Bradley, Sulla verità

Secondo Bradley la verità è legata all’esperienza, ma possiede i caratteri dell’assolutezza (dell’idea kantiana). “La verità è condizionabile, ma non può essere trascesa dall’intelletto”.

 

F. H. Bradley, Appearance and reality, [Apparenza e realtà], c. XXVII, § 10-15; trad. it. C. Goretti, Bompiani, Milano, 1957, pagg. 571-580

 

La dottrina che io cerco di affermare è veramente semplice. La verità è un aspetto dell’esperienza, ed è perciò imperfetta e limitata da ciò che essa non può includere. In quanto è assoluta, essa possiede comunque il tipo generale ed il carattere di tutto ciò che ha la possibilità di essere vero o reale, e l’universo in questo generale carattere è completamente conosciuto. Esso non è e non può mai essere conosciuto in tutti i suoi particolari, non è e non può mai essere conosciuto come Tutto nel senso che la conoscenza sia la stessa cosa dell’esperienza o della realtà. Poiché conoscenza e verità, se noi supponessimo che abbiano quell’identità, sarebbero per ciò assolute e diverse. Ma d’altra parte l’universo non esiste, e non può probabilmente esistere come verità e conoscenza in un modo tale da non essere contenuto e incluso nella verità che noi chiamiamo assoluta. Per ripeterlo una volta ancora, una tale possibilità è fatale. E noi possiamo forse dire che, se questo impossibile fosse possibile, noi non potremmo probabilmente averne l’idea; perciò una tale idea svanisce nei suoi opposti o in un non senso. L’assoluta verità è errore solo se voi attendete da essa piú che la semplice generale conoscenza; essa è astratta e non può supplire ai suoi propri subordinati particolari. Essa è unilaterale e non può rendere concretamente tutti i lati del Tutto, ma d’altra parte nulla può esistere fuori di essa. Essa tutto include e contiene tutto ciò che anticipatamente può svolgersi come contrario, nulla le può essere contrario che non diventi intelligibile, ed essa entra come vassallo nel regno della verità. Cosí anche quando voi andate oltre, non potete mai arrivare fuori di lei e quando aggiungete qualche cosa di piú siete obbligati ad aggiungere qualche cosa di piú della stessa specie. L’universo come verità, in altre parole, conserva una sola caratteristica, e di quella abbiamo una conoscenza infallibile.

E se considerate la cosa da un altro aspetto, non vi è nessuna opposizione fra Realtà e verità. La Realtà per essere completa deve prendere e assorbire questo aspetto parziale di sé: e la verità stessa non sarebbe completa se non includesse tutti gli aspetti dell’universo. Cosí nel superare la differenza fra il suo soggetto e il predicato, essa manifesta l’esigenza della sua propria natura, e io posso forse sperare che questa conclusione sia stata sufficientemente fondata (capitoli XV, XXIV, XXVI). Per ripetermi, nella sua generale caratteristica la Realtà è presente nella coscienza e nella verità, è quella assoluta verità che è distinta e affermata dalla metafisica. Ma questa caratteristica generale della Realtà non è la Realtà stessa; non è altro che il carattere generale della verità e della conoscenza. Cosí in quanto vi è una verità e una conoscenza, questo carattere è assoluto; la verità è condizionale, ma non può essere trascesa dall’intelletto. Realizzare la sue condizioni sarebbe passare in un tutto oltre il semplice intelletto.

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. I, pagg. 451-452