Comte, Sulla politica di equilibrio fra reazione e rivoluzione

Sul tentativo dei politici francesi di tenersi in equilibrio fra il tornare indietro all’assolutismo e la pericolosa avventura rivoluzionaria abbiamo questa interessante valutazione di Auguste Comte.

 

A. Comte, Corso di filosofia positiva

 

La politica stazionaria fa altamente professione di conservare le basi essenziali del regime antico, mentre intralcia radicalmente le sue piú indispensabili condizioni di esistenza reale con un insieme di precauzioni metodiche. Del pari, dopo una solenne adesione ai princípi generali della filosofia rivoluzionaria che costituiscono la sola sua forza logica contro la dottrina retrograda, essa s’affretta a impedirne regolarmente l’effettivo slancio frapponendo alla loro applicazione quotidiana ostacoli faticosamente trovati. In una parola, questa politica cosí fieramente sdegnosa delle utopie si propone direttamente oggi la piú chimerica di tutte le utopie, volendo fissare la società in una situazione contraddittoria fra l’arretramento e la rigenerazione, con un vano bilanciamento fra l’istinto dell’ordine e quello del progresso. Poiché non possiede alcun principio proprio, essa è alimentata unicamente dai contrastanti prestiti che essa ha simultaneamente contratto dalle due dottrine antagoniste. Mentre riconosce l’inettitudine fondamentale di ciascuna di esse a dirigere convenevolmente la società attuale, la sua conclusione finale consiste nell’applicarle di concerto. Alla ragione pubblica questa teoria serve certo utilmente come organo provvisorio per impedire la dannosa preponderanza assoluta dell’una o dell’altra filosofia; ma per una non meno evidente necessità essa tende direttamente a prolungare quanto possibile la loro doppia esistenza, prima base indispensabile dell’azione oscillatoria che la caratterizza. Cosí questa dottrina mista che, considerata nella sua destinazione transitoria, con una influenza necessaria qui sopra spiegata concorre a preparare le vie definitive della riorganizzazione sociale, quando la si considera come dottrina finale costituisce al contrario un ostacolo diretto a questa riorganizzazione, sia perché ne fa misconoscere la vera natura, sia perché tende a perpetuare senza tregua le due filosofie opposte che oggi egualmente l’intralciano.

F. Tonon, Auguste Comte e il problema storico-politico nel pensiero contemporaneo, G. D’Anna, Messina-Firenze, 1975, pagg. 162-163