Kant, Uso teoretico e uso pratico della ragione

Accanto all’uso teoretico la critica kantiana rivela anche un uso pratico della ragione: nell’uso teoretico la ragione deve conformarsi alle regole dell’intelletto e a constatare impotente le contraddizioni che la lacerano dall’interno senza pretendere di risolverle; nell’uso pratico la ragione svolge una funzione produttiva e normativa: la volontà e la libertà scaturiscono dal suo interno e fondano l’azione morale.

 

I. Kant, Critica della ragion pratica, Introduzione

 

L’uso teoretico della ragione si occupava di oggetti della mera facoltà di conoscere: e una critica della ragione, in relazione a quest’uso, riguardava propriamente solo la pura facoltà di conoscere, ed era mossa dalla preoccupazione, fondata sulla constatazione, che essa facilmente si vada a smarrire oltre i suoi limiti, tra oggetti irraggiungibili o tra concetti contraddittori. Ben diversamente stanno le cose con l’uso pratico della ragione; nel quale la ragione si occupa di fondamenti determinanti della volontà, cioè di una facoltà di produrre oggetti corrispondenti alle rappresentazioni oppure di determinare se stessa, ossia la sua causalità, alla loro effettuazione (sia o non sia bastante a ciò il potere fisico). Poiché la ragione può almeno qui riuscire alla determinazione della volontà, e in tanto ha sempre realtà oggettiva, in quanto ha riguardo soltanto dal volere. Sorge cosí la prima questione: se la ragion pura basti per sé sola alla determinazione della volontà, o se essa ne possa essere un fondamento determinante solo come empiricamente condizionata.

Or qui interviene un concetto della causalità giustificato dalla critica della ragion pura ma non capace di alcuna esposizione empirica, cioè quello della libertà: e se noi a questo punto possiamo presentare prove adeguate per dimostrare, che questa proprietà appartiene di fatto alla volontà umana (e cos’ pure alla volontà di ogni essere razionale), con ciò non solo viene assodato che la ragion pura può esser pratica, ma altresí che essa sola, e non quella empiricamente limitata, è incondizionatamente pratica.

 

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVII, pagg. 284-285)