BERGSON, DENTRO DI NOI SCORRE UN FLUSSO

 

Vi è almeno una realtà che noi cogliamo dall'interno, per intuizione, e non per semplice analisi: la nostra persona nel suo scorrere attraverso il tempo, il nostro io che dura. Può darsi che noi non simpatizziamo intellettualmente o, piuttosto, spiritualmente con alcun'altra cosa; ma certamente simpatizziamo con noi stessi. Quando faccio scorrere sulla mia persona, supposta inattiva, lo sguardo interiore della coscienza, percepisco dapprima una specie di crosta solidificata in superficie: sono le percezioni, che vi giungono dal mondo materiale. Tali percezioni sono nette, distinte, giustapposte o giustapponibili l'una a l'altra. Esse cercano di raggrupparsi in oggetti. In seguito, percepisco dei ricordi, più o meno aderenti alle percezioni, e che servono a interpretarle. Tali ricordi si sono come staccati dal fondo della persona, attratti alla superficie da percezioni che loro assomigliano: essi son posati su di me, senza essere in tutto e per tutto me medesimo. Infine, sento manifestarsi tendenze, abitudini motorie, una quantità di azioni virtuali più o meno solidamente legate a quelle percezioni e a quei ricordi. Tutti questi elementi dai contorni ben definiti, mi appaiono tanto più distinti da me, quanto più sono distinti tra loro: orientati dall'interno verso l'esterno, costituiscono, riuniti, la superficie di una sfera che tende ad allargarsi e a perdersi nel mondo esterno. Ma, se mi raccolgo dalla periferia verso il centro, se cerco al fondo di me ciò che più uniformemente, più costantemente e durevolmente è me stesso, trovo tutt'altro. Al di sotto di quei cristalli ben tagliati e di quella superficie congelata, vi è un flusso continuo, non comparabile a nulla di ciò che ho visto fluire. È una successione di stati, ciascuno dei quali preannunzia quello che lo segue e contiene quello che lo precede. In verità, essi non costituiscono stati molteplici se non quando già son passato oltre ad essi, e mi rivolgo indietro per osservarne la traccia: mentre li provavo erano così solidamente organizzati, così profondamente animati di una vita comune, che non avrei saputo dire dove uno qualsiasi di essi finisse e l'altro cominciasse. In realtà, nessuno di essi comincia o finisce, tutti si prolungano gli uni negli altri.

 

(Bergson, Introduzione alla metafisica)