Campanella, Due tipi di potere

Campanella pone a confronto due tipi di potere, quello ecclesiastico e quello secolare. Il confronto va tutto a vantaggio del papato.

 

T. Campanella, Discorsi universali del governo ecclesiastico per far un gregge ed un pastore

 

Differenza tra l’imperio ecclesiastico e secolare – Capo III.

1. Tutti gli errori delli governanti nella Chiesa consisteno in ciò, che pensano esser la medesima politica utile al papato e al secolar imperio.

2. Ma sono differenti assai, tanto nell’acquisto quanto nella conservazione. Il papato comincia dalli animi, a cui obediscono i corpi, e a’ corpi le fortune, e per conseguenza “trahit omnia ad se ipsum”. Il secolare comincia dalli corpi o dalle fortune, e resta il principale fuori del fascio, che poi partorisce dissoluzione.

3. L’imperio ecclesiastico si acquista con la lingua, il secolare con la spada.

4. L’ecclesiastico con la passione perfettiva di chi acquista, il secolare con l’azione; e quello piú con la prudenza, questo piú con l’astuzia e forza.

5. Però il Papa è padre, sacerdote e re; il secolare è prencipe solamente o tiranno.

6. Il papato, perdendo nell’esteriore, vince; il secolare, perdendo, perde; ma il tiranno anche perde vincendo.

7. Se il Papa usa l’arti secolaresche, piú perde che guadagna; se il secolar prencipe usa l’arti del Papa, piú guadagna. Questo per instinto san gli Spagnoli.

8. Circa la conservazione, piú è durabile e conservabile il principato ecclesiastico che il secolare, perché quello tiene ligati gli animi etiam lontanissimi, e questo solo i corpi; e non può, se non vicinissimi. Però il papato mantiene il prencipato secolare e non e converso. Né Spagna teneria ligato il Mondo Nuovo col vecchio, se non per il papato.

9. Sendo tre i legami della republica: la religione, che attacca gli animi; la coabitazione, che attacca li corpi; il commerzio che lega le fortune.

10. La religione è tutta in tutto e in ogni parte tutta, come l’anima; la politica è parte in tutti e in tutto tutta, e non sempre; né ad ogni modo, se non esteriormente: cosa non intesa da’ filosofi.

11. Il papato però non può perdere mai; perché né li Cristiani permettendo che un altro prencipe cristiano lo travagli, tanto per la venerazione della religione, quanto perché quell’altro prencipe non si facci piú potente di loro col papato. Né gl’infedeli ponno vincerlo, perché tutti li prencipi cristiani sono obligati, e per ragion divina e per ragion di Stato, aiutarlo; se qualcheduno infidele vuol perir presto e far bene assai al Cristianesimo, assalti il papato.

12. Il papato si conserva con l’amore e con la venerazione; il prencipato con la paura e la giustizia.

13. Il papato ha dui gladii, il secolare uno.

14. È meglio aver li vassalli ricchi, grandi, potenti e dotti al papato, perché è corpo vivo avvivato dalla religione, anima tutta in tutto e in ogni parte tutta, e però li muve a suo cenno con utilità; ma allo Stato secolare noceno li vassalli potenti e savi alle volte, perché è corpo morto, e non può muovere da dentro le sue gran membra, ed è solo avvivato dalla religione, anima del papato; e qui si nascondono gran segreti.

15. Il papato nelle imprese guadagna stando neutrale e arbitro; agli altri prencipi la neutralità è rovinosa, perché restan preda del vincitore, o amico o nemico.

16. L’arme del papato animate dalla religione sono invitte, e sempre; l’arme de’ secolari senza religione sono fragilissime e son di prima furia.

17. Piú nòce al papato la scisma che l’eresia: e il conciliabolo stabilisce lo scisma, ma non può allignare senza eresia, né l’eresia senz’armi de’ prencipi.

[...]

6. Piú giovò la lingua di San Bernardo e di San Vincenzo, che non l’armi di Carlo Magno e delli regi di Spagna; piú nocque la lingua di Lutero, di Sergio e di Arrio, che la spada dell’imperator Costanzo, Giuliano, Federico Soevo, etc.

7. Un monaco convertío la Germania e uno la sconvertío.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. XI, pagg. 1179-1181