Kautsky, Dal socialismo utopistico a quello scientifico

In questa lettura Kautsky osserva che la concezione utopistica presentava il socialismo come un sogno da realizzare, mentre quella scientifica presenta il socialismo come il risultato inevitabile di un processo storico.

 

K. Kautsky, Il programma di Erfurt

 

In questa prospettiva lo sviluppo della società è una conseguenza dello sviluppo della ragione, dello sviluppo delle idee. Quanto piú saggi sono gli uomini, tanto piú abili saranno nell’inventare la forma sociale corrispondente alla natura umana, tanto piú giusta e migliore sarà la società.

Questa era la concezione dei pensatori borghesi, liberali. Essa domina ancora oggi fin dove giunge la loro influenza. Sotto l’influsso di questa concezione si trovarono naturalmente anche i primi socialisti moderni all’inizio dello scorso secolo. Come i liberali anch’essi credevano che le istituzioni della società e dello Stato borghese fossero scaturite dalle sole idee dei pensatori del secolo precedente, degli economisti e degli illuministi. Ma essi videro che la nuova società borghese non era assolutamente cosí perfetta come avevano sperato i filosofi del XVIII secolo. Questa dunque non era ancora la società vera; in qualche modo quei pensatori dovevano aver fatto uno sbaglio; si trattava di scoprirlo e d’inventare una nuova forma di società che corrispondesse meglio di quella esistente alla natura umana. Si trattava anche di estendere piú accuratamente il piano del nuovo edificio sociale di quanto avessero fatto i Quesnay e Adam Smith, i Montesquieu, e Rousseau, affinché influssi inaspettati non mettessero nuovamente un bastone fra le ruote. Ciò sembrava tanto piú necessario in quanto i socialisti all’inizio dello scorso secolo non avevano dinanzi a sé, come gli illuministi nel corso del secolo precedente, una forma di società il cui tramonto era alle porte, né una classe potente che avesse un interesse alla sua eliminazione. Essi non potevano presentare la nuova società cui aspiravano come qualcosa di inevitabile ma solo come qualcosa di desiderabile. Per questo il loro ideale di società doveva essere presentato in modo assai chiaro e concretamente raggiungibile agli uomini affinché a questi venisse realmente l’acquolina in bocca e nessuno dubitasse della possibilità e dei vantaggi di un simile mutamento.

I nostri avversari nella loro concezione della società non hanno superato le posizioni raggiunte dalla scienza agli inizi del XIX secolo; l’unico tipo di socialismo che essi possono comprendere è quindi solo quello, ora delineato, dei socialisti utopisti, che partivano dalle loro stesse basi. I nostri avversari considerano la società socialista come un’impresa capitalistica, come una società per azioni che deve essere “fondata” e si rifiutano di sottoscrivere finché i fondatori della socialdemocrazia sulla base dei fatti palesi non mostrino in prospetto l’attuabilità e la remunerabilità della nuova impresa.

Questa concezione poteva forse avere una sua giustificazione all’inizio del XIX secolo. Oggi la società socialista non ha piú bisogno del credito di questi signori per essere realizzata.

La società capitalistica ha chiuso bottega; la sua dissoluzione è ormai solo questione di tempo; l’inarrestabile sviluppo economico porta alla bancarotta del modo di produzione capitalistico con necessità di legge naturale. La creazione di una nuova forma di società al posto di quella attuale non è piú solo qualcosa di desiderabile ma è diventata inevitabile.

E sempre piú numerose e piú potenti diventano le schiere dei lavoratori nullatenenti, per i quali il modo di produzione odierno è diventato insopportabile, che non hanno nulla da perdere dal suo crollo ma tutto da guadagnare, che devono introdurre una nuova forma di società corrispondente ai loro interessi se non vogliono soccombere del tutto – e con loro però anche l’intera società di cui formano la componente piú importante.

Tutto ciò non è fantasia: tutto ciò è stato dimostrato dai pensatori della socialdemocrazia sulla base dei fatti palesi del modo di produzione odierno. Questi fatti parlano un linguaggio piú convincente e piú incisivo di qualsiasi rappresentazione genialmente e accuratamente elaborata di uno Stato del futuro. Simili rappresentazioni possono nel migliore dei casi dimostrare che la società socialista non è impossibile; ma non possono mai esaurire la vita sociale nella sua totalità e devono sempre lasciare delle lacune nelle quali possono penetrare i nostri avversari. Se invece si dimostra che qualcosa è inevitabile, si dimostra anche che non solo è possibile ma che è l’unica cosa possibile. Se la società socialista fosse impossibile verrebbe con ciò anche escluso del tutto ogni ulteriore sviluppo economico. La società odierna dovrebbe marciare come quasi duemila anni fa l’impero romano, per ricadere alla fine nella barbarie.

K. Kautsky, Il programma di Erfurt, La nuova sinistra-Samonà e Savelli, Roma, 1971, pagg. 122-123