Carnap, Il procedimento di confermazione o controllo

Le leggi scientifiche sono strutturalmente legate ad una componente convenzionale, dovendo procedere induttivamente. Ogni verifica sperimentale di una legge scientifica, infatti, rende più verosimile tale legge, ma mai vera. Non è mai possibile una conferma assoluta, che avverrebbe solo con la verifica di tutti i casi. Il numero di verifiche che si ritengono sufficienti alla conferma di una legge risulta un mero atto di decisione pratica.

 

La connessione tra significato e conferma è stata talvolta formulata nei termini seguenti: un enunciato è significante se, e solo se, è verificabile; e il suo significato consiste nel suo metodo di verificazione. (...) Ma, rispetto al nostro punto di vista, questa formulazione, benché accettabile come prima approssimazione, non è del tutto esatta. Essendo troppo semplicistica, ha condotto a una restrizione eccessiva del linguaggio scientifico escludendovi non soltanto gli enunciati metafisici, ma anche certi enunciati scientifici aventi un contenuto fattuale. Il nostro compito attuale potrebbe quindi esser presentato come un tentativo di modificare il requisito di verificabilità. (...)

         Se per verificazione si intende una dimostrazione assoluta di verità, allora un enunciato universale, ad esempio una cosiddetta legge fisica o biologica, non potrà mai essere verificata; fatto, questo, che è stato sottolineato. Anche se si supponesse verificabile ogni singolo caso della legge, dal momento che i casi cui la legge si riferisce - ad esempio i punti dello spazio-tempo - sono infiniti, essi non potrebbero mai essere esuriti dalle nostre osservazioni, che sono sempre di numero finito. (...) Non possiamo verificare la legge, ma possiamo controllarla controllandone i singoli casi, cioè gli enunciati particolari che derivano dalla legge stessa e da altri enunciati precedentemente stabiliti. Se in una serie prolungata di tali esperimenti di controllo non si scopre alcun caso negativo, ma, anzi, il numero dei casi positivi, via via aumenta, allora anche la nostra fiducia nella legge aumenta gradualmente. Così, anziché di verificazione, qui possiamo parlare di conferma gradualmente crescente della legge. (...)

         Supponiamo che sia dato un  determinato enunciato S, che siano state eseguite alcune osservazioni di controllo, e che S risulti da queste confermato in un certo grado. È allora una questione di decisione pratica se considerare tale grado abbastanza alto per accettare S, o abbastanza basso per rifiutare S, o tale che non possiamo né accettare né rifiutare S, fino a quando non disporremo di prove ulteriori. Quantunque la nostra decisione sia basata sulle osservazioni fatte fino al momento dato, essa non è tuttavia unicamente determinata dalle medesime. Non c’è alcuna regola generale per determinare la nostra decisione. Così l’accettazione o il rifiuto di un enunciato - sintetico - includono sempre una componente convenzionale. Ciò non significa che la decisione - o, in altre parole, il problema della verità e della verificazione - sia convenzionale. Infatti, oltre alla componente convenzionale, c’è la componente non-comvenzionale - possiamo chiamarla la componente oggettiva - che consiste nelle osservazioni compiute. E si deve certo ammettere che, nella maggior parte dei casi, questa componente oggettiva è presente in misura così schiacciante che la componente convenzionale praticamente svanisce. (...)

         Mi sembra che sia preferibile annunciare il principio dell’empirismo non sotto forma di un’asserzione (...) ma, piuttosto, sotto forma di una proposta o di un requisito. Come empiristi, richiediamo che il linguaggio della scienza sia ristretto in un certo modo. (...)

         Vi sono molte possibilità alternative nella strutturazione di un linguaggio empiristico. (...) Vi sono essenzialmente quattro differenti requisiti, ognuno dei quali può costituire la base per una possibile formulazione dell’empirismo (...)

         RTC. Requisito della controllabilità completa: “ogni enunciato sintetico deve essere completamente controllabile”. Cioè, dato un enunciato sintetico S, dobbiamo conoscere un metodo di controllo per ogni predicato descrittivo presente occorrente in S, in modo da essere in grado di determinare, per gli opportuni punti, e il predicato stesso può o meno venir loro attribuito (...) Questo è il più forte dei quattro requisiti. Adottandolo, ne deriva un linguaggio molecolare controllabile (...)

         RCC. Requisito della confermabilità completa: “ogni enunciato sintetico deve essere completamente confermabile”. (...) L’unica differenza tra RCC e RTC concerne i predicati. Da RCC sono ammessi predicati introdotti mediante enunciati di riduzione che non sono enunciati di controllo. (...)

         RT. Requisito della controllabilità: “ogni enunciato sintetico deve essere controllabile”. (...) RT ammette enunciati incompletamente controllabili - si tratta, soprattutto, degli enunciati universali, che vengono incompletamente confermati sulla base dei loro esempi - e in questo modo conduce a un linguaggio generalizzato controllabile. (...)

         RC. Requisito della confermabilità: “ogni enunciato sintetico deve essere confermabile”. Qui sono eliminate entrambe le restrizioni. Sono ammessi predicati confermabili ma non controllabili; e sono ammessi enunciati generalizzati. Questo ampliamento simultaneo in entrambe le direzioni conduce a un linguaggio generalizzato confermabile (...) RC è il più liberale dei quattro requisiti. Esso è però sufficiente per escludere tutti gli enunciati che non hanno natura empirica, ad esempio gli enunciati della metafisica speculativa in quanto non sono confermabili neppure in maniera incompleta. Mi sembra dunque che RC sia adeguato come formulazione del principio dell’empirismo. (...) D’altra parte ciò non significa che uno scienziato non sia autorizzato a scegliere un linguaggio più ristretto e a formulare uno dei requisiti più stretti, senza tuttavia volerlo imporre a tutti gli scienziati.

 

(R. Carnap, Controllabilità e significato, in Analiticità, significanza, induzione, Il Mulino, Bologna 1971, pp. 153, 157-58, 247-49 )