Kuhn, Scienza normale e rivoluzioni scientifiche

In questa lettura Kuhn sottolinea la distinzione fra la scienza normale e le rivoluzioni scientifiche.

 

T. S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, trad. di A. Carugo, Einaudi, Torino, 1978, pagg. 151-152

 

Sebbene il mondo non cambi per un mutamento di paradigma, lo scienziato si trova poi a lavorare in un mondo differente. Tuttavia sono convinto che dobbiamo imparare a dare un senso ad affermazioni che sono perlomeno simili a questa. Ciò che avviene durante una rivoluzione scientifica non è completamente riducibile a una reinterpretazione di dati particolari e stabiliti una volta per tutte. In primo luogo, i dati non sono stabiliti inequivocabilmente. Un pendolo non è una pietra che cade, né l'ossigeno è aria deflogistizzata. Di conseguenza, i dati che lo scienziato raccoglie da questi oggetti diversi sono essi stessi differenti, come vedremo fra breve. Cosa ancor piú importante, il processo in virtú del quale l'individuo o la comunità realizzano il passaggio dalla caduta vincolata al pendolo o dall'aria deflogistizzata all'ossigeno, non è un processo corrispondente a un'interpretazione. Come lo potrebbe essere in mancanza di dati fissi da interpretare? Lo scienziato che abbraccia un nuovo paradigma assomiglia, piú che a un interprete, a colui che inforca occhiali con lenti invertenti. Sebbene abbia di fronte a sé lo stesso insieme di oggetti di prima e sia cosciente di ciò, egli li trova nondimeno completamente trasformati in parecchi dettagli.

[...]

Ma questa attività di interpretazione – abbiamo ripetuto tante volte nei paragrafi precedenti – può soltanto articolare un paradigma, non correggerlo. I paradigmi non si lasciano minimamente correggere dalla scienza normale. La scienza normale al contrario, come abbiamo già visto, porta in definitiva soltanto al riconoscimento di anomalie e di crisi. E queste vengono risolte non in virtú di una riflessione o di un'interpretazione, ma in virtú di un evento relativamente improvviso e imprevisto, analogamente a ciò che avviene nel riorientamento gestaltico. Gli scienziati perciò parlano spesso di “un velo che casca dagli occhi”o di “un lampo” che “illumina” un rompicapo precedentemente oscuro, mostrando cosí i suoi elementi sotto una luce nuova che per la prima volta permette di giungere alla soluzione. In altre occasioni, la illuminazione necessaria avviene nel subconscio. Nessun senso comune del termine “interpretazione” corrisponde a questi lampi d'intuizione attraverso cui nasce un nuovo paradigma. Sebbene tali intuizioni dipendano dall'esperienza, sia anomala che congruente, acquisita col vecchio paradigma, esse non presentano alcun legame logico o materiale con nessun particolare elemento di quella esperienza, alla quale invece un'interpretazione sarebbe inevitabilmente legata. Esse invece raccolgono larghe porzioni di quell'esperienza e le trasformano nel fascio di esperienze piuttosto diverso che verrà poi collegato pezzo per pezzo col nuovo paradigma, ma non col vecchio.

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. III, pagg. 519-520