Popper, Le nostre colpe

Iniziamo con l’autorevole opinione di K. Popper. Dopo aver raccontato la sorte di due persone, suoi amici personali e come lui di origine ebraica, scomparse nei lager nazisti, il filosofo austriaco ci ricorda che gli omicidi di massa per un’idea, una teoria, una dottrina o una religione sono un’“invenzione nostra”, cioè degli intellettuali.

 

K. R. Popper, Tolleration and intellectual responsability [Tolleranza e responsabilità intellettuale]

 

Mi hanno chiesto oggi di ripetere una lezione, che ho tenuto a Tubinga, sul tema “Tolleranza e la responsabilità degli intellettuali”. La lettura è dedicata alla memoria di Leopold Lucas, storico e  uomo di tolleranza e umanità, che fu vittima dell’intolleranza e della disumanità.

All’età di settant’anni, nel dicembre del 1942, il dottor Leopold Lucas e la sua moglie furono imprigionati nel lager di Thiresienstadt, dove egli ha lavorato come un rabbino: un compito immensamente difficile. Morí dieci mesi dopo. Dora Lucas, sua moglie, rimase in Thiresienstadt per altri tredici mesi, dove le fu possibile lavorare come infermiera. Nell’ottobre 1944 fu deportata in Polonia assieme a diciottomila altri prigionieri. Là fu condannata a morte. Fu un terribile destino. Fu il destino di innumerevoli altri esseri umani, gente che amava altra gente e che cercava di aiutare altre persone, che erano amati da altre persone, che sono stati aiutati da altre persone. Essi appartengono a quelle famiglie che sono state strappate, distrutte e sterminate.

Non intendo qui parlare di questi eventi terribili. Tutte le volte che uno prova a parlare di queste cose sembra sempre che egli cerchi di rimpicciolirli, sono eventi che sono piú grandi della stessa immaginazione.

Ma l’orrore continua. Coloro che sono scappati dal Vietnam; le vittime di Pol Pot in Cambogia; le vittime della rivoluzione in Iran; coloro che sono fuggiti dall’Afganistan e gli arabi che sono dovuti scappare da Israele, a ripetizione uomini, donne e bambini diventano le vittime di questi pazzi fanatici.

Cosa potremmo fare per prevenire questi eventi mostruosi? Possiamo fare qualcosa?

La mia risposta è: sí! Io credo che ci possa essere moltissimo che possiamo fare. Quando dico noi, intendo gli intellettuali, che sono quegli esseri umani interessati alle idee; specialmente quelli che leggono e scrivono.

Perché io penso che noi, gli intellettuali, siamo in grado di aiutare? Semplicemente perché noi, gli intellettuali, abbiamo fabbricato le armi piú terribili per migliaia di anni, uccisori di masse di uomini in nome di un idea, una dottrina, una teoria e una religione – tutte queste cose sono il prodotto del nostro lavoro, invenzioni di noi intellettuali. Se solo potessimo smetterla di manipolare gli uomini contro gli uomini – spesso con le migliori intenzioni– ci sarebbe tanto di guadagnato. Nessuno può dire che sia impossibile per noi smettere di fare ciò.

Il piú importante fra i dieci comandamenti è: non uccidere. Esso contiene quasi la totalità dell’etica. Il modo in cui Schopenhauer, per esempio, formula la dottrina etica è sostanzialmente un’estensione di questo comandamento importante. La dottrina etica di Schopenhauer è semplice, diretta e chiara. Egli afferma: Non far del male a nessuno. Aiuta tutti al meglio delle tue possibilità.

 

K. R. Popper, In search of a better World [Alla ricerca di un mondo migliore], Rodledge, London-New York, 1992, pagg. 188-189 [trad. di G. Zappitello]