Kelsen, La dottrina pura del diritto

Hans Kelsen (1881-1973), grande storico e teorico del diritto, si è proposto di liberare il diritto stesso da tutte le sovrastrutture, che si erano mescolate ad esso nel corso dei secoli (giusnaturalismo, concezione sociologica del diritto). Del suo impegno per l’autonomia del diritto è testimonianza la sua opera fondamentale La dottrina pura del diritto (1933, ripubblicata nel 1960). La dottrina pura del diritto consiste in un approccio scientifico al diritto in quanto tale. Ciò è possibile solo se si purifica il diritto dagli elementi che gli sono estranei.

 

H. Kelsen, Reine Rechtslehre. Einleitung in die rechtswissenschaftliche Problematik, Wien, 1934; trad. it. Lineamenti di dottrina pura del diritto, a cura di R. Treves, Einaudi, Torino 1967, pag. 48

 

 La dottrina pura del diritto è una teoria del diritto positivo. Del diritto positivo semplicemente, non di un particolare ordinamento giuridico. È teoria generale del diritto, non interpretazione di norme giuridiche particolari, statali o internazionali.

Essa, come teoria, vuole conoscere esclusivamente e unicamente il suo oggetto. Essa cerca di rispondere alla domanda: che cosa e come è il diritto, non però alla domanda: come esso deve essere o deve essere costituito. Essa è scienza del diritto, non già politica del diritto.

Se viene indicata come dottrina “pura” del diritto, ciò accade perché vorrebbe assicurare una conoscenza rivolta soltanto al diritto, e perché vorrebbe eliminare da tale conoscenza tutto ciò che non appartiene al suo oggetto esattamente determinato come diritto. Essa vuole liberare cioè la scienza del diritto da tutti gli elementi che le sono estranei. Questo è il suo principio metodologico fondamentale e sembra di per sé comprensibile a tutti. Uno sguardo alla scienza tradizionale del diritto nel suo sviluppo durante il corso dei secoli XIX e XX dimostra però chiaramente quanto questa sia ancora lontana dal rispondere a una tale esigenza di purezza. In modo del tutto acritico la giurisprudenza si è infatti mescolata con la psicologia e la biologia, con l’etica e la teologia. Oggi non esiste quasi piú una scienza speciale nella quale il giurista non si creda competente; anzi, egli crede di poter accrescere la sua fama scientifica col prendere appunto in prestito elementi da altre discipline. Con ciò, naturalmente, la vera e propria scienza giuridica va perduta.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. IV, pag. 112