FREUD, PULSIONI E LORO DESTINI

 

In "Pulsioni e loro destini", uno dei cinque saggi della "Metapsicologia" del 1915, Freud analizza uno dei concetti fondamentali della psicoanalisi, quello di pulsione. Dopo averne esaminato le componenti di base, come la fonte, la meta, l’oggetto, si sofferma sulla pulsione libidica, di cui approfondisce le caratteristiche in relazione ai processi del sadismo-masochismo e del voyerismo-esibizionismo, nei quali evidenzia un movimento che ha in comune con il processo hegeliano non solo il fatto di essere triadico, ma di caratterizzarsi in modo tale che il momento finale realizza un ritorno e un recupero di quello iniziale. Si tratta peraltro di un processo tutt’altro che lineare, la cui complessità è determinata dalla plasticità della stessa pulsione libidica, che genera sovrapposizione e coesistenza di forme attive e passive, di fasi che, come scrive Freud, "si comportano le une rispetto alle altre all’incirca come successive eruzioni di lava".



Siamo costretti a limitare l'indagine dei destini in cui possono incorrere le pulsioni nel corso del loro sviluppo e della vita umana alle pulsioni sessuali che conosciamo meglio. L'osservazione ci insegna che una pulsione può incorrere nei seguenti destini: La trasformazione nel contrario. Il volgersi sulla persona stessa del soggetto. La rimozione. La sublimazione. Poiché non ho in animo di occuparmi qui della sublimazione, e poiché dedicherò alla rimozione una trattazione a parte, non ci rimane che descrivere e discutere i primi due punti. Considerando i motivi che ostacolano la diretta estrinsecazione delle pulsioni, si possono descrivere i destini cui queste vanno incontro anche come aspetti della difesa contro le pulsioni medesime. La trasformazione nel contrario si risolve, a ben vedere, in due processi di diversa natura: il cambiamento dall'attività alla passività, e la inversione di contenuto. I due processi vanno trattati separatamente poiché sono diversi nella loro essenza. Esempi del primo processo sono forniti dalle coppie antitetiche sadismo-masochismo e piacere di guardare-esibizionismo; la trasformazione nel contrario riguarda soltanto le mete delle pulsioni: al posto della meta attiva (martoriare, contemplare) viene instaurata quella passiva (essere martoriato, essere contemplato). L'inversione di contenuto [secondo processo] si riscontra solo nel caso del mutamento dell'amore in odio (38). A proposito del volgersi di una pulsione sulla persona stessa del soggetto, basta considerare che il masochismo è un sadismo rivolto contro il proprio Io, e che l'esibizione implica la contemplazione del proprio corpo. L'osservazione analitica non lascia sussistere alcun dubbio circa il fatto che il masochista goda degli insulti rivolti contro la propria persona e l'esibizionista del proprio denudarsi. L'essenza del processo è dunque il mutamento dell'oggetto, mentre la meta rimane invariata. Tuttavia, non possiamo fare a meno di osservare che in questi esempi il volgersi di una pulsione sulla persona stessa del soggetto e il suo cambiamento dall'attività alla passività convergono o coincidono. Per chiarire la situazione è essenziale una disamina che vada maggiormente alle radici. Per la coppia antitetica sadismo-masochismo il processo può essere descritto nel modo seguente: a) Il sadismo consiste nell'esercizio della violenza e della forza contro un'altra persona assunta quale oggetto. b) Questo oggetto viene abbandonato e sostituito dalla propria persona. Con il volgersi della pulsione sulla propria persona si compie pure la conversione della meta pulsionale attiva in meta pulsionale passiva. c) Viene nuovamente cercata, quale oggetto, una persona estranea, la quale deve assumere, in seguito al cambiamento determinatosi nella meta, il ruolo di soggetto. Il caso c) costituisce quel che comunemente viene designato come masochismo. Il soddisfacimento è anche in esso ottenuto lungo la via dell'originario sadismo giacché l'Io passivo si traspone fantasmaticamente nella posizione precedentemente assunta, che ora è stata ceduta al soggetto estraneo. E' assai dubbio che possa esistere un soddisfacimento masochistico più diretto; né sembra verificarsi la comparsa di un masochismo originario non derivato dal sadismo nel modo che abbiamo indicato. Che l'ipotesi della fase b) non sia superflua risulta dal comportamento della pulsione sadica nella nevrosi ossessiva. Qui infatti troviamo il volgersi della pulsione sulla propria persona senza un atteggiamento di passività nei confronti di una persona nuova; la trasformazione procede solo fino alla fase b); la voglia di tormentare diventa autotormento, autopunizione, non masochismo. Il verbo attivo non si fa passivo, ma assume una forma media riflessiva. La comprensione del sadismo viene resa anche più difficile dal fatto che questa pulsione, accanto alla sua meta generale, o meglio all'interno di essa, sembra tendere a uno scopo tutto particolare: non solo scoraggiare e sopraffare, ma, in aggiunta, arrecare dolore. Ebbene la psicoanalisi sembra indicare che l'infliggere dolore non ha niente a che fare con gli originari comportamenti finalizzati della pulsione. Il bambino sadico non prende in considerazione il fatto di arrecare dolore né si propone di farlo. Tuttavia, una volta compiuta la trasformazione in masochismo, il dolore si adatta perfettamente a fornire una meta passiva masochistica; abbiamo infatti motivo di ritenere che anche le sensazioni di dolore - come altre sensazioni spiacevoli - invadano il campo dell'eccitamento sessuale e producano uno stato di piacere in grazia del quale ci si acconcia anche all'esperienza spiacevole del dolore. Una volta che il subire dolori si sia trasformato in meta masochistica, può prodursi regressivamente anche la meta sadica del recare dolore: il quale, mentre viene suscitato in altre persone, procura un godimento masochistico nello stesso soggetto che si identifica con l'oggetto che soffre. Naturalmente ciò che in entrambi i casi procura il godimento non è il dolore in quanto tale, ma l'eccitamento sessuale concomitante: e ciò, nel caso del sadismo, in una forma particolarmente opportuna. Il godimento suscitato dal dolore sarebbe quindi una meta originariamente masochistica, che tuttavia può trasformarsi in meta pulsionale soltanto nell'individuo originariamente sadico. Per amore di completezza, aggiungerò che la compassione non può esser descritta come un esito della trasformazione pulsionale occorrente nel sadismo, e richiede invece la concezione di una formazione reattiva nei confronti della pulsione (vedi oltre, a proposito di tale distinzione). Risultati diversi e più semplici si ottengono esaminando un'altra coppia antitetica, quella delle pulsioni che hanno come mete il guardare e il mostrarsi (voyeur ed esibizionista nella terminologia delle perversioni). Anche qui si possono istituire le stesse fasi del caso precedente: a) Il guardare come attività rivolta a un oggetto estraneo. b) L'abbandono dell'oggetto, il volgersi della pulsione di guardare su una parte del proprio corpo, e con ciò la trasformazione [dell'attività] in passività, e la costituzione della nuova meta: essere guardati. c) L'introduzione di un nuovo soggetto, al quale ci si mostra, per essere da lui guardati. È altresì quasi certo che la meta attiva compare prima di quella passiva; il guardare precede l'essere guardati. Tuttavia uno scostamento significativo rispetto al caso del sadismo consiste nel fatto che nella pulsione di guardare si può rintracciare una fase ancora precedente a quella indicata nel punto a). All'inizio della sua attività, la pulsione di guardare è infatti autoerotica: essa ha sì un oggetto, il quale viene però trovato sul proprio corpo. Soltanto in seguito la pulsione viene indotta (attraverso il confronto) a scambiare questo oggetto con un oggetto analogo appartenente a un corpo estraneo (fase a) La fase [autoerotica] preliminare è interessante per il fatto che proprio da essa derivano entrambe le situazioni della coppia antitetica risultante: a seconda che lo scambio venga effettuato a partire da un elemento o dall'altro. Lo schema per la pulsione di guardare potrebbe essere il seguente: a) Contemplare da sé una propria parte sessuale= Esser contemplato in una parte sessuale dalla propria persona b) Contemplare da sé un oggetto estraneo (Piacere attivo di guardare)c) Esser contemplato in un proprio oggetto da una persona estranea (Piacere di mostrare, esibizione).Una fase preliminare di questo genere manca nel sadismo che si rivolge fin da principio a un oggetto estraneo; ciononostante non sarebbe irragionevole costruirla a partire dagli sforzi che il bambino compie per padroneggiare le proprie membra. Per entrambi gli esempi qui considerati vale l'osservazione che la trasformazione della pulsione (attraverso il cambiamento dell'attività in passività e il volgersi sulla propria persona) non viene mai compiuta sull'intero ammontare del moto pulsionale. Il più antico orientamento attivo della pulsione persiste in una certa misura accanto all'orientamento passivo più recente, anche se il processo di trasformazione della pulsione è risultato assai cospicuo. L'unica asserzione corretta a proposito della pulsione di guardare sarebbe questa: che tutte le fasi evolutive della pulsione, quella preliminare autoerotica, come le forme attive e passive che essa può assumere al termine del suo sviluppo, persistono le une accanto alle altre; e ciò risulta evidente quando al posto dei comportamenti pulsionali si assuma, come fondamento delle proprie valutazioni, il meccanismo del soddisfacimento. Inoltre, c'è forse un altro modo ancora, anch'esso legittimo, di concepire ed enunciare i fatti. La vita di ogni pulsione si può scindere in singole ondate, cronologicamente separate e omogenee all'interno di un'unità di tempo qualsivoglia, che si comportano le une rispetto alle altre all'incirca come successive eruzioni di lava. Si può allora immaginare che la più antica e originaria eruzione pulsionale proceda inalterata e non subisca evoluzione alcuna; che un successivo sopravvento sia soggetto fin dall'inizio a un mutamento, per esempio alla conversione in passività, e venga ora a sommarsi all'ondata precedente con questo nuovo carattere, e così di seguito. Ebbene, se si considera tutto il moto pulsionale dal suo inizio fino a un momento dato, la successione descritta di ondate è destinata a fornirci il quadro di un determinato sviluppo della pulsione. Il fatto che in questa fase successiva dello sviluppo di un moto pulsionale si possa osservare, accanto ad esso, il suo (passivo) opposto, merita di esser messo in rilievo con il centrato termine "ambivalenza" introdotto da Bleuler. Lo sviluppo pulsionale diventerebbe per noi più intelligibile se si facesse riferimento alla storia evolutiva della pulsione e alla permanenza delle fasi intermedie. Il grado di ambivalenza accertabile muta, a quanto ci è testimoniato dall'esperienza, in misura notevole da individuo a individuo e a seconda dei diversi gruppi umani e delle diverse razze. Una cospicua ambivalenza pulsionale in un individuo dei nostri giorni può essere concepita come un retaggio arcaico; giacché abbiamo ragione di ritenere che la partecipazione dei moti inalterati attivi nella vita pulsionale sia stata maggiore nei tempi remoti di quanto lo sia, in media, al giorno d'oggi. Abbiamo preso l'abitudine di chiamare narcisismo l'antica fase evolutiva dell'Io durante la quale le pulsioni sessuali di quest'ultimo si soddisfano autoeroticamente; e ciò senza affrontare subito il discorso dei rapporti tra narcisismo e autoerotismo. Dobbiamo quindi dichiarare, a proposito della fase preliminare della pulsione di guardare, di quella fase cioè nella quale il piacere di guardare ha come oggetto il proprio corpo, che essa appartiene al narcisismo, che è una formazione narcisistica. Da essa si svilupperebbe la pulsione attiva di guardare se e in quanto viene abbandonato il narcisismo; la pulsione passiva di guardare si atterrebbe invece fermamente all'oggetto narcisistico. Parimenti la conversione del sadismo in masochismo implicherebbe un ritorno all'oggetto narcisistico, mentre in entrambi i casi [scopofilia passiva e masochismo] il soggetto narcisistico verrebbe rimpiazzato, in virtù di un'identificazione, da un altro Io estraneo.

 

(S. Freud, Pulsioni e loro destini)