Popper, Sul razionalismo

Dopo aver affermato la sua scelta di fondo per il razionalismo, Popper distingue fra “razionalismo critico” e “razionalismo acritico o radicale”, che giudica insostenibile e in definitiva irrazionale.

 

K. R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. II, a cura di D. Antiseri, Armando, Roma, 1981, pagg. 302-305

 

Io sono totalmente dalla parte del razionalismo. E lo sono con tanto impegno che anche quando sento che il razionalismo si è spinto troppo avanti continuo a simpatizzare per esso, sostenendo, come sostegno, che un eccesso in questa direzione (purché escludiamo l'immodestia intellettuale dello pseudo-razionalismo di Platone) è, in realtà, innocuo in confronto di un eccesso nell'altra direzione. A mio giudizio, il solo caso in cui il razionalismo eccessivo è verosimilmente destinato a risultare dannoso è quello in cui finisce con l'indebolire la propria posizione e cosí col favorire una reazione irrazionalistica. È soltanto questo pericolo che mi induce a esaminare le pretese di un razionalismo eccessivo e di farmi propugnatore di un razionalismo modesto e auto-critico, che ammette certe limitazioni. Quindi, distinguerò, nelle considerazioni che seguono, fra due posizioni razionalistiche, che chiamerò rispettivamente “razionalismo critico” e “razionalismo acritico” o “razionalismo radicale”. [..]

Si può definire il razionalismo acritico o radicale come l'atteggiamento proprio della persona che dice: “Io non sono disposto ad accettare nulla che non possa essere difeso per mezzo della discussione o dell'esperienza”. Possiamo esprimere ciò anche nella forma del principio per cui dev'essere accantonata qualsiasi asserzione che non possa essere sostenuta o dalla discussione o dall'esperienza. Ora è facile vedere che questo principio del razionalismo acritico è incoerente; infatti, dal momento che esso non può, a sua volta, essere sostenuto dalla discussione o dall'esperienza, tale principio indica che deve anch'esso essere accantonato. (È analogo al paradosso del mentitore, cioè ad una asserzione che asserisce la sua propria falsità). Il razionalismo acritico è quindi logicamente insostenibile; e poiché un argomento puramente logico può mostrare ciò, il razionalismo acritico può essere battuto con la sua stessa arma preferita, l'argomentazione. [...]

L'atteggiamento razionalistico è caratterizzato dall'importanza che attribuisce all'argomentazione e all'esperienza. Ma né l'argomentazione logica né l'esperienza possono di per sé dar vita all'atteggiamento razionalistico; infatti saranno sensibili a esse soltanto coloro che sono disposti a prendere in considerazione l'argomentazione o l'esperienza e che quindi hanno già adottato questo atteggiamento. In altri termini, un atteggiamento razionalistico dev'essere già preventivamente adottato se si vuole che l'argomentazione e l'esperienza risultino efficaci e quindi non può esso stesso essere fondato sull'argomentazione o sull'esperienza. [...] Da tutto ciò dobbiamo trarre la conclusione che nessuna argomentazione razionale avrà un effetto razionale su un uomo che non voglia adottare un atteggiamento razionale. Perciò un razionalismo radicale è insostenibile.

Ma ciò significa che chiunque adotta l'atteggiamento razionalistico lo fa perché ha adottato, coscientemente o incoscientemente, qualche proposta o decisione o credenza o comportamento, adozione, questa, che si può definire “irrazionale”. Possiamo definire questa adozione, tanto se è puramente occasionale quanto se porta a una abitudine radicata, come una fede irrazionale nella ragione. Perciò il razionalismo è necessariamente tutt'altro che assoluto o auto-sufficiente. Questa verità è stata frequentemente trascurata dai razionalisti che si sono cosí esposti al rischio di essere battuti sul loro stesso terreno e con la loro stessa arma favorita ogni volta che qualche irrazionalista si è dato la pena di svolgerla contro di essi. E infatti non è sfuggito all'attenzione di alcuni nemici del razionalismo che ci si può sempre rifiutare di accettare le discussioni, o tutte le discussioni o quelle di un certo tipo; e che siffatto atteggiamento può essere assunto senza diventare logicamente incoerenti. Ciò li porta a constatare che il razionalista acritico, che crede che il razionalismo sia autosufficiente e possa essere instaurato per via di argomentazione, è senz'altro fuori strada. L'irrazionalismo è logicamente superiore al razionalismo acritico [...]

Anche se un razionalismo acritico e assoluto è logicamente insostenibile, e anche se un irrazionalismo assoluto è logicamente sostenibile, questa non è una ragione per cui si debba adottare quest’ultimo. Infatti, ci sono altri atteggiamenti sostenibili, per esempio quello del razionalismo critico che riconosce il fatto che il fondamentale atteggiamento razionalistico scaturisce da un (almeno occasionale) atto di fede: dalla fede nella ragione. Quindi, la nostra scelta resta aperta.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. III, pag. 503-505