Epicuro, Sull’anima

L’anima è definita da Epicuro “un corpo sottile”. Essa, quando è unita al corpo – e solo in questa situazione –, è la facoltà delle sensazioni. Quando poi il corpo si distrugge, l’anima si disperde.

 

Epistola a Erodoto, 63-66

 

         Dopo di ciò, facendo riferimento alle sensazioni e alle affezioni – perché cosí si avrà la piú fondata persuasione – bisogna credere che l’anima è un corpo sottile, sparso per tutto l’organismo, assai simile all’elemento ventoso, e avente una certa mescolanza di calore, e in qualche modo somigliante all’uno, in qualche modo all’altro. C’è poi una parte che per la sottigliezza si differenzia nettamente anche da questi, e per ciò piú adatta a subire modificazioni insieme al rimanente dell’organismo. Tutto ciò è provato dalle facoltà dell’anima e dalle affezioni, dai moti, dai pensieri e da tutto ciò la cui privazione è causa per noi di morte. E bisogna pensare anche che della sensazione la causa principale risiede nell’anima; non l’avrebbe invero se non fosse in qualche modo contenuta nel restante organismo; il quale, facendo sí che nell’anima risieda questa causa, partecipa poi dal canto suo di tale qualità accidentale grazie all’anima, non però di tutte quelle che di essa sono proprie. Per cui, separato dall’anima il corpo non ha sensazione, perché non ha tale potere in se stesso, ma lo procura a qualcos’altro [cioè all’anima] con esso generatosi, e questo qualcos’altro, attuatasi nel corpo tale possibilità di sentire secondo il moto, produce dapprima il fenomeno della sensazione per sé, la trasmette poi [anche al corpo] per il contatto e il consentimento, cosí come ho detto prima. Per questo, finché l’anima rimane nel corpo non perde la facoltà di sentire, anche se qualche parte di esso se ne stacca; anche se qualche parte di essa vada distrutta insieme al corpo che la contiene, sia in tutto, sia in parte, se [il rimanente di essa] perdura conserva la sensazione. Il rimanente corpo invece, sia che permanga tutto, sia in parte, perde la sensazione se si separa quella quantità, per quanto piccola, di atomi che serve a costituire la natura dell’anima. E invero se tutto il corpo si distrugge l’anima si disperde, e non ha piú quei poteri e quei moti e quindi perde anche la facoltà di sentire. Non si può infatti concepire come senziente [l’anima] se non in questo complesso [di anima e corpo], né che possa piú avere quei moti, quando il corpo che la contiene e la circonda non sia piú tale com’è ora, stando nel quale l’anima tali moti possiede. [...]

 

(Epicuro, Opere, Einaudi, Torino, 1970, pagg. 32-33)