ADORNO, PER MARCEL PROUST

Il figlio di genitori benestanti che, non conta se per talento o per debolezza, prende una professione, come si dice, intellettuale, quella dell’artista o dello studioso, si trova particolarmente a disagio tra coloro che portano il nome stomachevole di colleghi. Non solo gli si invidia la sua indipendenza, si diffida della serietà delle sue intenzioni, e si sospetta in lui un inviato segreto dei poteri costituiti. Questa diffidenza è bensì prova di risentimento, ma sarebbe, per lo più, giustificata. Ma le resistenze vere e proprie sono altrove. Anche l' attività spirituale è diventata, nel frattempo, “pratica”, un’azienda con rigida divisione del lavoro, branche e numerus clausus.

 

Chi è materialmente indipendente e la sceglie perché rifugge dall’ onta del guadagno, non sarà incline a riconoscere questo fatto. E per ciò sarà punito. Non è un professional: è considerato, nella gerarchia dei concorrenti, come un dilettante, indipendentemente dalla quantità delle sue conoscenze, e, se vuol fare carriera, deve battere, in ostinazione e chiusura mentale, anche lo specialista più bornè.

 

La sospensione della divisione del lavoro, a cui egli tende, e che la sua situazione economica gli consente, entro certi limiti, di realizzare, è particolarmente sospetta, in quanto tradisce la ripugnanza a sanzionare il tipo di lavoro imposto dalla società; e la competenza trionfante non tollera queste idiosincrasie.

 

La scompartimentazione dello spirito è un mezzo per liquidarlo dove non è esercitato ex officio, e un mezzo che funziona tanto più egregiamente in quanto colui che denuncia la divisione del lavoro (anche solo in quanto il suo lavoro gli procura piacere) scopre –dal punto di vista di quella – punti deboli che sono inseparabili dai momenti della sua superiorità. Così si provvede alla conservazione dell’ ordine: gli uni debbono collaborare perché altrimenti non potrebbero vivere, e quelli che potrebbero vivere altrimenti, vengono tenuti al bando perché non vogliono collaborare. E’ la vendetta della classe disertata dagli intellettuali indipendenti: le sue esigenze si impongono fatalmente proprio là dove il disertore cerca rifugio.»

 

(Theodor W. Adorno - Minima Moralia / Meditazioni sulla vita offesa - Einaudi, 1994)