The Transcendentalist, 1842 )

"La metafisica di Kant, il misticismo di Jacobi, il soggettivismo idealistico di Fichte, il trascendentalismo di Schleiermacher - il nuovo vangelo del rinascente spirito germanico - queste furon le vivide acque della verità per gli assetati intellettuali del New England" (Ibid.)

Proprio perché il trascendentalismo fu essenzialmente una fede, i trascendentalisti si tennero a una certa distanza dalle maglie troppo strette della logica e metafisica, preferendo essere poeti, profeti e mistici. Emerson, a questo proposito, riesce ad essere molto esplicito:

"La mia è una certa fugace esperienza che mi ha sorpreso per strada o al mercato, in qualche posto, in qualche momento - nel corpo o fuori del corpo, lo sa Iddio -, rendendomi conscio di aver per tutto questo tempo fatto la parte di un folle tra i folli, ma che la legge esisteva per me e per tutti; che mi spetta la fiducia, la fiducia e l'obbedienza di un fanciullo, e l'adorazione delle idee, e che non dovrò mai più esser folle" ( ibid.).

Le esperienze e le riflessioni di questo movimento sono quindi piuttosto lontane dall’essere filosofiche in senso stretto e ciò è confermato dal queste affermazioni:

"Se non hai bisogno di udire il mio pensiero, perché sai leggerlo sul mio viso e nel mio comportamento, allora te lo esporrò dall'alba al tramonto. Se non sai indovinarlo, non comprenderesti ciò che dico" (ibid.).

In una società in cui le tradizioni sono scarse e recenti, Emerson esalta il presente e l’autosufficienza di senso della vita immediatamente vissuta: la vita, a suo avviso, è estasi e l’attimo è un miracolo. Queste sue profonde convinzioni lo porteranno ad essere molto vicino alla concezione della vita come “luce interiore” propria dei Quaccheri. Particolare importanza assume nel pensiero di Emerson la poesia, che egli concepisce come manifestazione della purezza cristallina della mente e come mezzo in grado di attingere dall’essenza della realtà:

"…e la fresca bellezza di questa nuova poesia, l'enorme stimolo di quella nuova metafisica, accese in loro il desiderio di cercare ispirazione alla loro fonte e bere dalle loro linfe vitali. Così scopersero la Germania romantica, dove il nuovo idealismo aveva scalzato la filosofia sensista, e dove una grande scuola di pensatori trascendentalisti dominava trionfalmente il campo. Fu una scoperta profondamente stimolante, e ad essa risale la nascita del trascendentalismo del New England" (Ibid., p. 478).

Il poeta, secondo Emerson, è in grado di mutare il mondo in cristallo e ciò cui il vero poeta attinge è la semplicità originaria, entità in grado di suscitare autentica energia creativa. Egli ritiene che il poeta grande non sia quello che si serve di artifici, ma colui che è capace di rapportarsi ed esprimere la semplicità originaria, manifestazione della "verità del mondo". In virtù proprio della possibilità di attingere a tale semplicità originaria e in virtù di una concezione che, per il fatto di porre un’essenziale correlazione e corrispondenza fra l’uomo come microcosmo con l'universo come macrocosmo, è assimilabile alla visione platonica della realtà, Emerson ama la Natura, in quanto corrispettivo sensibile dello spirito. La civiltà, complicata e tortuosa, è decadenza e il tempo della città  è scandito da segnali funesti, mentre in natura lo scorrere delle ore e del tempo è segnato dai ritmi naturali e dalla crescita della gioia che si alimenta di se stessa. Dio pretende, secondo Emerson, che il poeta abbandoni la vita molteplice e confusa e accetti di fondersi totalmente nella natura, che pur avendo perso nel New England, dopo due secoli di colonizzazione, molta della sua originalità, non è stata ancora addomesticata dalla civiltà. Si tratta quindi di una Natura che non è più quella idilliaca dell’Arcadia, ma che mantiene tuttavia la sua solitaria ed incantata imponenza e una misteriosa quanto avvincente estraneità per l’uomo. Le relazioni sociali, con i loro tortuosi artifici, indeboliscono o cancellano la possibilità di comprendere la pienezza perfetta dell'essere che questa Natura offre e si colgono in questo gli echi del pensiero di Rousseau e del Romanticismo europeo; in questo senso si osserva un perfetto accordo fra lo spirito religioso puritano e quello di ispirazione illuminista e preromantica, in quanto entrambi richiamano alla solitudine e al raccoglimento, lontano dal caos effimero della quotidianità, ed invitano a rivolgere lo sguardo alla Natura, in quanto manifestazione più prossima dell'Eterno.

 

 


Il pensiero di Thoreau

 

Thoreau si inserisce a pieno titolo nel ristretto ambito di artisti e scrittori protagonisti del cosiddetto "Rinascimento americano". Ma, a differenza degli altri esponenti di questa "corrente", i già citati  R.W. Emerson, W. Withman, N. Hawthorne ed H. Melville, Thoreau fece della sua "coerenza" una vera e propria poetica se non una filosofia di vita. Egli rifiutò una accezione della filosofia di carattere puramente intellettualistico, anche se il suo pensiero si andò organizzando intorno ad alcune idee chiave, in particolare:

-         scrivere dando voce alla natura e alla storia che in essa si incide

-         scrivere come gesto vivo

-         scrivere come vigoroso atto d'amore verso la realtà e come espressione di una totale esigenza di realtà

e su questi principi verrà costruita, nei decenni successivi, una parte considerevole della moderna letteratura americana.

Tacciato di un certo egocentrismo venato di aristocratico disprezzo, Thoreau, in realtà, soprattutto in Walden (o Vita nei boschi), cercò di proporre uno stile di vita che presupponeva drastici interventi, in forza dei quali chiunque, al termine della propria esistenza, avrebbe raggiunto la consapevolezza di non aver sprecato la propria vita. La "ricetta" di Thoreau presupponeva la disponibilità del singolo a vivere con saggezza per affrontare solo i fatti essenziali della vita, a vivere felicemente in modo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, e a ridurre la vita stessa ai suoi termini più semplici. Thoreau lanciava questi forti messaggi, che risultavano quindi essere fortemente provocatori, nel bel mezzo dell'ascesa tecnologico-consumistica degli Stati Uniti e dell’emergere del tipico "way of life"  americano, di cui egli fu forse uno tra i primi e più decisi critici. L’isolamento in cui condusse la maggior parte della sua esistenza gli consentì di sviluppare un discorso in chiave ampiamente introspettiva e di approfondire idee e concetti che sono divenuti punto di riferimento ideale per generazioni di ecologisti, pacifisti ed anticonformisti che al "credo" del filosofo, alla sua prosa sonora e talvolta enfatica, hanno riconosciuto la dignità di una formale promessa di riscatto. A questa particolare figura di intellettuale impegnato viene pertanto riconosciuta una modernità ed un’attualità che i suoi contemporanei non potevano percepire per obiettivi motivi di prospettiva storica. Quella di  Thoreau è una personalità originale ed estrosa, caratteri che si rispecchiano nella sua ampia produzione letteraria, in cui, come filo conduttore comune, Thoreau invita i suoi lettori con i toni profetici a contrapporre alla macchina della civiltà l’ascolto e la cura della propria dimensione interiore e a celebrare  un matrimonio con la natura fondato sull'allargamento della visione del mondo e delle prospettive e non sul possesso. Percorse le contee americane tenendo veri e propri sermoni laici che nel loro insieme costituiscono un vero e proprio classico del pensiero americano. Il tipico stile "anti-letterario" dei trascendentalisti americani è mitigato in Thoreau da una leggerezza esuberante ed arguta, da un umorismo tagliente ed una concreta aderenza alle cose, non disgiunta da un profondo lirismo. Nelle sue opere, Thoreau indica nella prassi del vagabondaggio e nell'impulso migratorio il rimedio all'ansia che la modernità e il progresso finiscono per generare. Ciò cui tali concetti sembrano ricollegarsi immediatamente è l’idea totalmente americana della frontiera; lo stesso Thoreau, in molti dei suoi scritti, associa una visione mitica del West alla terra del domani, della nuova vita, luogo di organica unità, di speranza e di progresso, di libertà e di indipendenza. Da tale mito della frontiera Thoreau prese le distanze nel momento in cui andò articolando, in Civil Disobedience, una visione apocalittica del destino delle società americana che, nata ad Est e sviluppatasi verso Ovest, avrebbe trovato il suo declino sulle rive dell'Oceano Pacifico. Nel corso dei suoi viaggi e delle sue peregrinazioni, Thoreau non perse  l’occasione di osservare da vicino la natura con lo sguardo tipico dello studioso che cerca di apprendere; il suo approccio di tipo analitico prevedeva un'osservazione ravvicinata, ma il filosofo non disdegnava nelle sue escursioni l’osservazione della natura in modo più ampio e globale per cercare in essa la  trama completa dell'intero tessuto naturale. Il suo atteggiamento nei confronti della natura è stato il punto di riferimento ideale della corrente "preservazionista" che ha permesso la nascita di quel forte movimento d'opinione che ha portato alla creazione dei grandi parchi nazionali americani.

 

 

 

Le opere

 

1- Civil Disobedience

 

Il saggio più famoso di Henry David Thoreau, comunemente noto come Civil Disobedience, in realtà non venne mai pubblicato dall’autore con questo titolo. Fu dato alle stampe per la prima volta nel 1849 con il nome di Resistance to Civil Government all’interno del libro Aesthetic Papers, curato ed edito da Elizabeth Peabody, ed esso altro non era che la trascrizione di una lezione, dal titolo The Rights and Duties of the Individual in Relation to Government,  tenuta da Thoreau nel febbraio del ’48 davanti al Concord Lyceum. Questo testo polemico fu comunque rapidamente dimenticato e lo stesso Thoreau non lo ha mai citato. Fu Tolstoj che riusciì a leggerlo e invitò gli americani, in una lettera pubblicata dalla North American Review all'inizio del XX secolo, a recuperare l'atteggiamento coraggioso ed esemplare di un individuo che ha osato affrontare un governo che sbaglia. Mohandas K. Gandhi, ancora studente presso l’Università di Oxford, venne in possesso dello scritto per intercessione di Henry S. Salt, biografo di Thoreau; Gandhi ne rimase entusiasta e, una volta diventato avvocato, lo pubblicò nella sua rivista Indian Opinion, il 26 ottobre 1907; in seguito, e fino al giorno in cui verrà assassinato, nel 1948, non smetterà mai di raccomandare la disobbedienza civile, che associa alla pratica della non violenza. Soltanto dopo la morte di Thoreau il saggio fu ristampato col titolo di Civil Disobedience, con il quale è diventato poi famoso in tutto il mondo. Convinto antischiavista, Thoreau per tutta la vita scrisse e tenne conferenze contro la schiavitù, specialmente dopo l’approvazione nel 1850 della Fugitive Slave Law che obbligava gli ufficiali del Nord a catturare e restituire gli schiavi fuggiti dal Sud. Egli stesso aiutò alcuni fuggitivi e, in nome del rispetto dei diritti dell’uomo, criticò sempre duramente il fatto che una corte di tribunale potesse decidere in merito alla libertà o meno di un individuo. Thoreau condannò il governo statunitense non solo per l’ammissione dell’istituto della schiavitù, ma anche per l’impegno in una politica imperialistica di espansione, la cui diretta conseguenza fu la guerra col Messico. Per dissociarsi completamente da questi indirizzi politici e per non farsi coinvolgere in una qualsiasi forma di collaborazione con la  condotta del governo, Thoreau rifiutò sempre categoricamente di pagare le tasse e per questo fu anche arrestato. Nel luglio 1846, infatti, proprio a Concord dove era nato, Thoreau incontrò Samuel Staples, un vigile comunale incaricato dell’esazione delle tasse, che offrì a Thoreau persino la possibilità di anticipare il denaro necessario per saldare il suo debito. Thoreau, che da quasi due anni viveva in una capanna nel cuore della foresta di Walden e che si trovava in quel momento in città per recuperare le scarpe dal calzolaio, di fronte a questa offerta rispose che, per principio, rifiutava di versare soldi ad uno Stato di cui disapprovava profondamente la politica e che non voleva in alcun modo che il proprio denaro risultasse essere un contributo a favore di un conflitto ingiusto, la guerra contro il Messico. Venne fermato e trascorse la notte in guardina, anche se una donna, probabilmente la zia Maria Thoreau, pagò le tasse in questione. Proprio per spiegare le ragioni del suo arresto e della sua condotta, Thoreau scrisse il saggio Civil Disobedience, che vede come tema centrale la priorità dei diritti di ogni individuo rispetto all’insieme delle leggi: in nome del rispetto della coscienza individuale, egli ammette esplicitamente il principio della disobbedienza, pienamente giustificata, a suo avviso, dal fatto che sono quelle stesse leggi che ammettono la schiavitù a calpestare la dignità dell’uomo. Appare evidente che una simile concezione implica la fiducia pressoché  illimitata nelle capacità del singolo individuo di saper scegliere tra giusto e sbagliato e che un tale atteggiamento, che non riconosce valore alle idee espresse dalla maggioranza, ma che difende e tutela invece solo le idee di giustizia e moralità espresse dal singolo, può in effetti compromettere le possibilità di una comune convivenza democratica. Altro aspetto per cui le idee di Thoreau si sono imposte nel corso del ventesimo secolo è quello della condanna della violenza: a leggi o imposizioni ingiuste egli contrappone una sorta di resistenza passiva, il rifiuto cioè di compiere azioni o manifestare comportamenti che non si condividono e di sostenere un governo che vuole imporre, con la minaccia della detenzione, determinate azioni. Nel suo saggio Thoreau non fa mai riferimento a forme di protesta violenta e, soprattutto grazie a figure come Gandhi e Martin Luther King, che fecero della non violenza la linea guida della loro azione, oggi Disobbedienza civile è considerato una sorta di vademecum della protesta sociale pacifica, un saggio molto conosciuto e dibattuto soprattutto nell’epoca attuale, in un momento storico in cui le trasformazioni a livello politico, in Europa ma non solo, rendono di grande attualità il rapporto tra governanti e governati. Thoreau dà inizio alla trattazione con l’affermazione, pienamente condivisa, secondo la quale il governo migliore è quello che governa meno. Tale principio, se attuato, porta a suo avviso ad un’altra importante affermazione, quella secondo cui il miglior governo è quello che non governa affatto; quando gli uomini saranno pronti, sarà proprio questo il tipo di governo che dovranno darsi. Il governo è, secondo Thoreau, unicamente uno strumento, anche se, nella maggior parte dei casi, si tratta di uno strumento inutile. Molto discutibile è inoltre l’esistenza, in ogni stato, di un esercito permanente che, dal punto di vista dell’autore, altro non è che un braccio armato del governo. Quest’ultimo, che è la forma mediante la quale il popolo ha scelto di esercitare la propria volontà, è spesso colpevole di abusi e di deviazioni, di cui è prova lampante la guerra contro il Messico, portata avanti e condotta da un numero relativamente piccolo di individui che si servono del governo come di un proprio strumento per attuare un’impresa alla quale il popolo non avrebbe certamente dato il proprio consenso. Thoreau prosegue quindi con le sue accuse nei confronti del governo americano, colpevole a suo avviso di non possedere alcuna vera e reale vitalità, dal momento che non è mai stato in grado di portare a termine alcuna azione positiva, mentre al contrario ha mostrato grande alacrità e precisione nel venire meno ai propri compiti. Il governo, secondo Thoreau, non garantisce la libertà, non fornisce istruzione e non offre risorse ai cittadini, i quali quindi, senza gli ostacoli interposti dai governanti, potrebbero certamente condurre uno stile di vita migliore. Thoreau, tuttavia, a differenza di coloro che si dichiarano anarchici, non chiede l’abolizione del governo, ma aspira unicamente ad un governo migliore, espressione vera della volontà e delle esigenze dei cittadini. Dal suo punto di vista, il fatto che una maggioranza possa governare per un lungo periodo ininterrottamente non dipende dal fatto che questa operi in modo giusto, nel rispetto delle coscienze, ma dipende unicamente dall’uso della forza, esercitato per mezzo delle leggi. A suo avviso l’unico reale obbligo che può assumersi un individuo è quello di essere uomo, prima ancora di essere cittadino, e di agire pertanto come  ritiene giusto. Nessuna legge, secondo Thoreau, ha mai reso gli uomini più giusti, anzi, al contrario, l’obbligo di rispettare le leggi ha reso gli onesti dei veri e propri agenti di ingiustizia; basti pensare che per legge vengono organizzati gli eserciti che portano avanti guerre contrarie al buon senso e ai valori perseguiti dalla maggior parte delle coscienze e ciò è sufficiente a farci comprendere che la massa degli uomini serve lo stato non come popolo dotato di coscienza civile, ma come macchine con i propri corpi. Nella maggior parte dei casi quindi, secondo Thoreau, nella vita di un cittadino non c’è spazio per il libero esercizio della facoltà di giudizio o del senso morale, prova ne è il fatto che sono comunemente ritenuti buoni cittadini coloro che servono lo stato come fantocci nelle mani del governo. Thoreau a questo punto si chiede come debba comportarsi un uomo nei confronti del gruppo di potere che governa lo stato. Sicuramente non deve farsi coinvolgere divenendo complice delle sue azioni; è poi pienamente riconosciuto e perseguibile il diritto all’insubordinazione, cioè al rifiuto dell’obbedienza e alla possibilità quindi di opporre resistenza nei confronti del governo stesso, quando la sua tirannia o la sua inefficienza divengano intollerabili. Tutto ciò, tuttavia, per poter essere attuato richiede che i tempi siano maturi e l’unica posizione sostenibile, a parere di molti, è seguire il criterio della convenienza: finchè l’interesse di una società lo richiede, fin tanto cioè che un governo in carica non può essere combattuto o rovesciato senza danno pubblico, è volere di Dio che a tale governo si presti obbedienza. In effetti però, secondo Thoreau, il principio della convenienza non può essere applicato nel caso in cui sia un intero popolo a dover fare giustizia; per seguire un paragone impiegato dall’autore nel testo, se abbiamo ingiustamente privato di un appiglio un uomo che sta per cadere in un baratro, dobbiamo restituirglielo, anche a costo di precipitare noi nel precipizio. Pertanto, secondo Thoreau, il popolo americano del suo tempo deve cessare di riconoscere la schiavitù e di condurre una guerra ingiusta contro il Messico, anche se ciò potrà costargli la sopravvivenza come popolo. L’opposizione esclusivamente teorica alle grandi ingiustizie sociali senza alcuna azione concreta per porvi fine è del tutto inutile, anzi dannosa e soprattutto di comodo; attendere che altri pongano rimedio al male, così da non doversene più rammaricare, limitandosi a dare il proprio voto a coloro che solo apparentemente promettono giustizia, è dal suo punto di vista inutile e moralmente riprovevole. Secondo Thoreau, quindi, un uomo veramente saggio sa bene che non potrà abolire la schiavitù con il proprio voto e tutti coloro che, pur disapprovando il carattere e i provvedimenti di un governo, continuano ad esprimere, mediante il voto, il proprio favore a politici che in effetti non agiranno in alcun modo, rappresentano i più seri ostacoli ad ogni possibile cambiamento. Thoreau si chiede quindi quale sia il corretto atteggiamento da adottare di fronte ad una legge ingiusta: obbedire in attesa di un cambiamento o trasgredirla per annullarla? Se l’ingiustizia è parte della macchina dello stato e se le leggi realizzano questa ingiustizia anche grazie alla nostra complicità, secondo Thoreau è nostro dovere infrangere le leggi stesse per non operare a favore di quello stesso male che condanniamo. Gli strumenti che lo Stato ha predisposto per porre rimedio al male rappresentano quindi, secondo l’autore, essi stessi il male: la Costituzione è il male, gli avvocati che perseguono il rispetto della legge rappresentano il male e pagare le tasse è male. Dal punto di vista di Thoreau, se mille individui decidessero di non pagare le tasse, ciò non rappresenterebbe una misura molto violenta, mentre veramente violento sarebbe pagarle e permettere allo Stato di commettere violenze e versare sangue innocente. Questo semplice gesto è un piccolo esempio di ciò che Thoreau definisce rivoluzione pacifica; dire di no in modo semplice, ma efficace alle richieste dello stato è l’unico modo per esprimere il nostro dissenso. L’autore analizza quindi la questione della proprietà e dell’accumulo di ricchezze. A suo avviso, coloro che sostengono e perseguono il diritto più puro, e sono conseguentemente i più pericolosi per lo Stato, non hanno dedicato molto tempo ad accumulare beni e proprietà, quindi il governo agisce ben poco a difesa dei loro interessi. L’uomo ricco, invece, divenuto tale anche grazie alla particolare tutela dello Stato, è sempre schiavo dell’istituzione che lo ha arricchito. In generale, più abbondano i soldi, minore è la virtù poiché il denaro si interpone fra l’uomo e gli oggetti; se si decidesse di vivere senza utilizzare denaro, lo Stato mai ne pretenderebbe da noi e mai noi avremmo bisogno della sua protezione. Thoreau prosegue sottolineando come l’unico luogo che il governo americano ha garantito agli spiriti più liberi e giusti sia il carcere, luogo emarginato, ma veramente indipendente dove lo Stato pone tutti coloro che non sono con lui, ma contro di lui, l’unica dimora in cui, in uno stato schiavista, un uomo libero possa abitare con onore. Non potendo agire nei confronti delle proprietà che queste persone non possiedono, lo Stato deve intervenire agendo sui loro “corpi” e limitando la libertà; nessun governo si confronta mai infatti con i sentimenti e i valori di un uomo, ma solo con il suo corpo e con i suoi sensi e non possiede intelligenza ed onestà superiori, ma solo superiore forza fisica. L’autore, inoltre, cerca di argomentare con maggiore precisione in che cosa consista effettivamente il rifiuto di pagare le tasse. Tale rifiuto non si concretizza nel non pagare alcuna tassa; le imposte per il mantenimento delle strade statali devono infatti essere corrisposte e ciò perché essere un buon vicino di casa è importante tanto quanto aspirare ad essere un cattivo cittadino e combattere contro lo stato. Dietro il rifiuto di pagare le tasse si cela, da parte dell’autore, la speranza di poter conoscere effettivamente il percorso del denaro per evitare che con questo sia possibile comperare la libertà di un uomo o acquistare armi con cui uccidere altri uomini. In definitiva, Thoreau dichiara guerra allo Stato in un modo tutto personale, anche se cerca di trarre dallo Stato stesso i vantaggi che gli sono possibili. Se altre persone, afferma, decidono di pagare le tasse al posto suo, per pura solidarietà nei confronti dello Stato stesso o nei confronti della sua persona, non fanno altro che rendersi complici di un’ingiustizia. Thoreau nelle sue accuse non risparmia nemmeno gli statisti e i legislatori, i quali, per il fatto di essere così coinvolti con le istituzioni, effettivamente non le rispettano: la verità degli avvocati e degli statisti non è effettiva verità poiché questa è sempre in armonia con se stessa e non si prefigge mai in nessun modo lo scopo di mostrare come la giustizia può accordarsi con il perseguire il male. L’autorità di governo, conclude Thoreau, anche nel momento in cui si comprende che essa è in grado di operare meglio di quanto noi stessi non siamo in grado di fare, è comunque impura: per essere veramente giusta deve avere il consenso e l’approvazione dei governati e non può avere diritti assoluti sulla nostra persona e sulla nostra proprietà al di là di quelli che noi concediamo. Il passaggio da una monarchia costituzionale ad una democrazia deve essere contrassegnato da un progresso dal punto di vista del rispetto dell’individuo e non vi sarà mai uno stato realmente libero ed illuminato finchè lo Stato non riuscirà a considerare l’individuo come la forma d’autorità più elevata, da cui lo Stato stesso deriva il suo potere.  L’idea di Stato a cui pensa Thoreau è quindi uno stato in grado di essere giusto con tutti gli uomini e di trattare l’individuo con il massimo rispetto, uno stato inoltre che non consideri in contrasto con la propria tranquillità il fatto che alcuni vivano in disparte, senza intromettersi nei suoi affari e senza lasciarsi da questi sopraffare. Uno governo in grado di dare questo genere di frutti preparerebbe la strada, secondo Thoreau, ad uno Stato ancor più perfetto e glorioso, che si può immaginare, ma che ancora in nessun luogo è stato possibile realizzare.

 



2 – Walden, ovvero La vita nei boschi

Walden è il resoconto di due anni di vita solitaria che Henry Thoreau trascorse nella campagna del Massachusetts fra il luglio del 1845 e il settembre del 1847, ma è anche il testo da cui, oltre un secolo dopo, prenderanno le mosse i movimenti ecologisti e ambientalisti di mezzo mondo. Si tratta di un semplice diario che unisce la descrizione della vita quotidiana, fatti di suoni, rumori e odori, all’esperienza interiore, ma è anche, per contrasto, una riflessione sull'economia, sulla politica, sulla democrazia, sugli Stati Uniti, che in quegli anni si vanno affermando come potenza. Tra le pagine di questo libro, in cui viene rappresentata la semplicità della vita fra i boschi, si scopre anche perché Thoreau è l'autore cui si ispireranno Gandhi e le controculture contemporanee, che lo rileggeranno e lo rielaboreranno, criticandolo sì, ma assumendolo come punto di partenza.

L’aggettivo più adatto ad esprimere un giudizio su Walden è pertanto attuale: la ricerca di uno stile di vita sostenibile, il dialogo con le filosofie orientali, il rapporto paritario con la Natura, la critica al lavoro e alla società dell'abbondanza sono temi di cui si dibatte sicuramente più oggi di quanto non avvenisse nel momento storico in cui il libro è stato scritto, ed è per questo che le soluzioni elaborate dall’autore oggi ci fanno sorridere e non appaiono più tanto originali.

L’aspetto sicuramente più interessante, oltre alla fluidità della prosa e ai frequenti mutamenti di registro, è dato dal fatto che Thoreau, in questo scritto, ha delineato un metodo, che integra in modo nuovo ed inedito tre differenti strategie molto distanti fra loro, la spinta verso il compimento di scelte autonome e consapevoli, lo humor e il
contatto con la natura.

Relativamente al primo aspetto ciò che Thoreau propone non è tanto un modello da seguire; egli stesso infatti afferma: 

 

“Io non vorrei che nessuno adottasse il mio modo di vita [...]; perché [...] desidero che ci sia al mondo il maggior numero possibile di persone diverse; ma renderei ciascuno molto attento a scoprire e perseguire il suo modo.”

 

Thoreau quindi sembra puntare sulle potenzialità del singolo individuo e ciò fondamentalmente per due motivi: in primo luogo per una questione metodologica, poiché la  conquista della consapevolezza, se non vuole ridursi a pura consuetudine, deve necessariamente avvenire attraverso un percorso personale ed individuale di ricerca; secondariamente per una questione di carattere pratico, poiché chi viaggia da solo può partire in qualsiasi momento, mentre chi va con un altro deve aspettare che questo sia pronto. Ciò che però traspare dalla lettura del Walden non è solo che ogni individuo viene esortato ad affermare la propria autonomia e a compiere il proprio cammino, ma anche che la scelta di operare un taglio con la civiltà è frutto di un preciso bisogno. Thoreau, in definitiva, non si rivolge alle persone soddisfatte e  contente di lavorare e di vivere in società, ma lancia i suoi appelli unicamente a coloro che sentono il bisogno di una nuova vita e che per questo sono più pronti ad accoglierla. I meglio preparati a “perdere il mondo per ritrovare se stessi” sono infatti coloro che, in quel mondo, hanno ben poco da guadagnare e la loro ricerca, anche se, come già detto, è frutto di un percorso individuale, nasce tanto da pulsioni intime quanto da esigenze concrete condivise.
L'uomo, secondo Thoreau, che non è in grado con i propri mezzi di conciliare spirito e materia, solo nel contatto con la Natura può sperimentare una parvenza di unità ed imparare così a riprodurla e ciò perché nella Natura c'è un elemento che coinvolge spirito e materia allo stesso modo, una sorta di sintesi tra i due opposti. Questa sintesi è rappresentata dal “selvatico”, dal contatto puro con la natura, che serve, secondo Thoreau per essere testimoni della trasgressione dei nostri stessi limiti. Una massiccia esposizione al “selvatico” riesce a rieducare l’individuo e a riportarlo in grado di sentire la vita, che è un continuo fermento e brulichio di cuore e stomaco: se il cuore batte in ciascuno di noi ad un ritmo diverso, lo stomaco è più o meno lo stesso per tutti e rappresenta l’elemento in grado di annullare i rischi dell’individualismo.

Il Walden, che ad un’analisi superficiale appare lontano da noi nel tempo e nello spazio, si rivela invece in grado di parlare perfettamente al nostro presente per mezzo del suo protagonista, lo stesso Thoreau, che, pur essendo voce di una nazione che comincia a lasciare, nel bene e nel male, il suo segno indelebile nella storia, è anche il motivo ispiratore di tutte le istanze più libertarie e democratiche in America e nel mondo.

 

 

 

 

Alcuni aforismi

 

 

§        C'è un solo tipo di successo: quello di fare della propria vita ciò che si desidera.

 

§        Il massimo che posso fare per un amico è di essere semplicemente suo amico. Non ho ricchezza da donargli. Se lui sa che sono felice nel volergli bene, non vorrà altra ricompensa. Non è divina in ciò l'amicizia?

 

§        La bontà è l’unico investimento che non fallisce mai.

 

§        L'opinione pubblica è un tiranno assai debole paragonata alla nostra opinione personale. Ciò che determina il fato di un uomo è l'opinione che egli ha di sé stesso.

 

§        L'uomo che viaggia solo può partire oggi; ma chi viaggia in compagnia deve aspettare che l'altro sia pronto.

 

§        Non c'è odore tanto cattivo quanto quello che si leva dalla bontà corrotta.

 

§        Non esiste rimedio all'amore se non amare di più.

 

§        Non ho mai trovato il compagno che mi facesse così buona compagnia come la solitudine.

 

§        Non parlerei così tanto di me stesso se conoscessi qualcun altro così bene.

 

§        Se uno avanza fiducioso in direzione dei suoi sogni, e si sforza di vivere la propria vita come l'ha immaginata, incontrerà un successo inatteso in situazioni normali.

 

§        Vai con fiducia nella direzione dei tuoi sogni. Vivi la vita che hai immaginato.


 

 



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