Slavoj Žižek

 

A cura di Luigi Santonastaso

 

 

 

Slavoj Žižek č professore all’Istituto di Sociologia di Lubiana e all’European Graduate School (EGS). Žižek fu professore al dipartimento di psicoanalisi all’universitŕ di Parigi nel 1982-1983 e nel 1985-1986 al centro per gli studi per la psicoanalisi e l’arte a Buffalo, nel 1991-1992 al dipartimento di letteratura comparata all’universitŕ del Minnesota, Minneapolis nel 1992, alla Tulane University a New Orleans nel 1993, nel 1994 alla Cardozo Law School a New York, nel 1995 alla Columbia University, nel 1996 alla Princeton University, nel 1997 alla New School for Social Research, nel 1998 all’University of Michigan, nel 1999 alla Georgetown University di Washington. Egli č ritornato come membro alla facoltŕ dell’European Graduate School. Negli ultimi venti anni ha partecipato a simposi internazionali di filosofia, psicoanalisi e critica culturale in USA, Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Belgio, Olanda, Islanda, Austria, Australia, Svizzera, Norvegia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Spagna, Brasile, Messico, Israele, Romania, Ungheria e Giappone. Žižek č il fondatore e presidente della Society for Theoretical Psychoanalysis a Ljubljana. Egli usa la cultura popolare per spiegare la teoria di Jacques Lacan sulla politica e la cultura popolare. Nasce nel 1949 a Lubiana in Slovenia dove vive tuttora e tiene conferenze in tutte le universitŕ del mondo. Fu analizzato da Jacques Alain Miller, genero di Jacques Lacan, ed č probabilmente il piů prolifico post-lacaniano, avendo pubblicato circa cinquanta libri, incluse le traduzioni in una dozzine di lingue. Egli č di sinistra e, oltre ad essere influenzato da Lacan, lo fu anche da Marx, Hegel e Schelling. Per il carattere, egli assomiglia ad un rivoluzionario piuttosto che ad un teorico. Fu politicamente attivo in Slovenia durante gli anni Ottanta, candidato alla presidenza della Repubblica della Slovenia nel 1990. La maggior parte dei suoi lavori sono morali e politici piuttosto che teoretici. Ha un carisma ed un energia notevoli ed č un affascinante conferenziere nella tradizione di Lacan e Kojeve. Žižek ha gettato luce in quelli che possono essere solo definiti “studi culturali” (anche se egli disprezzerebbe la caratterizzazione). Egli č un effettivo interprete del male lacaniano e come seguace del “liberatore” francese di Freud, il Lacan di Žižek č quasi esclusivamente trascritto in giochi di lingua che ipnotizzano o parabole intellettuali. Ha una comprensione enciclopedica delle correnti politiche, filosofiche, letterarie, artistiche, cinematografiche e della cultura popolare; inoltre non ha scrupoli nel gettarle tutte nella sua immaginazione – č la prima ragione che ha abbagliato i suoi pari e confuso i suoi critici per piů di dieci anni. Originariamente il fine sembra essere quello di demolire le coordinate di un’egemonia liberale che permette eccesso e aberrazione, sebbene non minacci le vere coordinate. Egli suggerisce che le vere coordinate sono piů nascoste di quanto crediamo. La produzione della differenza culturale č per Žižek la produzione di un sogno inefficace, che richiama forse “1984” di Orwell o persino “Brazil” di Terry Gilliam, dove una specie di pastoralismo generico o natura attribuita sostituisce la libertŕ come se fosse il retro di questo film noir. Žižek ha affermato che l’ultimo capitalismo moderno ha prodotto un’intera gamma di seduzioni alternative per tenere l’occhio e il cervello lontani dal reale. Il reale esiste solo come frammento, allontanandosi all’orizzonte come fantasia e illusione. Questi sogni e incubi sono strutturali e sistematici e fanno parte delle coordinate della cultura egemone. Essa, “l’insieme prevalente di coordinate”, tenta spesso di tenerci lontano il reale e, d’altronde, questo reale contaminato deve essere continuamente purificato. Žižek dŕ il via alla reinterpretazione dell’idea di forma liberata effettivamente dall’idea di forma radicale: non si dovrebbe confondere questa nozione propriamente dialettica di forma con la nozione multiculturale di forma come cornice neutrale della moltitudine di parti narranti non solo in letteratura ma anche in politica, religione, scienze; esse sono tutte parti narranti, storie che noi stiamo raccontando a noi stessi su noi stessi e l’obiettivo ultimo dell’etica č garantire lo spazio neutrale in cui questa moltitudine possa coesistere pacificamente. In cui ognuno, dalle minoranze etniche a quelle sessuali, avrŕ la possibilitŕ o il diritto di narrare la propria storia. La nozione dialettica di forma segna precisamente l’impossibilitŕ di questa nozione liberale di forma: la forma non ha niente a che vedere con il formalismo, con l’idea di forma neutrale. Indipendente dai suoi contenuti particolari, rappresenta piuttosto il nucleo traumatico del reale. Žižek č interessato nello spiegare il reale lacaniano in mezzo alla propaganda dei sistemi. Nell’opera su Lenin (Tredici volte Lenin) insiste sul momento in cui Lenin capě che la politica poteva un giorno dissolversi per una utopia tecnocratica e agronomica (la pura gestione delle cose). Ciň che Lenin sbaglia č immateriale, poiché Žižek sta estraendo il significato di Lenin dal continuum storico, che include quel fallimento (lo stalinismo). La versione di Lenin che Žižek sceglie spesso č apparentemente (per sua propria ammissione) il Lenin della rivoluzione di Ottobre. In questa critica del capitalismo contemporaneo Žižek non trova solo le condizioni che Marx profetizzň ma anche quelle condizioni che concretizzň e rese intangibili. Un certo eccesso era tenuto sotto controllo nella storia precedente, percepito come perversione individuabile, una deviazione elevata nel capitalismo come vero principio di vita sociale, nel movimento speculativo del denaro che genera piů denaro, di un sistema che puň sopravvivere rivoluzionando costantemente le sue stesse condizioni. Marx fissň l’antagonismo nell’opposizione tra il valore d’uso e il valore di scambio: nel capitalismo le potenzialitŕ di questa opposizione sono realizzate pienamente, il dominio del valore di scambio acquista autonomia ed č trasformato nello spettro autonomizzato  del capitale speculativo, che necessita delle capacitŕ produttive e della gente reale solo come incarnazione temporale superflua. Nell’era della globalizzazione, poi, la questione principale č la seguente: oggi il capitalista virtuale non funziona in maniera omologa - il suo valore č zero, egli opera appena con il plusvalore prendendolo in prestito dal futuro? In una svolta rivoluzionaria autentica, il futuro utopistico non č pienamente realizzato, in questo caso, non č semplicemente rievocato come una promessa che giustifica la violenza attuale - piuttosto come se fosse in una sospensione di temporaneitŕ, nel breve circuito tra presente e futuro, noi siamo come se per Grazia il futuro utopistico č giŕ a portata di mano per essere affermato. La rivoluzione non č sperimentata come una difficoltŕ presente che dobbiamo tollerare per la felicitŕ e la libertŕ delle generazioni future ma come avversitŕ attuale oltre la quale questa felicitŕ futura ha gettato la sua ombra - in essa noi giŕ siamo liberi mentre combattiamo per la libertŕ, giŕ siamo felici mentre combattiamo per la felicitŕ nonostante le circostanze. La rivoluzione non č una scommessa alla Merleau-Ponty, un atto sospeso nel futuro anteriore per essere legittimata o delegittimata mediante risultati a lungo termine; e come se fosse la propria prova ontologica, un segno immediato della sua propria veritŕ. L’obiettivo di Žižek č promuovere e produrre una critica sprezzante delle catene strutturali che tengono schiavo l’uomo moderno. La sua nostalgia č per i gesti: il meta-reale, l’universale, il formale. Questa resistenza č la risposta alla domanda perché Lenin? Il Lenin che rende formale questo contenuto e che trasforma una serie di nozioni comuni in una formazione teoretica davvero sovversiva.



INDIETRO