BERNARDO SILVESTRE, PROVVIDENZA DESCRIVE A NATURA LE BELLEZZE DEL MONDO


Provvidenza, che, a questo punto, già si compiaceva dello splendido e ornatissimo allestimento del mondo sensibile, chiama Natura perché guardi ammirata e goda di quelle cose alla cui esornazione aveva anelato con tanta passione. "Ecco," dice, "il mondo, o Natura, che io ho fatto nascere dall’antico semenzaio, dal primordiale disordine, dalla massa confusa. Ecco il mondo, sagace ideazione dell’opera mia, splendida costruzione, manifestazione maestosa delle cose, che io ho creato, che ho formato con cura assidua, cui, con accortezza, ho dato estensione secondo l’idea eterna, seguendo il più da vicino possibile la mia mente. Ecco il mondo, la cui vita è Noûs, la cui forma sono le idee, e la materia gli elementi. Ecco: ora, con zelo, sono arrivata dalla mia opera a ciò che tu desideravi. Non accogli con voti augurali la nascita del mondo? Non ti dico quanto tumulto ha opposto la riottosità di Silva al mio maneggiarla, né quanta cura usai verso la sua riluttante sregolatezza fino a che non si lasciò piegare dalle mani che la modellavano. Non ti dico con che dura cote strofinai via la ruggine dagli elementi primordiali e riportai a nuovo le cose rigenerate secondo lo splendore che loro conviene. Non ti dico da quale condizione un sacro abbraccio ha unitamente composto classi di realtà tra loro opposte, né da quale stato la medietà che ne è venuta ha equilibrato potenze disparate. Non ti dico come le forme si sono incontrate con la materia, come la vita si sia manifestata sulla terra, nelle distese d’acqua, nell’aria, e nella volta del cielo.

 

(Bernardo Silvestre, Cosmografia. Commento a Marziano Capella, in Il divino e il megacosmo. Testi filosofici e scientifici della scuola di Chartres, a cura di E. Maccagnolo, Rusconi, Milano, 1980, p. 499-502)