FICHTE, DOGMATISMO E IDEALISMO

 

Nel primo caso fa astrazione dal rapporto dell'intelligenza con l'esperienza; nel secondo fa astrazione dal fatto che la cosa si presenta nell'esperienza. Il primo procedimento si chiama idealismo, il secondo dogmatismo. Da tutto ciò risulta abbastanza evidente che questi due sono gli unici sistemi filosofici possibili. Secondo il primo sistema le rappresentazioni accompagnate dal sentimento della necessità sono prodotti di quell'intelligenza ch'è il presupposto che le giustifica, mentre in base al secondo sistema sono prodotti di una cosa in sé che ne è il presupposto. [...] Di questi due sistemi l'uno non può confutare direttamente l'altro, perché il contrasto che li divide riguarda il principio di per sé indeducibile... Si negano totalmente a vicenda. Non hanno in comune alcun punto in cui potersi intendere l'un l'altro e accordarsi insieme. [...] L'idealista... ha sul dogmatico il vantaggio di poter indicare nella coscienza quel che secondo lui è il principio dell'esperienza, e cioè l'intelligenza liberamente agente... Secondo il dogmatico tutto ciò che si presenta nella nostra coscienza è prodotto d'una cosa in sé, e quindi anche le presunte nostre determinazioni libere, compresa la presunzione d'essere liberi. [...] Ogni dogmatico conseguente è per necessità fatalista. Non che contesti, come dato di coscienza, il fatto che noi ci reputiamo liberi... Egli non fa che dedurre dal suo principio la falsità di questa attestazione della coscienza. Egli nega del tutto quell'autonomia dell'Io, su cui l'idealista costruisce, e fa dell'Io nient'altro che un prodotto delle cose, un accidente del mondo: il dogmatico conseguente è per necessità anche materialista. [Per l'idealista] il principio del dogmatico, la cosa in sé, non è nulla. La cosa in sé diventa una chimera bella e buona; non c'è piú ragione d'ammetterla. [...] Intelligenza e cosa sono perciò direttamente opposte: si trovano rispettivamente in due mondi, fra i quali non c'è ponte di passaggio. Si tratta di dimostrare il passaggio dall'essere al rappresentare, ma questo è quanto i dogmatici non fanno né riescono a fare, perché il loro principio dà ragione soltanto dell'essere, ma non del rappresentare, ch'è direttamente opposto all'essere. È solo con un gran salto che i dogmatici passano a un mondo del tutto estraneo al loro principio. [...] L'intelligenza in quanto tale guarda se stessa, e questo vedere se stessa coincide immediatamente con ciò che essa è, sí che la natura dell'intelligenza consiste in questa immediata congiunzione di essere e vedere. Ciò ch'è in lei e ciò ch'essa in generale è, essa lo è per se stessa... Una cosa, invece, sarà in molti modi, ma appena si domanda «per chi è?», chiunque intenda il termine dirà che non è per se stessa, ma bisogna pensarvi in piú un'intelligenza per cui essa è, mentre invece l'intelligenza necessariamente ciò ch'essa è lo è per se stessa, né c'è bisogno di pensarvi nulla di piú. In quanto è posta come intelligenza, è già insieme posto ciò per cui essa è.

 

(Fichte, Prima Introduzione alla «Dottrina della scienza»)