Ficino, L’anima e la sua libertà

Marsilio Ficino propone una struttura dell’Essere indubbiamente di tipo gerarchico, di chiara derivazione platonica, ma introduce una centralità dell’uomo impensabile nel platonismo antico: l’anima umana è legame e cemento dell’intero Universo.

 

M. Ficino, Theologia platonica, III, 2; XIV, 7, 8; IX, 4

 

Disponiamo la realtà di tutte le cose in cinque gradi. Poniamo Dio e l’Angelo alla sommità della natura, il corpo e la qualità nel grado piú basso, ma l’anima in mezzo fra le cose altissime e le infime, l’anima che a ragione chiamiamo, alla maniera platonica, terza o media essenza, poiché essa è nel mezzo rispetto a tutte le cose ed è terza da qualsiasi parte si cominci.

Dicono a ragione i Platonici che, al di sopra di ciò che scorre limitato nel tempo, è ciò che sussiste per ogni tempo, che ancora al di sopra è ciò che sussiste per l’eternità e che infine sopra il tempo è l’eterno. Ma tra quelle cose che sono solamente eterne e le altre che scorrono nel tempo, vi è l’anima che è quasi un legame tra le due sfere.

Ogni opera che consta di una molteplicità, allora è proprio perfetta quando è cosí connessa nelle sue membra da raccogliersi da ogni parte in unità, da essere consistente e a sé conforme, da non dissiparsi facilmente [...]. A maggior ragione è da porsi la connessione delle parti dell’Universo che è opera di Dio, in modo che esso risulti anche l’unica opera dell’unico Dio. Dio e il corpo sono in natura le parti estreme e l’una diversissima dall’altra. L’Angelo non riesce a congiungerle, poiché si volge tutto a Dio e dimentica il corpo [...]. Neanche la qualità congiunge gli estremi, poiché inclina verso il corpo e abbandona le cose superiori; lasciate le cose incorporee diventa essa stessa corporea. Fino a questo punto le cose sono come estremi, e reciprocamente si escludono le cose superiori e le inferiori, mancando gli opposti di un legame. Ma una volta posta nel mezzo quella terza essenza, essa è tale che, mentre si congiunge alle cose superiori, non lascia le inferiori, cosicché in essa queste e quelle si trovano congiunte. [...] L’anima infatti è immobile e mobile. Da quella parte si accorda con la realtà superiore, da questa con la inferiore. Accordandosi con entrambe, desidera l’una e l’altra. Perciò [l’anima] per un certo istinto naturale ascende alle cose superiori, discende alle inferiori. E mentre ascende non abbandona le cose piú basse, mentre discende non lascia mai il divino. [...]

[L’uomo] si ricongiunge a Dio disprezzando le cose temporali, desiderando le eterne. Se diventa felice col disprezzo delle cose temporali, non altrimenti diventa tale se non col conseguimento delle cose eterne. [...]

Principalmente conosceremo che in nessun modo l’anima dell’uomo deriva dal corpo, se avremo compreso secondo adeguata ragione che in essa è il libero arbitrio. Infatti, ciò che è legato al corpo, la cui natura è determinata, non può effettuare un’operazione libera e indipendente.

 

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pagg. 584, 592-593)