Frank, Come i guelfi e i ghibellini

Scritta nel 1931, quando il filosofo russo Semën Frank era ormai da quasi dieci anni in esilio in Germania, il saggio “Destra” o “sinistra”? un’antinomia superata tratta di un argomento ancora oggi di attualità. Egli sottolinea la confusione lessicale presente nella famosa diade, che pretende di esprimere una dimensione filosofica, politica e sociologica insieme. Frank, ex-marxista, conclude affermando che dopo la presa del potere da parte dei comunisti in Russia questo schema è diventato assurdo. [N.B.: Arakceev, generale dello zar Alessandro I, è rimasto nella tradizione russa come simbolo di dispotismo e regime poliziesco. Lo zemstvo e il Tribunale dei giurati erano fra le piú importanti riforme dello zar Alessandro II, esse riguardavano l’autonomia amministrativa e l’amministrazione della giustizia; furono poi abolite dal regime sovietico. Belinskij e Herzen erano due importanti intellettuali della Russia dell’Ottocento. Per distinguersi dai populisti-socialrivoluzionari, i marxisti avevano fondato un loro partito, che denominarono partito socialdemocratico]

 

S. Frank, “Destra” o “sinistra”? un’antinomia superata [1931]

 

Che cos’è “la destra”, che cos’è “la sinistra”, a quale delle due correnti associarsi, con quale simpatizzare?

Fino a un recente passato la risposta era chiara per ogni persona politicamente istruita; la risposta non ammetteva dubbi anche per noi russi fino al 1917 e soprattutto fino al 1905. La “destra” era la reazione, l’oppressione del popolo, la politica di Arakceev, la soppressione della libertà di pensiero e di parola, l’arbitrio dell’autorità; la “sinistra” era il movimento di liberazione santificato dai nomi dei decabristi, di Belinskij e di Herzen, l’esigenza della legalità e dell’eliminazione dell’arbitrio della censura e della persecuzione dei dissidenti, la preoccupazione per l’indigenza delle classi inferiori, la simpatia per lo zemstvo e il tribunale coi giurati, il sogno della costituzione. La destra era crudeltà, formalismo, inumanità, altezzosità del potere; la sinistra filantropia, compassione per gli “umiliati e offesi”, senso della dignità della persona umana propria e altrui. Le titubanze non erano possibili: “il cuore di ogni uomo onesto batte a sinistra” aveva scritto Heine; perché, a dirla in breve, la destra era il male e la sinistra il bene.

Tutto questo è scomparso, è precipitato nell’abisso del nulla, s’è dileguato come fumo. Alla giovane generazione attuale, anche “di sinistra”, questi sentimenti sono ormai estranei. Nell’emigrazione russa (e in parte nella Russia stessa) oggi la destra e la sinistra si sono in parte scambiate di posto: la sinistra è diventata simbolo di arbitrio, dispotismo, umiliazione dell’uomo; la destra simbolo degli sforzi per un’esistenza degna dell’uomo. In una parola, la destra è diventata il bene e la sinistra il male. Ma tutto ciò soltanto in parte; dietro a questa svolta se ne cela una seconda, molto piú significativa anche se meno manifesta: il sentimento crescente che le definizioni stesse di destra e sinistra sono incomprensibili, inadeguate, confuse. Mi permetto qui una confidenza personale, forse non interessante per il lettore ma per me necessaria come punto di partenza per le considerazioni successive. Nella prima giovinezza io, come tutti i giovani russi istruiti del tempo, ero “di estrema sinistra” – marxista, socialdemocratico. Poi mi sono spostato gradatamente “a destra”, senza approdare alla vera destra e gravitando piuttosto al centro fra la destra e la sinistra; ma mi sono sempre sentito su qualche punto della linea che va da sinistra a destra. Per me, come per tutti i russi che non avevano perso la coscienza e il buon senso, la rivoluzione del 1917 fu la spinta immediata a una decisa virata a destra.

Ma a misura che nella mia anima le emozioni si placarono, ebbe inizio un nuovo processo: i concetti stessi di destra e di sinistra incominciarono a farsi casuali, oscillanti, a perdere il loro significato univoco d’un tempo, a diventare fantomatici e inattuali. Cominciai ad avvertirvi addirittura qualcosa di offensivo e di indecente: una persona presa nel vortice e che cerca di salvare la vita non ha tempo di pensare se è di destra o di sinistra; a una persona caduta prigioniera di banditi o di pazzi non interessa la politica dei partiti; un uomo che ha perso la patria ha perso tutto, compreso il terreno sul quale puntare a destra o a sinistra. E quando adesso chiedono a me (che per tutta la vita mi sono interessato ai problemi politici e ne sono stato sufficientemente informato anche se non ho mai partecipato alla politica attiva) se sono di destra o di sinistra, provo un senso di disagio, di confusione, d’impossibilità a fornire una risposta diretta. Dopo aver meditato su questi sentimenti sono giunto alla convinzione che dipendono non dall’indeterminatezza della mia concezione politica ma dall’incongruenza della domanda stessa. Adesso, invece di rispondere, preferisco chiedere a mia volta. “E Lei a quale partito aderisce: ai guelfi o ai ghibellini?”, e mi diletto a constatare questa volta la confusione del mio interlocutore.

[...]

Perciò nelle parole e nei pensieri confusi dovrà continuare ancora a lungo la lotta fra i concetti superati e ormai fantomatici della destra e della sinistra; a lungo continueranno ad esistere persone di destra e di sinistra quando non esiste piú un compito reale di destra o di sinistra; a lungo questi fantasmi continueranno a portar confusione sterile e turbamento nella vita sociale distogliendo dalle crude esigenze della realtà. Ma alla fine la realtà, come sempre, supererà le idee antiquate, la destra e la sinistra sopravviveranno unicamente nei testi di storia dove troveranno pace e collocazione accanto ai guelfi e ai ghibellini.

 

S. Frank, “Destra” o “sinistra”? un’antinomia superata, Russia Cristiana, Anno XV, Marzo-Aprile 1974, pagg. 15-17 e 29