Cohn, Il propheta apocalittico

In questa lettura Cohn esamina la figura del propheta, già delineata da Gioacchino da Fiore. Egli considera i tipi di situazione che ne favoriscono la comparsa, il tipo di dottrina che il propheta professa, da quali ceti sociali proviene e come coinvolge gli altri attraverso “promesse millenaristiche”.

 

N. Cohn, The pursuit of the Millennium, 1957  [I fanatici dell’Apocalisse]

 

Quando, infine, si prendono in esame i gruppi millenaristi, anarco-comunisti, sorti sul finire del Medioevo, si è immediatamente colpiti da un fatto: fu sempre in occasione di una grande rivolta o di una rivoluzione che un gruppo di quel tipo uscí alla luce del giorno. Cosí fu di John Ball e dei suoi seguaci durante la Rivolta contadina inglese del 1381; degli estremisti delle prime fasi della rivoluzione hussita in Boemia nel 1419-1421; di Thomas Müntzer e della sua Lega degli Eletti durante la rivolta dei contadini tedeschi nel 1525. E cosí fu pure degli anabattisti rivoluzionari di Münster – dato che l’instaurazione della Nuova Gerusalemme fu l’atto conclusivo di tutta una serie di rivolte scoppiate non solo a Münster, bensí in tutti gli stati ecclesiastici della Germania nordoccidentale. In tutti questi casi l’insurrezione popolare si proponeva obiettivi limitati e realistici, ma la sua atmosfera favoriva il sorgere di gruppi millenaristi di tipo particolare. Appena la tensione aumentava e la rivolta assumeva proporzioni nazionali, in un luogo o nell’altro, dall’ala radicale del movimento, faceva la sua comparsa un propheta seguito da un codazzo di poveri e ansioso di trasformare l’insurrezione locale in una battaglia apocalittica, per la definitiva purificazione del mondo. La stessa cosa avvenne nella Russia del 1917, quando la rivoluzione spontanea e popolare fu sviata, e in fondo distrutta, da Lenin e dalla sua setta.

Il propheta stesso apparteneva a una distinta categoria sociale che subí pochi mutamenti nel corso dei secoli. Molti prophetae erano membri del basso clero, preti, monaci e frati che, per una ragione o per l’altra, avevano voltato le spalle alla Chiesa. Thomas Müntzer ne è l’esempio piú famoso. Accanto a loro si trovavano anche membri eccentrici della piccola nobiltà, come Eudes de l’Étoile ed Emico di Leiningen; e un’infinità di oscuri laici che in qualche maniera erano riusciti ad acquistare la cultura di un chierico: i begardi eretici, Konrad Schmid, il Rivoluzionario dell’Alto Reno, Giovanni di Leida. Qualunque fosse la loro vicenda individuale, collettivamente essi formavano un distinto strato sociale, un’intelligenzija frustrata e piuttosto di second’ordine. Ed era qui, in questo mondo inquieto di intellettuali e semintellettuali déclassés, che la dottrina escatologica veniva non solo studiata e conservata, ma anche commentata ed elaborata fino a poter servire da ideologia rivoluzionaria. Basterà ricordare quei Fratelli del Libero Spirito che elaborarono una dottrina anarco-comunista e, venuto il momento propizio, la trasmisero ai taboriti boemi e al Tamburino di Niklashausen sotto forma di profezia di rivoluzione immediata e totale.

I prophetae che possedevano il necessario magnetismo personale non si accontentarono di edificare un’ideologia rivoluzionaria; assunsero la posizione di capi nominati da Dio per gli “ultimi giorni”: araldi della Parusía, Ultimi Imperatori e persino Cristi reincarnati. Senza dubbio, alcuni di essi erano dei megalomani, altri degli impostori, e molti tutt’e due insieme. Ma tutti presentavano una caratteristica comune. Ognuno pretendeva di essere incaricato dell’eccezionale missione di condurre la storia al suo compimento prestabilito. E tali pretese influenzavano profondamente i gruppi che si formavano intorno ad essi. Perché il propheta ai suoi seguaci non offriva semplicemente l’occasione di migliorare la propria sorte e di sfuggire a pressanti angustie; offriva loro anche, e soprattutto, la prospettiva della partecipazione da protagonisti a una missione ordinata da Dio, eccezionale e prodigiosa. Era un sogno che ben presto li stregava. E allora si formava un gruppo del tutto particolare, il prototipo del moderno partito totalitario, spietato e in costante fermento, ossessionato da chimere apocalittiche e assolutamente convinto della propria infallibilità. Esso si sentiva infinitamente al di sopra del resto dell’umanità e respingeva ogni pretesa estranea alla sua presunta missione. E talvolta, benché non sempre, riusciva a imporre il suo volere alla grande massa dei disorientati, degli inquieti, degli spauriti.

Una serie di promesse millenaristiche e sconfinate, fatte con convinzione assoluta e profetica a una schiera di uomini sradicati e disperati, in una società le cui strutture tradizionali sono in via di disintegrazione: ecco, a quanto sembra, l’origine di quel fanatismo sotterraneo che costituí una minaccia permanente per la società medievale. Non è fuori posto pensare che quella è pure l’origine dei giganteschi movimenti fanatici che, nella nostra epoca, hanno scosso il mondo.

 

N. Cohn, I fanatici dell’Apocalisse, Comunità, 1965, pagg. 351-353