Epicuro, le Calunnie (Diogene laerzio)

Diogene Laerzio racconta come alcuni filosofi, storici, intellettuali, politici descrissero Epicuro e li accusa di essere dei calunniatori.

 

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, X, 3-7

 

         1       Lo stoico Diotimo manifestò la sua ostilità a Epicuro calunniandolo molto amaramente con la pubblicazione di cinquanta epistole scandalose sotto il nome di Epicuro. Perseguí lo stesso fine l’editore di una raccolta di lettere pubblicate come se fossero di Epicuro, ma, in realtà, comunemente attribuite a Crisippo.

         2       Furono suoi calunniatori anche Posidonio stoico e la sua scuola e Nicola e Sozione nel dodicesimo libro dell’opera intitolata Confutazioni dioclee (che consta di ventiquattro libri) e Dionisio di Alicarnasso. Secondo costoro, Epicuro, insieme con la madre, andava in giro per le case della povera gente a recitare formule espiatorie e, insieme col padre, faceva il maestro di scuola per una paga irrisoria, e, inoltre, prostituiva uno dei suoi fratelli e conviveva con l’etera Leonzio, e faceva passare per sue la dottrina atomistica di Democrito e quella edonistica di Aristippo. Né era legittimo cittadino di Atene, secondo quanto era stato affermato da Timocrate e da Erodoto nel suo libro Sull’efebia di Epicuro. Fu vergognoso adulatore di Mitra, ministro di Lisimaco, e nelle epistole lo chiamava Peana [cioè “Salvatore”] e Sire. Né lesinò lodi e adulazioni a Idomeneo, Erodoto e Timocrate, che avevano divulgato le sue dottrine esoteriche.

         3       E nelle epistole a Leonzio scrive tra l’altro:

                  “Peana Sire! Cara piccola Leonzio, quale tripudio di gioia m’invase quando lessi la tua lettera!”

         4       E a Temista, moglie di Leonteo:

                  “E voi non venite da me, son pronto a giungere in tre balzi là dove voi, o Temista mi dite di venire”.

         5       E a Pitocle, che era un giovane bello:

                  “Mi assiderò” scrive “ed aspetterò che tu, mio desiderio, giunga da me, simile a un dio”.

         6       E secondo quel che riferisce Teodoro nel quarto libro della sua opera Contro Epicuro, in un’altra lettera a Temista egli scrive di essere solito abbandonarsi ad ogni follia con lei nel vino.

         7       Aggiungono i suoi detrattori che fu in corrispondenza con molte altre etere e specialmente con Leonzio, di cui anche Metrodoro fu innamorato. E viene anche citato un passo della sua opera Del fine, cosí:

                  “Non so quale bene io possa concepire, se eccettuo i piaceri del gusto o le gioie d’amore o i piaceri che derivano dall’udito o dalla contemplazione della bellezza”.

         8       E un passo di una sua lettera a Pitocle:

                  “Alza la tua vela, amico, e sfuggi ogni cultura, qualunque essa sia”.

         9       Ed Epitteto lo chiama cinedòlogo, ovvero predicatore di sconcezze, e lo critica molto aspramente.

         10    Inoltre Timocrate, fratello di Metrodoro e discepolo di Epicuro, dopo aver abbandonato la scuola, in un’opera intitolata Delizie, riferisce che Epicuro era cosí dedito alla dissolutezza che vomitava due volte al giorno e narra che egli stesso a stento riuscí a sfuggire a quei notturni trattenimenti filosofici e a quell’associazione di iniziati. E che Epicuro molte lacune aveva nella preparazione scientifica, ma ancora maggiore ignoranza mostrava nelle questioni della vita quotidiana, e che le sue condizioni fisiche erano cosí pietose che per molti anni non poté alzarsi dalla sedia gestatoria; e che spendeva una mina al giorno per la mensa, come scrive egli stesso in un’epistola a Leonzio e nell’altra Ai filosofi in Mitilene. E che vivevano insieme con lui e con Metrodoro molte etere e tra queste Mammario, Edia, Erozio e Nicidio. [...]

 

(Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, Laterza, Bari, 19872, vol. II, pagg. 401-402)