CROCE, AMORE PER LA PATRIA

 

E per la mediazione dell'amore per la patria sorge il dovere verso lo Stato, cioè verso la necessità che hanno i popoli della buona amministrazione e governo delle loro forze, e della pace e della sicurezza, per svolgere l'opera del lavoro civile, onde, tra gli Stati che abbiamo dipinti come animali lottanti tra loro, anche quello della propria patria lotta e difende la vita di essa, e poiché il difendere è tutt'insieme un offendere (non diciamo nelle teorie dei giuristi, ma nella realtà), offende altri Stati per garantirsi dalle temute offese, e il timore e l'incertezza che reca con sé lo rende incerto intorno al punto a cui in questa difesa-offesa gli conviene arrestarsi e lo fa trascorrere talora oltre il segno giusto, che l'interesse ben inteso, nel quale è compreso l'interesse per l'umanità tutta, deve porre. Nondimeno nell'adempiere questo dovere verso lo Stato, ciò che in esso veramente si ama non è lo Stato ma la patria (Non tibi, sed Petro), tutti i valori morali di cui la patria è sintesi ed è simbolo, e la sua forza e la sua potenza solo in rapporto a questi valori; al pari della buona salute che serve per il lavoro e non per l'ozio, e, decaduta ad ozio, si fa spregevole e c'è caso che si faccia anche tristezza e cattiva salute perché priva della buona coscienza di meritarla col bene adoprarla. Ma l'amore di patria, accogliendo per la patria il dovere verso lo Stato, con ciò stesso distingue da sé lo Stato e lo contiene nel carattere e nel grado che gli spetta, e non lo parifica a sé e meno ancora gli si sottomette come a dovere assoluto. Assoluto non è quel dovere perché ha, come si è detto, un limite, e il limite è nel principio ideale che anima il vero amore per la patria. Troppi, e individui e popoli, hanno ai nostri giorni smarrito questa distinzione, e hanno concepito come assoluti i comandi, quali che siano, dello Stato; e di questo smarrimento gli effetti orrendi sono alla vista di tutti, onde la guerra, che per sé è al di là del bene e del male, si è contaminata di cattiveria per non aver osservato quel limite posto a ogni atto dell'uomo che sia di utilità e di forza. Né vale a cancellare questo limite neppure il santo amore della patria, che è santo perché sol perché lo tien sempre presente e l'osserva. Né qui vale addurre la generale riprovazione per coloro che disertano la patria nella sua opera faticosa e nelle sue prove dolorose, quando invece diserzione e tradimento stanno dall'altra parte, dalla parte di coloro che, governando la patria, abusano delle sue forze e del suo nome. E chi oserebbe rimproverare le migliaia e migliaia di cittadini che, nel secolo decimosesto, fuggendo le oppressioni e persecuzioni chiesastiche, alle quali lo Stato dava il braccio secolare, esularono e cangiarono patria e fondarono nuove patrie per ragioni di coscienza e di religione?

 

(Croce, L'amore verso la patria e i doveri verso lo Stato)