Frank, L’intelligencija e il moralismo nichilista

Anche Semën Frank partecipò con un suo saggio alla raccolta di scritti filosofici Vechi (1909). In questa lettura egli spiega come avviene che il nichilismo teorico dell’intelligencija non sfocia nell’amoralismo alla Stirner, come sembrerebbe logico, ma in un moralismo fanatico.

 

S. Frank, L’etica del nichilismo

 

Il moralismo dell’intelligencija russa è solo l’espressione e il riflesso del suo nihilismo. Ragionando con una logica rigorosa, dal nihilismo si può e si deve dedurre anche nel campo della morale solo il nihilismo, cioè l’amoralismo; a Stirner non costò, molta fatica chiarire questa deduzione logica a Feuerbach e ai suoi discepoli. Se l’essere è privo di ogni senso interiore, se i desideri umani soggettivi sono l’unico criterio razionale per l’orientazione pratica dell’uomo nel mondo, come dovrò io riconoscere un qualsiasi obbligo? Non sarà mio legittimo diritto il semplice ed egoistico godimento della vita, l’ingenuo e naturale “carpe diem”?

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Qui viene riconosciuto come valore assoluto non il fine o l’ideale ma il servizio stesso del medesimo. E se la domanda di Stirner: “perché l’io è meno prezioso del tu e gli deve essere sacrificato?” resta senza risposta, proprio per prevenire simili insolenti perplessità la pratica morale si circonda di un’autorità ancor piú mistica e indiscutibile. Questa forma mentis, nella quale la morale occupa non solo il posto principale ma possiede anche un’autorità illimitata e autocratica sopra la coscienza privata della fede nei valori assoluti, può essere definito moralismo e proprio questo moralismo nihilista forma l’essenza della concezione del mondo dell’intelligencija russa.

Il credo dell’intellettuale russo è il bene del popolo, il soddisfare i bisogni della “maggioranza”. Servire a questo fine è per questo credo l’obbligo supremo e in genere unico dell’uomo e tutto ciò che è di piú viene dal maligno. Perciò egli non solo semplicemente nega o non accetta altri valori ma addirittura li teme e li odia. Non si può servire contemporaneamente a due dei e, se come già apertamente proclamò Massimo Gor’kij, dio è “il popolo”, tutti gli altri dei sono pseudo-divinità, idoli, diavoli.

 

AA. VV., La svolta. Vechi, L’intelligencija russa tra il 1905 e il 17, Jaka Book, Milano, 1970, pagg. 166-167