Kierkegaard, Critica a Hegel

Ciò che Hegel ha considerato una grande scoperta dell’idealismo, cioè la presenza del movimento nella logica, secondo Kierkegaard ha creato solo confusione. Il movimento è impensabile nella logica, esso appartiene solo all’esistenza.

 

S. Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica alle Briciole di filosofia e Il concetto dell’angoscia

 

Se si deve costruire un sistema logico, bisogna badare soprattutto che non venga assunto nulla di ciò ch’è soggetto alla dialettica dell’esistenza, cioè di quanto è unicamente perché esiste o perché è esistito, e non per via dell’essere (logico). Da ciò segue che quell’incomparabile e incomparabilmente ammirata scoperta di Hegel d’introdurre il movimento nella logica (prescindendo dal fatto che, in metà dei testi, manca anzi una vera ricerca per dimostrare ch’esso vi si trova) equivale a introdurre la confusione nella logica.

E non è anche strano porre il movimento a fondamento di una sfera dove il movimento è impensabile, ovvero lasciare che il movimento spieghi la logica mentre la logica non può spiegare il movimento? [...]

In un sistema logico non si deve assumere nulla che abbia un rapporto all’esistenza, che non sia indifferente rispetto all’esistenza. La supremazia infinita che compete alla Logica su tutto il pensiero, in quanto essa è l’oggettività, è a sua volta limitata da questo, che dal punto di vista soggettivo essa è un’ipotesi, proprio perché, per quel che riguarda la realtà, essa è indifferente rispetto all’esistenza.

[...]

Nella logica nessun movimento può divenire, perché la logica è, e tutto ciò ch’è logico è [...]: l’impotenza del logico è il passaggio dalla logica al divenire dove si presentano l’esistenza e la realtà. Quando la logica si sprofonda nella concretezza delle categorie, non dice niente di piú di quanto aveva detto fin da principio. Ogni movimento, per servirci per un momento di questa espressione, è un movimento immanente, il quale, in un senso piú profondo, non è movimento. Di questo ci si può convincere facilmente se si pensa che il concetto del movimento stesso è una trascendenza che non può trovare un posto nella logica. Allora il negativo è l’immanenza di movimento, è ciò che scompare, ciò che è tolto. Se tutto diviene in questo modo, niente diviene, e il negativo diventa un fantasma. Ma, appunto per fare divenire qualche cosa, nella logica il negativo diventa qualcosa di piú, diventa ciò che produce il contrasto, cioè non una negazione ma una contra-posizione. Ora il negativo non è il silenzio nel movimento immanente, ma è lo “altro necessario”, che certamente può essere molto necessario per dare inizio al movimento logico ma che non è piú il negativo.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pagg. 1328 e 1333