Berkeley, L’attività della mente e l’esistenza di uno Spirito infinito

L’attività della mente è straordinaria, ma ha dei limiti, perché vi sono sensazioni che non dipendono dal nostro volere, ma che si impongono: “C’è quindi qualche altro volere o Spirito che le produce”.

 

G. Berkeley, Trattato sui princípi della conoscenza umana, Parte prima

 

Per quanto io posso vedere, le parole volontà, anima, spirito, non stanno per idee differenti, o, in verità, per un’idea qualsiasi, ma per qualche cosa che è differentissima dalle idee, e che, essendo un agente, non può essere simile a nessuna idea, né essere rappresentata da essa. Sebbene si debba ammettere nello stesso tempo, che noi abbiamo qualche nozione dell’anima, dello spirito, e delle operazioni della mente, quali il volere, l’amare, l’odiare, in quanto noi conosciamo o intendiamo il significato di quelle parole.

[...]

Io trovo che posso eccitare le idee nella mia mente a piacere, e variare e cambiare la scena quante volte lo credo opportuno. Non occorre piú che volerlo, e subito questa o quella idea sorge nella mia fantasia; e dallo stesso potere è obliterata, e fa strada ad un’altra. Questo fare e disfare le idee consente di definire con molta proprietà la mente come “attiva”. Tanto é certo, e fondato su l’esperienza: ma quando noi parliamo di agenti non pensanti, o di eccitare idee senza volizione, noi non facciamo che divertirci con le parole.

Ma qualunque potere io possa avere sui miei pensieri, trovo che le idee presentemente percepite dai sensi non hanno un’eguale dipendenza dal mio volere. Quando in pieno giorno io apro gli occhi, non è in mio potere scegliere se vedere o no, o determinare quali particolari oggetti si presenteranno alla mia vista; e parimenti quanto all’udito e agli altri sensi, le idee impresse su di essi non sono creature del mio volere. C’è quindi qualche altro volere o Spirito che le produce.

 

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pag. 726)