BLOCH, IL TEMPO COME MULTIVERSUM

Non si può più lavorare secondo una linea retta […] senza una nuova e complessa molteplicità del tempo […]. Le vive culture extraeuropee possono essere rappresentate, secondo un concetto storico-filosofico, senza violenza europeizzante o anche soltanto senza quel tentativo di livellamento di quanto hanno prodotto per la ricchezza della natura umana»; e questo alla luce del fatto che «per quell’humanum in divenire, ultimo, preminente punto d’arrivo del progresso, tutte quante le culture della terra, insieme al loro sostrato ereditario, sono esperimenti e testimonianze variamente importanti. Esse non convergono perciò in una cultura già presente in qualche luogo, sia pure una cultura “dominante”, preminentemente “classica”, che per la sua qualità […] sarebbe già “canonica”. Le passate, presenti e future civiltà convergono unicamente in un humanum non ancora sufficientemente manifesto, ma sufficientemente prevedibile.

[E. Bloch, Dialettica e speranza, Vallecchi, Firenze 1967, p. 33]