Pirrone, L’impassibilitŕ (apátheia)

Le testimonianze su Pirrone riportate da Diogene Laerzio non sono concordi: mentre Enesidemo riferisce che la vita quotidiana di Pirrone sarebbe stata impostata sulla “cautela”, il racconto di Antigono di Caristo fornisce tutt’altra immagine del filosofo scettico, che in ogni momento č coerente con i propri princípi filosofici, cioč impassibile di fronte alle vicende che gli accadono intorno, anche se queste lo coinvolgono direttamente.

 

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 62-63

 

1      La sua vita [di Pirrone] fu coerente con la sua dottrina. Lasciava andare ogni cosa per il suo verso e non prendeva alcuna precauzione, ma si mostrava indifferente verso ogni pericolo che gli occorreva, fossero carri o precipizi o cani, e assolutamente nulla concedeva all’arbitrio dei sensi. Ma, secondo la testimonianza di Antigono di Caristo, erano i suoi amici, che solevano sempre accompagnarlo, a trarlo in salvezza dai pericoli. [...]

2      Antigono di Caristo nel suo scritto Su Pirrone narra che all’inizio visse inosservato e fu povero ed esercitň la pittura [...].

3      Si ritirava dal mondo e cercava la solitudine tranquilla, cosí che raramente si mostrava a quelli di casa. Si comportava cosí, perché aveva udito un indiano rimproverare Anassarco, dicendogli che mai avrebbe potuto istruire qualcuno ad essere migliore, dal momento che egli stesso frequentava le corti regali ed ossequiava i re. Non perdeva mai la sua compostezza, cosí se qualcuno lo piantava nel mezzo del discorso, egli lo finiva per conto suo [...]. Quando una volta Anassarco cadde in un pantano, Pirrone continuň la sua strada senza aiutarlo. Qualcuno gli rimproverň un tal comportamento, ma Anassarco stesso lodň la sua indifferenza e la sua impassibilitŕ.

 

(Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Laterza, Bari, 19872, vol. II, pag. 379)